Sei secondi e una tonnellata di esplosivo. Alle 9:37 di venerdì 28 giugno quel che restava del Ponte Morandi di Genova si è sbriciolato. Il suono di una sirena ha preannunciato la detonazione, poi il silenzio. E infine il rumore assordante. Le pile 10 e 11 del viadotto sono crollate, lasciando il vuoto nel panorama della città e nel cuore dei genovesi.
L’esplosione controllata del ponte crollato il 14 agosto dello scorso anno era prevista per le 9 in punto, ma poi è circolata la voce che ci fosse un anziano barricato in casa. Così l’ordine di aspettare, fino a quando le autorità non sono state certe dell’assenza di persone nella zona. La Protezione Civile ha controllato nell’appartamento, che è risultato vuoto. In un’altra abitazione sono stati trovati due extracomunitari, che hanno affermato di non sapere nulla dell’evacuazione. Informati, sono usciti spontaneamente.
Per procedere con la demolizione è stato chiuso un tratto di autostrada, così come tutte le strade nel raggio di trecento metri. Evacuate tutte le 3400 persone che vivono nella zona – a causa del pericolo di amianto – e gli appartamenti sono stati liberati dalle 7 della mattina. Il rientro è al momento fissato per le 22. La maggior parte degli abitanti si è già trovata una sistemazione alternativa, mentre 400 persone (anziani, disabili, donne incinte) sono ospiti in albergo e in altre strutture individuate dal Comune, come chiese e palestre.
Sei secondi per dire addio a uno dei simboli della città. Il sindaco Marco Bucci aveva espresso, negli ultimi giorni, il desiderio che la “data x” arrivasse il prima possibile. «Non vedo l’ora che venga buttato giù» aveva detto appena due giorni prima durante un’intervista. Quasi un anno in attesa di veder crollare quel ponte tanto amato dai genovesi, ma che il 14 agosto scorso si è portato via le vite di 43 persone.