Un maxiblitz avvenuto a Palermo ha messo in manette 91 tra boss, gregari, estorsori e prestanomi di storici clan della città: dell’Acquasanta e dell’Arenella. Tra gli accusati anche Daniele Santoianni, ex partecipante del Gf 10, ora agli arresti domiciliari per essere un prestanome del clan dell’Acquasanta attraverso la sua attività Mok Caffè srl, agevolandone così l’attività mafiosa.
L’operazione è stata coordinata dalla Dda di Palermo guidata da Francesco Lo Voi. Gli inquirenti hanno colpito esponenti della famiglia dei Ferrante e dei Fontana. Le accuse sono a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, intestazione fittizia di beni, ricettazione, riciclaggio, traffico di droga, frode sportiva e truffa. Tra le attività svelate non solo quelle del classico contrabbando di droga e traffico di corse di cavalli, ma anche interessi legati agli appalti, alle commesse sui lavori ai Cantieri navali di Palermo, alle attività del mercato ortofrutticolo e alla gestione delle scommesse online e delle slot-machine. In aggiunta anche il racket del pizzo e il sequestro di beni dal valore di circa 15 milioni di euro.
I fratelli Fontana arrestati a Milano
Si trovavano a Milano i fratelli Angelo, Giovanni e Gaetano Fontana, esponenti di spicco del clan dell’Acquasanta. Grazie al blitz in atto in tutta Italia sono stati arrestati nella città lombarda in cui hanno spostato ormai da tempo il centro dei loro affari: riciclaggio, traffico di stupefacenti, controllo del gioco d’azzardo. Loro come tante altre famiglie del sud Italia si sono spostate al nord, in particolare nell’interland milanese, per fondare nuovi affari e controllare da lontano gli interessi che continuano a fruttare le loro città d’origine.
E’ così che Milano con il corso degli anni è diventata la culla di clan appartenenti a gruppi mafiosi meridionali, in modo particolare all’Ndrangheta, ma non solo. Nel caso della famiglia Fontana, la delocalizzazione ha interessato attività commerciali come la produzione e il commercio del caffè grazie al trasferimento delle aziende palermitane a Milano, con la complicità anche degli imprenditori lombardi.
La mafia approfitta della crisi Coronavirus
«Il modus operandi dell’organizzazione mafiosa, – ha dichiarato il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi nel corso della conferenza stampa – capace di entrare in contatto con tutti i settori, costituisce un rischio aggravato quando riprenderanno le attività che hanno subito le conseguenze del lockdown». L’attuale situazione di crisi infatti, può essere un nuovo punto di partenza per tutte quelle associazioni criminali che sfruttano le debolezze dei cittadini prima offrendo aiuti e poi togliendo loro tutto, soldi e dignità. Ed è così che nascono casi di usura, riciclaggio, intestazione fittizia di beni, estorsione fino alla sottrazione di aziende ai danni del titolario originario.
«La mafia esiste e continua ad operare cercando di prosperare alle spalle dei cittadini onesti. Le numerose attività illecite presenti nell’ordinanza e portate avanti da questi soggetti fanno ben comprendere come vi fosse un controllo capillare del territorio da parte dell’associazione mafiosa» ha continuato Lo Voi. Il contesto globale in cui si trova l’Italia, e in modo particolare la città siciliana, rispecchiano dunque un’opportunità per Cosa Nostra che approfitta di tutte quelle attività sull’orlo della chiusura. Infatti un altro lato dell’emergenze, è la criticità che può spingere persone perbene ad unirsi a queste cosche per trovare un’occupazione e i soldi per mangiare, in quello che diventa un vero e proprio reclutamento mafioso.