Niente tampone per diverso tempo al padre malato, poche informazioni alla famiglia. La vicenda raccontata da Miriana Cappella sarebbe sembrata incredibile qualche mese fa, oggi purtroppo la cattiva gestione dell’epidemia da parte delle Residenze sanitarie assistenziali ci è tristemente nota.
Il padre di Miriana, 68 anni, affetto da una malattia degenerativa, è ricoverato da due anni e mezzo all’Rsa di viale Bezzi, gestita dall’Aps Istituti Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio. «Dopo l’8 marzo, le visite dei parenti sono giustamente state interrotte a causa dell’emergenza sanitaria. Da allora, io e la mia famiglia abbiamo iniziato a sentire papà solo per telefono. Nei primi giorni di aprile abbiamo percepito che era molto affaticato, tossiva forte e aveva la febbre. Ci siamo preoccupati».
«Abbiamo chiesto al suo medico curante di approfondire la situazione e, dalla lastra ai polmoni, è emerso che mio padre aveva una broncopolmonite. A partire dal 7 aprile, dato che aveva sintomi riconducibili al Covid-19, abbiamo richiesto diverse volte che gli fosse fatto un tampone». La struttura però ha sempre risposto che non era possibile effettuarli «perché non c’erano, né per gli ospiti né per il personale». Il signor Cappella è stato messo in isolamento in camera sua, che però condivideva con il solito compagno di stanza.
«Ho contattato anche il numero verde della regione Lombardia: mi è stato spiegato che loro non potevano intervenire e neanche la Protezione civile, perché all’interno della Rsa la decisione di richiesta del tampone spetta alla struttura stessa», continua Miriana.
«Sono emerse, a mio avviso, delle criticità sia a livello gestionale che comunicativo» spiega «Dopo la chiusura dell’ingresso ai familiari, sarebbe stato necessario fare i tamponi a tutto il personale e almeno ai pazienti che presentavano i sintomi. Invece queste misure di fondamentale importanza preventiva non sono state prese».
Il Corriere della Sera riporta inoltre che, secondo quanto testimoniato da alcuni operatori, il personale non era stato dotato di mascherine e guanti.
«Ci ha poi sorpresi il fatto che gli esami per accertare la salute di mio padre siano stati eseguiti solo quando noi abbiamo iniziato a chiedere spiegazioni alla dottoressa curante. Diversamente da mio papà, alcuni pazienti della Rsa non sono lucidi, quindi è difficile che possano aver spiegato ai familiari per telefono le proprie difficoltà. La comunicazione è stata manchevole, siamo stati avvisati dalla struttura del fatto che le condizioni di salute di mio padre erano peggiorate solo su nostra sollecitazione».
Il 20 aprile, finalmente, è stato effettuato il tampone al padre di Miriana, che è risultato negativo. Quattro giorno dopo un secondo tampone ha invece dato esito positivo, ma le sue condizioni di salute stanno migliorando.
Nella struttura però, secondo quanto riporta Ansa, dall’inizio di marzo si sono registrati quasi 200 decessi e 300 operatori sanitari sono a casa in malattia.
Alla luce dell’alto numero di morti registrati all’interno delle Rsa lombarde, molti dei quali avevano sintomi compatibili con il coronavirus, la procura di Milano ha aperto un’inchiesta per appurare le eventuali irregolarità compiute in questi mesi.
Le Rsa coinvolte nelle indagini sono finora 22, i pm Mauro Clerici e Francesco De Tommasi hanno disposto una serie di perquisizioni al loro interno.
Il primo ad essere iscritto nel registro degli indagati è stato proprio il direttore del Pio Albergo Trivulzio, Giuseppe Calicchio, con le ipotesi di reato di epidemia colposa e omicidio colposo. Successivamente si è aggiunto anche il filone delle violazioni delle norme antinfortunistiche, dato che diversi testimoni hanno dichiarato che il personale sanitario non indossava mascherine e dispositivi di protezione.
Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, alcuni infermieri hanno addirittura denunciato che al Trivulzio medici e capi-sala vietavano di portare le mascherine da casa e di indossarle per evitare di diffondere il panico tra gli ospiti.
Il 14 aprile la Guardia di Finanza di Milano ha perquisito la struttura e ha sequestrato le cartelle cliniche degli ospiti della casa di riposo. Il giorno seguente invece le Fiamme Gialle hanno acquisito, presso la sede della Regione Lombardia, tutti i documenti relativi alle disposizioni sulla gestione delle Rsa. Tra questi, anche la delibera dell’8 marzo nella quale si stabiliva che una parte dei posti letto delle Rsa potessero essere occupate dai pazienti risultati positivi al Covid-19 per alleggerire il carico degli ospedali.
«Bisogna intervenire subito per salvare le vite dei nostri genitori e dei nostri nonni. Siamo preoccupati anche per il personale sanitario costretto a lavorare con turni massacranti», ha dichiarato a Il Giorno Alessandro Azzoni, portavoce del Comitato Giustizia e Verità per le vittime del Trivulzio. «Le testimonianze che stiamo raccogliendo da parte dei parenti degli ospiti sono allarmanti. È in gioco la vita di persone fragili e indifese. Chi ha reali intenzioni di salvarle? Rivolgiamo questo appello alla politica e alla dirigenza del Pio Albergo Trivulzio. Attendiamo risposte immediate, il tempo per salvare i nostri cari è ormai scaduto. C’è un silenzio assordante da parte delle istituzioni, a partire dalla Regione Lombardia, responsabile della gestione sanitaria».