Giappone, è ufficiale: riprende la caccia commerciale alle balene

Nascondendosi dietro lo «scopo scientifico», dal 1987 la flotta baleniera nipponica non ha mai smesso di cacciare i grandi cetacei. Ma oggi il Giappone lascia ufficialmente la Commissione Internazionale Baleniera (International Whaling Commission) per riprendere a pieno titolo la caccia commerciale alle baleneIl Sol Levante, che potrà uccidere i cetacei solo nelle acque territoriali, non potendo più spingersi in Antartide come ha fatto fino allo scorso anno uccidendo oltre un centinaio di esemplari, deve però fare i conti con il forte calo del consumo di carne – passato da 200 mila a 5 mila tonnellate negli ultimi quarant’anni – e con un importante crollo dei prezzi, che impedisce al settore di sopravvivere, se non con i finanziamenti pubblici stanziati dal Governo. Una decisione che ha suscitato le proteste della maggioranza dei cittadini e degli ambientalisti.

Dall’alto la nave “madre” della flotta baleniera nipponica, dove vengono macellati gli esemplari uccisi con arpioni esplosivi

Dietro questa scelta impopolare e antieconomica, ci sono interessi che s’intrecciano con la politica. Le lobby della pesca, floride fino a qualche decennio fa, hanno ancora il sostegno di una parte della classe dirigente tradizionalista, conservatrice ed identitaria. Poco sensibile alle istanze delle giovani generazioni. Intanto non è certo se la flotta baleniera nipponica, con la sua nave “madre” la Nisshin Maru – una delle più antiche ed equipaggiate al mondo – darà la caccia ai grandi cetacei solo nelle acque territoriali.

La decisione di uscire dall’Iwc

E’ arrivato a dicembre l’annuncio da parte del Giappone di lasciare l’Iwc. Allora, Andrea Morello, presidente di Seas Shepherd Italia, un’organizzazione che da 41 anni difende balene e altre specie marine in tutto il mondo, aveva salutato la decisione del Governo nipponico come una vittoria per le balene. «Un’uscita plateale, trattasi in realtà di una ritirata, che obbliga i cacciatori nipponici a cacciare i cetacei esclusivamente nelle acque territoriali, come fanno Norvegia e Islanda». Meno ottimista Alessandro Giannì, direttore Campagne di Greenpeace Italia, che aveva affermato: «la decisione del Giappone è un pessimo segnale di chiusura alla cooperazione internazionale. Le cui conseguenze non sono affatto chiare».

La Yushin Maru, una delle navi della flotta baleniera giapponese, mentre si prepara a tirare su un esemplare appena arpionato

Il Giappone, primo contribuente dell’Iwc, è finito spesso sotto attacco per i tentativi d’influenzare la Commissione, bloccando la costituzione di un nuovo Santuario nell’Atlantico Meridionale, proponendo di autorizzare la caccia sostenibile ai cetacei e tentando di stringere accordi persino con alcuni Stati africani e le isole caraibiche. A ricordarlo è stato lo stesso Morello, che ha raccontato come agli incontri con gli Stati membri dell’Iwc la delegazione nipponica promuovesse dei banchetti «mettendo in scena tradizione e arroganza». E attirando così su di sé più degli altri Paesi balenieriNorvegia e Islanda – l’attenzione e le proteste della comunità internazionale.

 

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