Si è tenuto mercoledì sera, a Roma, l’interrogatorio di convalida del fermo di Claudio Campiti. La scorsa domenica ha ucciso quattro donne a colpi di pistola in un bar di via Monte Gilberto, in zona Fidene. Nei suoi confronti, da parte del pm Giovanni Musarò, l’accusa di omicidio plurimo aggravato dalla premeditazione e il tentato omicidio di altre due donne. Ma il 57enne non si pente, anzi, durante il primo confronto con il magistrato punta ancora una volta il dito contro il Consorzio: ente di gestione di 200 appartamenti in 25 ettari tra i comuni di Ascrea e Rocca Sinibalda, in provincia di Rieti.
L’ordinanza del gip
«Era esasperato – si legge nell’ordinanza del gip Emanuela Attura, con la quale gli è stata confermata la custodia in carcere – per le condotte mafiose tenute da anni in suo danno dagli organi deliberanti del Consorzio». Torna ad accusare i soci, dunque, di un presunto complotto contro di lui. Lo stesso di cui aveva scritto per anni nel suo blog. Lo stesso che quattro giorni fa l’aveva spinto ad irrompere nel locale urlando «Mafiosi, vi ammazzo tutti», prima di farlo davvero. Non lascia spazio a rimorso, né ad alcuna forma di ripensamento.
Confermato il movente della strage
Campiti ammette, però, di esser stato spinto da un risentimento profondo. «Il gravissimo episodio dell’11 dicembre ha rappresentato il deliberato di una lunga pianificazione che aveva come presupposto un radicamento costante e persistente, per un apprezzabile lasso di tempo, del proposito omicida nella psiche del Campiti», si legge ancora nel provvedimento.
Nei suoi confronti il gip ha confermato la custodia in carcere. Disponendo anche il regime di sorveglianza, poiché «l’indagato in sede di interrogatorio non ha dato segno di resipiscenza alcuna ed il livore ed il risentimento che sono emersi, fanno ritenere che se rimesso in libertà non desisterebbe da ulteriori condotte violente e sanguinarie».
A cura di Sara Leombruno