Nel dicembre 2015, durante i giorni più difficili dell’emergenza immigrazione in Europa, l’allora Commissario straordinario di Roma Capitale, Francesco Paolo Tronca, il prefetto, Franco Gabrielli e il Questore, Nicolò D’angelo, decidono di sgomberare i locali dell’Ex Centro autogestito ‘Baobab’ in via Cupa n°5, che dal 2004 è il punto di riferimento per tanti migranti ‘transitanti’ a Roma. L’operazione rientra nel piano per il Giubileo. Prima del ‘Baobab’, l’immobile di via Cupa era la sede della comunità di eritrei nella Capitale.
Uno dei volontari dell’Ex Centro ‘Baobab’, Andrea Costa, racconta che, al momento dello sgombero, il Comune di Roma non pagava già più l’affitto dei locali. Oggi Costa è il coordinatore dell’associazione ‘Baobab Experience’, nata nel maggio 2016, ed è stato testimone della solidarietà dei cittadini che hanno partecipato all’allestimento di un primo presidio ‘mobile’, non lontano da via Cupa e poi trasferitosi sulla via Tiburtina in prossimità del Cimitero Verano. In mancanza di un piano di ricollocamento dei migranti da parte del Comune di Roma e, nonostante le difficoltà di un’accoglienza di “strada”, ‘Baobab Experience’ continua a rimanere il punto di riferimento per molti rifugiati e richiedenti asilo che vorrebbero raggiungere il Nord Europa, ma ai quali non è permesso lasciare l’Italia in base al Trattato di Dublino. Spesso giungono anche migranti irregolari.
Nell’autunno del 2016, il presidio viene sgomberato e sono effettuate perquisizioni e identificazioni da parte della Polizia. L’associazione decide allora di trasferire la tendopoli a Piazzale Spadolini, sul versante est della Stazione Tiburtina. Il 27 aprile 2017 c’è un nuovo sgombero, in concomitanza con l’apertura degli uffici del gruppo BNL-Paribas, senza l’ordine di un magistrato. Le tende vengono nuovamente spostate in un parcheggio abbandonato dietro la Stazione Tiburtina in via Gerardo Chiaromonte. Sorge un nuovo presidio che, nonostante altri due interventi delle forze dell’ordine nel giugno del 2017 su segnalazione di Ferrovie dello Stato, oggi resiste anche grazie a un accordo tacito con la Questura e il Comune di Roma.
Costa definisce ‘Baobab Experience’ una «scommessa», perché nessuno, dopo 18 sgomberi e perquisizioni spesso brutali da parte della Polizia, credeva che l’associazione sarebbe riuscita nel proprio intento. Prima di diventare un ‘veterano’ di ‘Baobab Experience’ – racconta – è stato consigliere del Municipio IV, del quartiere Tiburtino. Per tanti anni ha militato a sinistra, fino a quando «deluso» ha deciso di dedicarsi al sociale. Alla domanda perché i migranti, Costa risponde: «Nelle migrazioni si nascondono le contraddizioni del nostro tempo. È il momento giusto per tentare di umanizzare il fenomeno. Vista l’assenza delle istituzioni oggi, l’accoglienza si regge per lo più sui volontari».
Il Piazzale dove sorge oggi il presidio è stato battezzato dai volontari, Piazzale Maslax in memoria di Maslax Maxamed, un ragazzo diciannovenne di origini somale, che si è tolto la vita a Pomezia, dove era ospite di un Centro di Accoglienza Straordinario (CAS) dello Stato. Come riportato dal sito di ‘Baobab Experience’, la storia di questo ragazzo dimostra che il sistema di accoglienza in Italia non offre possibilità d’integrazione, né di inclusione nella società. Maslax parlava infatti di una «vita lenta, della mancanza di stimoli e di una vera accoglienza».
Il presidio è nascosto dall’imponente e moderna Stazione Tiburtina. Individuarlo non è facile, perché non ci sono indicazioni. Imboccando via dei Monti di Pietralata e proseguendo verso via Gerardo Chiaromonte, oltre la recinzione e tra due edifici abbandonati, si possono scorgere in lontananza alcune tende. Tutt’intorno non ci sono abitazioni. C’è però un via vai di persone: medici, avvocati, ragazzi, scout, che offrono assistenza legale e sanitaria; donano indumenti e distribuiscono i pasti. Nel piazzale ci sono almeno un centinaio di tende, mancano i servizi igienici e i migranti si arrangiano come possono. Per difendersi dal freddo e dall’umidità accendono dei fuochi di fortuna. I volontari ogni giorno sistemano e puliscono l’area. In base all’ultimo report stilato dalla ‘rete legale per i migranti in transito’, della quale fa parte ‘Baobab Experience’, da aprile a ottobre 2017 sono giunte al presidio oltre 2000 persone.
Uno degli ospiti del presidio, Francesco, racconta la sua storia personale. È in Italia da 10 anni, dopo aver lasciato la Macedonia con la sorella e il padre. Quando era più piccolo ha subito abusi dal padre, dal quale però è riuscito a fuggire. Con lui anche la sorella, che è finita in un centro psichiatrico. Nonostante tutto, Francesco ha preso il diploma alberghiero ed è alla ricerca di un lavoro e di una nuova vita. Nel frattempo ha scoperto di essere omosessuale, un altro motivo per il quale vorrebbe lasciare presto il presidio, “perché la sua omosessualità non è ben vista da alcuni migranti”. Affranto dice che se solo potesse, lascerebbe l’Italia. C’è poi Mohammed, un ragazzo di origini egiziane, incuriosito dalla telecamera e dal microfono. Ha da poco compiuto diciotto anni. Prima di arrivare al ‘Baobab’ è stato ospite in tre case famiglia, l’ultima a Rieti. Parla di quei giorni con nostalgia, mentre senza rendersene conto oggi è costretto a ‘fare l’adulto’. Vorrebbe lavorare come meccanico ed è alla ricerca di un’officina. Ma per ora – racconta – non è riuscito a trovare il lavoro che sperava.
Ai migranti transitanti si sono aggiunti anche gli ex occupanti dei locali di via Curtatone – sgomberato il 14 luglio 2017 – e di Cinecittà, in attesa di un alloggio, ai quali il presidio offre riparo, assistenza e almeno un pasto al giorno. A Roma da mesi non si parla più del ‘piano casa’ e tutto tace su situazioni limite, come quella del ‘Baobab’, che resta comunque l’unico ‘approdo’ sicuro per i ‘transitanti’ presenti nella Capitale.