Il recente caso di Ilaria Salis, detenuta da un anno in Ungheria, ha riportato in primo piano la questione dei cittadini italiani detenuti all’estero. Secondo le stime i nostri connazionali che si trovano in regime di detenzione fuori dai confini nazionali sono oltre 2mila, per la precisione 2.663. Tra questi, più della metà non ha ancora ricevuto una condanna oppure è in attesa di estradizione o giudizio.
I numeri
Secondo i dati forniti dall’Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria (Osap), dei 2.663 italiani detenuti all’estero oltre l’80% si trova in carceri europee. In cima alla classifica si trova la Germania: nei penitenziari tedeschi si trovano infatti 1.079 italiani. Segue poi la Spagna, con 458 italiani detenuti. La Francia conta 231 unità e il Belgio 202.
Vi sono poi i dati sui paesi extraeuropei. Nel Regno Unito si trovano detenuti 192 italiani, in Svizzera 131 e negli Stati Uniti 91. Ci sono poi 24 italiani detenuti nell’area del Mediterraneo e del Medio oriente. Altri 12 nei paesi dell’Africa subsahariana e 114 tra Asia e Oceania.
La preoccupazione del sovraffollamento
Associazioni, attivisti e politici chiedono che l’Italia faccia estradare tutti i suoi cittadini che ne abbiano diritto. Se questa richiesta venisse ascoltata comporterebbe però un netto peggioramento delle condizioni di sovraffollamento. Un problema che affligge da tempo le carceri italiane, come denunciato dal vice segretario generale dell’Osap, Aldo Di Giacomo. Il sovraffollamento è inoltre causa dell’aumento dei suicidi all’interno dei penitenziari, come denunciato pochi giorni fa da Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa, (l’organizzazione sindacale Uil della pubblica amministrazione). Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha convocato al Quirinale Giovanni Russo, il capo del Dap (il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria), per esprimere la sua preoccupazione per i 13 suicidi di detenuti che si sono verificati nel solo mese di gennaio, una cifra record.
I casi noti
Chico Forti
L’italiano detenuto all’estero più noto alle cronache è il 65enne Enrico “Chico” Forti. L’uomo ha ricevuto una condanna all’ergastolo per l’omicidio di Dale Pike, un imprenditore australiano. Per questo, si trova in carcere dal 2000 nel Dade Correctional Institution di Florida City, poco distante da Miami. L’uomo si è sempre professato innocente, respingendo ogni accusa. Forti sta inoltre scontando una condanna per frode e una per circonvenzione di incapace per l’acquisto di una struttura alberghiera.
Per riportare Forti in Italia, nel corso degli anni si sono mosse numerose associazioni, attivisti e ministri. Nessuno di loro è però mai riuscito a ottenere un risultato concreto. «Crediamo sia umano ora garantire a Chico l’applicazione della convenzione di Strasburgo che prevede per la persona definitivamente condannata di poter scontare la pena nel suo paese di origine. Contatti sono in corso ai massimi livelli tra Italia e Usa e confidiamo che la vicenda possa concludersi positivamente», sono le parole dello zio di Chico, Gianni Forti, e di Lorenzo Moggio, presidente del Comitato “Una chance per Chico”.
Filippo Mosca
Il 29enne di Caltanissetta Filippo Mosca è detenuto da quasi un anno nell’istituto penitenziario Porta Alba di Costanza, in Romania. La struttura è considerata uno dei peggiori carceri europei e, per questo, è stata oggetto di condanna da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo per trattamenti inumani e degradanti.
Filippo Mosca ha ricevuto una condanna in primo grado a 8 anni e 6 mesi per traffico internazionale di stupefacenti. Il giovane, incensurato in Italia, al suo arrivo in carcere è stato messo in isolamento Covid per 21 giorni in una stanza invasa dai topi e piena dei loro escrementi. Le autorità l’hanno poi spostato in una cella di 35 metri quadri, dove attualmente vive con altri 24 detenuti. La cella si trova condizioni igienico-sanitarie disumane, con un buco in terra per fare i bisogni e con la possibilità per i detenuti di potersi lavare una sola volta a settimana.
La famiglia e i legali del giovane hanno denunciato le condizioni disumane in cui Filippo è costretto a vivere perché potrebbero minare la sua salute psico-fisica, fino a compromettere la sua stessa vita. «È giusto che mio figlio sia sottoposto a giudizio, ma chiedo che sia giusto e basato sulle prove» ha detto la madre di Filippo, Ornella Matraxia.
Ilaria Salis
Ilaria Salis è una maestra bresciana che è stata arrestata a Budapest. Secondo l’accusa, avrebbe causato “lesioni potenzialmente mortali” a un gruppo di neonazisti che celebravano le truppe ungheresi collaborazioniste con il regime di Adolf Hitler e sconfitte dall’Armata Rossa l’11 febbraio del 1945. Salis attende da un anno un verdetto sul suo caso in un carcere dell’Ungheria. La struttura ha ricevuto una condanna dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per gravi violazioni dei diritti dei detenuti. La donna è stata mostrata con catene alle mani e ai piedi e tenuta al guinzaglio da un agente mentre si recava alla sua prima udienza. Come nel caso di Mosca, anche Ilaria Salis ha denunciato la presenza di topi, escrementi e carenza di misure igienico-sanitarie nel carcere dove è detenuta.
Ilaria De Rosa
L’hostess trevigiana di 24 anni Ilaria De Rosa rappresenta uno dei casi riusciti di rientro in Italia. Dopo sei mesi di detenzione in Arabia Saudita, il paese l’ha espulsa e la donna ha potuto fare ritorno a casa. L’assistente di volo era stata arrestata il 5 maggio 2023 durante una festa in villa. Secondo l’accusa, la giovane avrebbe avuto addosso una modica quantità di hashish. De Rosa ha sempre negato, sostenuta in questo da tre amici.
Alessia Piperno
La travel blogger romana di 30 anni Alessia Piperno è stata liberata nel novembre del 2022, dopo 45 giorni di reclusione in Iran. Le autorità iraniane l’hanno fermata a Teheran, per poi portarla nell’istituto penitenziario di Evin (dove si trovano i prigionieri politici). Piperno era stata arrestata mentre era in attesa di ottenere il lasciapassare dal Pakistan e aveva ottenuto di restare in Iran fino a metà ottobre. Qui aveva iniziato a raccontare su Instagram delle manifestazioni scaturite dopo la morte di Mahsa Amini, la giovane diventata simbolo della condizione femminile in Iran.