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M5 a Monza: al via i lavori nel 2027, ma solo se arrivano i fondi

Undici nuove fermate, per quasi tredici kilometri di tratta. Se tutto va bene, i lavori per il prolungamento della metro M5 di Milano potrebbero iniziare alla fine del 2027 – durare sei anni – e concludersi nel 2033. Ma mancano ancora dei soldi, perché sulle stime previste nella bozza iniziale (che risale al 2018) sono intervenuti il rincaro dei materiali e alcune modifiche progettuali. I sindaci dei Comuni coinvolti lavorano per ottenere fondi aggiuntivi, mentre l’associazione HQMonza scende in piazza per chiedere a gran voce l’inizio dei lavori.

IL PROGETTO

Testi-Gorky, RondinellaCrocetta, Lincoln e Bettola saranno le prime quattro fermate ad esser realizzate. A queste, se ne aggiungeranno altre sette: Campania, Marsala, Stazione Monza Fs, piazza Trento e Trieste, Villa Reale, ospedale San Gerardo e Polo istituzionale Monza Brianza.

Le fermate previste dal prolungamento della metro M5

Come spiega l’ufficio stampa dell’assessora alla mobilità di Milano Arianna Censi, la prima bozza del progetto è stata definita ormai sette anni fa, nel 2018. Lo step successivo ha visto invece l’approvazione del progetto da parte del PAUR, ossia il Provvedimento Autorizzatorio Unico Regionale. Una commissione regionale che ha il compito di valutare la fattibilità di progetti come questo, tenendo conto dell’impatto ambientale, ma non solo. Esistono alcuni criteri che considerano innumerevoli variabili tecnico economiche.

Il semaforo verde del PAUR, infatti, è arrivato dopo circa un anno e mezzo di valutazioni. E ha portato alla revisione del disegno iniziale, con nuove indicazioni che hanno causato un aumento della spesa complessiva. Da qui, i quattro Comuni di Milano, Sesto San Giovanni, Cinisello Balsamo e Monza hanno strutturato il progetto definitivo. Ad oggi, come spiega a MasterX l’assessora alla mobilità di Monza Irene Zappalà: «La parte progettuale è conclusa. Però è chiaro che, se non c’è la copertura economica, la gara d’appalto non può partire».

L’assessora alla mobilità di Monza, Irene Zappalà
I FONDI MANCANTI

Il finanziamento complessivo, infatti, ammonta a 1.296 miliardi di euro. Ma l’importo finale del progetto è pari a 1.885 miliardi, con un incremento di 589 milioni rispetto al PFTE iniziale (Progetto fattibilità tecnico economica). Centinaia di milioni di euro di costi aggiuntivi, dovuti soprattutto agli aumenti che hanno perturbato il mercato delle costruzioni a partire dal 2020. Si tratta di «elementi di carattere economico, un po’ problematici in questa fase» chiarisce Zappalà. Negli ultimi cinque anni, infatti, i costi delle materie prime delle infrastrutture sono aumentati di oltre il 30%.

E solo ad avvenuta copertura integrale del quadro economico sarà possibile predisporre la documentazione di gara per l’appalto dell’intera opera. Tra le ipotesi giunte dalle commissioni regionali, era in un primo momento paventata l’idea di valutare se attuare il progetto suddividendolo in due momenti distinti. Prima il tratto fino a Bettola e poi la parte restante, quella tra Bettola e il Polo istituzionale Monza Brianza.

Le manifestazioni in piazza a Monza per chiedere l’inizio dei lavori

L’ultimo aggiornamento sulle sorti del progetto – che risale alla prima settimana di marzo – è figlio dell’incontro che si è tenuto a Palazzo Marino tra i quattro sindaci delle parti interessate. Uno l’esito principale della riunione: «La linea condivisa tra tutte le amministrazioni è quella di andare a Roma per un incontro con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per verificare la possibilità che il Governo possa stanziare le risorse aggiuntive in modo tale che si possa avere la piena capienza per la realizzazione dell’opera» spiega Zappalà.

Si tratterebbe dunque di una richiesta univoca da parte dei quattro Comuni, tutti uniti, per ottenere i fondi mancanti e realizzare così l’opera senza frammentarla in lotti o tempi distinti, né eliminando alcune delle fermate previste.

Palazzo Marino, in Piazza della Scala a Milano
LE TEMPISTICHE

Ma quanto ci vorrà per vedere l’inizio dei lavori? Tutte le volte che si presenta un progetto simile, chiarisce l’ufficio stampa dell’assessorato milanese, viene realizzato un cronoprogramma. Ossia un documento che rappresenta l’andamento temporale degli importi e dei lavori da eseguire in campo edilizio, e che prevede delle tempistiche di un determinato numero di mesi o anni per raggiungere la gara d’appalto.

Senza i fondi necessari, però, il cronoprogramma perde valore. E di conseguenza i lavori rischiano di non partire entro la fine del 2027, ma neanche negli anni immediatamente successivi. «Queste sono chiaramente delle stime ed è possibile farci affidamento nella misura in cui si sarà in grado di reperire gli importi utili per la partenza della gara».

I CITTADINI SCENDONO IN PIAZZA

A intervenire sull’argomento, oltre le istituzioni, sono anche gli stessi cittadini dei Comuni interessati. «Non è possibile che un progetto di questo genere, importantissimo per tante ragioni, come la mobilità e l’inquinamento globale, si fermi» ha dichiarato Mauro Buffa, il referente per le relazioni istituzionali e la comunicazione dell’associazione HQMonza.

Il logo dell’associazione HQMonza

Aggregazione che da anni si schiera dalla parte dei cittadini, raccogliendo le loro richieste di aiuto. Ed è proprio per questo che – a fine febbraio scorso – l’associazione è scesa in piazza insieme a tanti cittadini monzesi per chiedere un acceleramento dei tempi previsti per l’inizio dei lavori. Buffa promette: «Faremo altre mobilitazioni».

Per il momento, «abbiamo chiesto delle risposte». Sono tanti, infatti, i dubbi e le problematiche segnalate dall’associazione. Primo tra tutti l’aumento dei costi per la realizzazione del progetto. «589 milioni sono tanti. Il ministro Giorgetti ha detto che il Governo sarebbe disponibile a metterne 300, ma non di più. Per la parte restante, supponiamo che la Regione ne stanzi 100 milioni, i Comuni non ce la fanno a sostenere gli altri finanziamenti».

Il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti

Eppure, da Roma non è arrivata alcuna comunicazione ufficiale su un presunto tetto limite dei finanziamenti. A questo proposito, l’assessora Zappalà si dice fiduciosa: «Il Governo stanzia risorse più alte di queste su tante altre infrastrutture. Quindi, perché non dovrebbero farlo per la prima opera in Italia che collega due province che comprendono una delle zone più industrializzate del Paese?».

Ma per il dottor Buffa, la causa degli extracosti sarebbe una: l’aggiunta di alcune varianti al progetto originale. Tra cui l’ipotesi di revisionare la tratta all’altezza di Bresso. «È stato fatto studio di fattibilità da un gruppo di esperti: ingegneri, architetti e geologi. Hanno detto che economicamente questa variante non si può fare, perché non raccoglierebbe una quantità di utenza sufficiente per giustificarlo. Non sono rispettati i criteri stabiliti dal Ministero delle infrastrutture, secondo cui ci deve essere un rapporto costi-benefici».

A poter stabilire la «strategicità» delle stazioni, sarà solo il Ministero delle Infrastrutture dei trasporti «ai tavoli ufficiali delle istituzioni con i progettisti», come dichiarato da Zappalà. E la valutazione porterà il Governo a decretare se finanziare l’opera per intero – coprendo anche gli extracosti – o meno.

Un’altra variazione, invece, riguarderebbe secondo Buffa lo spostamento dell’originale stazione Matteotti verso il centro di Cinisello, dove cambierebbe il suo nome in Lincoln. A tal proposito, però, si è espresso il sindaco di Cinisello Balsamo, Giacomo Ghilardi. Che in una recente intervista a Il Giorno ha detto che la fermata non fa parte del computo degli extracosti. Ed era infatti già prevista nel progetto iniziale, perché avrebbe reso la mobilità più semplice per i cittadini. 

Il sindaco di Cinisello Balsamo, Giacomo Ghilardi

Dall’associazione, arriva anche la denuncia di una presunta iniziativa dei Comuni per accorciare la linea, eliminando alcune delle fermate inizialmente previste. Un’ipotesi smentita dai quattro Comuni. Come spiega l’ufficio stampa del Comune di Milano, apportare anche una singola modifica significherebbe rimandare indietro il progetto, farlo riesaminare dal PAUR e attendere una nuova approvazione. Con un conseguente slittamento dell’inizio dei lavori.

Per questo, anche l’assessora Zappalà assicura che «non verrà fatta alcuna modifica al progetto. Abbiamo bisogno che il Ministero ci dia delle rassicurazioni e stanzi i fondi, perché ormai la progettazione è pronta e la gara potrebbe partire».

L’IMPATTO AMBIENTALE

Nonostante l’inizio dei lavori non sia ancora fissato, è possibile stimare quelli che saranno i benefici per la vita dei cittadini nei quattro Comuni interessati, ma anche per l’ambiente in generale. «Si parla di oltre 25.000 passeggeri al giorno sulla tratta» sottolinea Zappalà. È questo il numero di uomini e donne pendolari che si recano, per motivi di lavoro, da Monza a Milano quotidianamente. Andata e ritorno.

Per questo motivo, MasterX ha provato a calcolare – con l’aiuto del calcolatore online myclimate.org – la quantità di emissioni di CO2 prodotte dal singolo, ma anche dal totale dei pendolari, ogni giorno. Si tratta di 0,0018 tonnellate di CO2 equivalente. Ipotizzando che tutti si spostino con un’auto a benzina, classe media, per effettuare i 52 kilometri complessivi (26 all’andata e 26 al ritorno) che separano le due province lombarde (prendendo come destinazione milanese proprio l’Università IULM in zona Romolo).

Stima emissioni CO2 del pendolarismo tra Monza e Milano

Un numero che, a primo impatto, sembra molto piccolo. Ma che moltiplicato per l’intero anno lavorativo (circa 255 giorni, senza contare i sabato) arriva a toccare le 4,6 t CO2. Cifra che supera di molto la soglia di 0,600 t CO2. Indicata dall’Agenzia Federale dell’ambiente come valore limite che una persona dovrebbe generare all’anno per contrastare il cambiamento climatico.

Considerando tutti e 25.000 i pendolari, il livello giornaliero di emissioni prodotte raggiunge le 450 t CO2. Mentre il totale prodotto da tutti i pendolari per l’intero anno lavorativo raggiunge la cifra monstre di 115 mila tonnellate di CO2 equivalente.

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