13.615 giorni. Tanto è durata la latitanza di Cesare Battisti. Dal 4 ottobre 1981 al 13 gennaio 2019. Occhiali da sole, inedito pizzetto e forte odore di alcol addosso, l’ex terrorista dei Pac (Proletari Armati per il Comunismo) è stato catturato a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia, da una squadra speciale dell’Interpol composta da agenti locali, italiani e brasiliani. Oggi, dopo ben 38 anni di fuga, è finalmente rientrato in Italia a bordo di un Falcon dell’Aeronautica Militare atterrato a Ciampino alle 11.38. L’ora in cui è stata scritta la parola “fine” su una vicenda tanto annosa quanto delicata, che pareva essersi ulteriormente complicata negli ultimi mesi.
La cattura
Al momento dell’arresto Battisti era disarmato e non ha opposto resistenza. Gli agenti che erano sulle sue tracce si trovavano a Santa Cruz da una settimana e avevano progressivamente ristretto il campo dei possibili indirizzi del latitante tramite una lunga serie di verifiche. Fugato ogni dubbio, il criminale è stato intercettato per strada. Un video diffuso sul web lo ritrae camminare sul marciapiede pochi istanti prima di finire nelle mani degli agenti.
Battisti era scappato dal Brasile – sua dimora dal 2004 – nella seconda metà di ottobre, con tutta probabilità all’indomani dell’elezione a presidente di Jair Bolsonaro. «Temeva che lo estradasse», avevano riferito i suoi conoscenti di Cananeia, cittadina dello Stato di San Paolo in cui risiedeva dallo scorso aprile. Effettivamente, in netta contrapposizione con la protezione precedentemente garantita al terrorista dall’ex presidente Lula, il candidato ultraconservatore aveva già promesso all’Italia in sede di campagna elettorale la sua «immediata estradizione» in caso di vittoria. Da qui la fuga all’estero, durata però appena due mesi e mezzo.
A tradire Battisti è stata la frenesia con cui si collegava abitualmente ai social – Facebook in particolare – per comunicare con parenti e amici. Il resto lo hanno fatto le intercettazioni telefoniche disposte dal sostituto procuratore generale Antonio Lamanna e dall’avvocato Nunzia Gatto che, da Milano, seguivano le indagini.
Le reazioni della politica
Tra i primi a commentare l’avvenuto arresto di Battisti è stato il ministro dell’Interno Matteo Salvini: «È finita la pacchia – ha scritto su Facebook. Il mio primo pensiero va oggi ai famigliari delle vittime di questo assassino, che per troppo tempo si è goduto una vita che ha vigliaccamente tolto ad altri, coccolato dalle sinistre di mezzo mondo». Piena soddisfazione anche da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e del primo ministro Giuseppe Conte, che si è augurato che Battisti «possa ora espiare le condanne all’ergastolo che i tribunali gli hanno inflitto a suo tempo con sentenze passate in giudicato, non certo a causa delle sue idee politiche, bensì per i quattro delitti commessi e per i vari reati connessi alla lotta armata e al terrorismo».
Ringrazio per il grande lavoro le Forze dell’Ordine italiane e straniere, la Polizia di Stato, l’Interpol, l’AISE e…
Pubblicato da Matteo Salvini su Sabato 12 gennaio 2019
Carcere a vita
Nel corso degli anni l’ex militante dei Pac è stato condannato dai tribunali italiani a due ergastoli per quattro omicidi avvenuti alla fine degli anni settanta: due compiuti materialmente (quelli del maresciallo Antonio Santoro e dell’agente Digos Andrea Campagna) e due in concorso con i suoi compagni di scorribande (quelli del gioielliere Pierluigi Torregiani e del macellaio Lino Sabbadin). Ad attenderlo sarà dunque il carcere a vita.
Un accordo siglato a ottobre 2017 dalle autorità italiane con il governo brasiliano aveva stabilito l’eventuale pena post-estradizione a trent’anni di reclusione, ma essendo stato Battisti catturato in Bolivia e direttamente trasportato in Italia, nulla impedirà di applicare le sentenze emanate a suo carico. Una certezza più volte ribadita nelle ultime ore anche dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede: «Parliamo di un pluriomicida che si è macchiato di reati gravissimi – ha dichiarato – e con la sua fuga ha offeso il Paese. La giustizia farà il suo corso nel momento in cui varcherà la porta del carcere: a quel punto sconterà la pena dell’ergastolo».
In un primo momento era stato annunciato che Battisti sarebbe stato recluso a Rebibbia, ma la scelta è poi ricaduta sul carcere di massima sicurezza di Oristano. Secondo le norme vigenti, il terrorista non potrà condividere la cella con altri detenuti e sarà sottoposto a sei mesi di isolamento diurno. Per giunta, trattandosi di un ergastolo ostativo, non avrà nemmeno la possibilità di ottenere benefici nell’esecuzione della pena.
Cala così il sipario così una vicenda che in molti ritenevano destinata a non concludersi mai. Secondo i dati forniti dal Crst (Centro ricerca sicurezza e terrorismo), tuttavia, vi sarebbero ancora all’incirca cinquanta terroristi rossi fuggiti all’estero e ancora latitanti, molti dei quali rifugiatisi in Francia o in Sudamerica. Le loro biografie sono contenute in un volume che la Direzione centrale della Polizia criminale tiene in costante aggiornamento.