
La Procura di Venezia non ci sta e impugna la sentenza di primo grado a carico di Filippo Turetta: l’omicidio di Giulia Cecchettin presenta tutte le circostanze per il riconoscimento delle aggravanti di crudeltà e stalking.
Le motivazioni dell’appello
La Procura di Venezia ha presentato appello contro la sentenza che ha condannato Filippo Turetta all’ergastolo per l’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin, avvenuto l’11 novembre 2023. I magistrati contestano la decisione della Corte d’Assise di non riconoscere le aggravanti della crudeltà e dello stalking, ritenendo che tali elementi siano fondamentali per individuare correttamente i contorni del reato.
Secondo la Procura, l’omicidio di Giulia Cecchettin presenta caratteristiche di particolare efferatezza e premeditazione (quest’ultima già confermata). Turetta avrebbe inferto 75 coltellate alla vittima, un numero che, secondo i PM, denota la volontà di infliggere sofferenze non necessarie. Inoltre, era emerso un comportamento persecutorio protratto nel tempo: Turetta avrebbe inviato a Giulia circa 300 messaggi al giorno, esercitando un controllo ossessivo sulla sua vita, che avrebbe provocato molta ansia nella ragazza.
Le motivazioni della Corte d’Assise nel primo processo
La richiesta della Procura impone di riconsiderare il giudizio del 3 dicembre scorso. Nella sentenza di primo grado, la Corte d’Assise aveva escluso le aggravanti contestate, ritenendo che il numero insolitamente alto di coltellate fosse frutto di un impulso improvviso e non di una volontà deliberata di infliggere sofferenze aggiuntive. I giudici avevano osservato che i colpi inferti erano “ravvicinati, rapidi e quasi alla cieca”, attribuendo la dinamica a un’azione concitata piuttosto che alla semplice crudeltà.
In attesa dei prossimi sviluppi
Il termine per la presentazione dell’appello scadrà il 27 maggio. Entro quella data è atteso anche il ricorso della difesa di Turetta, che potrebbe contestare ulteriori aspetti della sentenza di primo grado. La Corte d’Appello di Venezia sarà allora chiamata a riesaminare il caso, valutando le richieste della Procura e le eventuali controdeduzioni della difesa.
La decisione della Procura ha il placet della famiglia Cecchettin, che anzi avrebbe insistito, attraverso i propri avvocati, affinché la sentenza fosse impugnata. Dal loro punto di vista, è una questione di correttezza. «Abbiamo pieno e totale rispetto per la Corte – spiega l’avvocato Stefano Tigani, legale di Gino Cecchettin – ma secondo noi crudeltà e stalking c’erano. Riconoscere anche queste due aggravanti, oltre a quella della premeditazione, non deve essere visto come un “accanimento” nei confronti di Turetta, che ha avuto già il massimo della pena. Questa è una sentenza solida, ma vanno chiariti i fatti».