Il diffondersi del Coronavirus in Italia ha portato a una crescita considerevole della domanda di prodotti come mascherine, gel disinfettanti e, in campo medico, camici, calzari, respiratori polmonari e ventilatori da terapia intensiva. Da nord a sud sono tantissime le realtà, non solo aziendali, che hanno deciso di riconvertire la produzione in questa fase di emergenza e rispondere alle necessità del Paese.
Tra queste c’è anche la famiglia Bellandi, che, a Pescia, in provincia di Pistoia, possiede un’azienda che lavora le materie plastiche. La madre e titolare, Maria Scinto, ha sempre avuto la passione per il cucito. In casa ha ancora le macchine che usava tanti anni fa quando lavorava in un calzaturificio, e così ha pensato di unire l’utile al dilettevole: tramite l’impresa ha instaurato i contatti con un’altra ditta della zona per recuperare i materiali necessari a realizzare le mascherine, il resto lo fa la famiglia.
«Non si tratta di una riconversione, perché i macchinari dell’azienda sono diversi da quelli che servono per fabbricare le mascherine e quindi sono fermi», spiega Lorenzo, uno dei quattro figli. La famiglia Bellandi riesce a realizzare tra i 300 e i 400 dispositivi di protezione individuale, che vengono distribuiti a chi ne ha bisogno. Il tutto avviene senza sostenere alcun costo. La PNP Plast di Spianate (Lu) ha messo a disposizione gratuitamente le materie prime. Le tre figlie, Lucia, Silvia e Angelica, si prestano a tagliarle, piegarle e fare la sanificazione con prodotti idroalcolici, la madre Maria le cuce insieme e infine le mascherine vengono sigillate in buste di plastica, pronte per essere utilizzate. Tutto il lavoro avviene nell’abitazione dei genitori, con uno spazio accuratamente pulito.
Lorenzo si occupa di fare le consegne, cercando di rispettare tutte le norme di sicurezza. «Per evitare che avvengano troppi contatti tra noi, ma anche tra chi viene a ritirare le mascherine, ho preferito caricare in macchina un certo numero di protezioni e fare quanti più giri possibili tra le sedi Pubblica Assistenza, Misericordia e forze dell’ordine della zona – racconta -. Ho avuto timore non ci fosse un’autorizzazione valida per quello che stavo facendo, così ho chiamato il comandante dei vigili e ha confermato che non avrei avuto nessun problema. Vivendo in una piccola cittadina, dove ci conosciamo tutti, abbiamo avuto la fortuna di avere immediatamente l’appoggio della comunità e delle istituzioni».
«Mi rendo conto che sia difficile associare un’iniziativa di questo tipo a qualcosa di amatoriale e non professionale – continua il figlio –, ma, non potendo lavorare, possiamo impiegare in modo utile il tempo libero».
Le mascherine realizzate dalla famiglia Bellandi sono in tnt (tessuto non tessuto), lavabile e disinfettabile e quindi sono riutilizzabili. «Abbiamo contatto il nostro medico di base, che ci ha fornito circolari e tabelle forniti dal Ministero della Salute utili a capire quali fossero il metodo di lavoro e gli strumenti più efficaci» racconta Lucia. Il prodotto finito ha tutte le caratteristiche necessarie alla protezione dell’individuo. Non essendo però possibile distribuirlo tra il personale medico, è uno strumento molto utile a tutti i cittadini che ne hanno bisogno.
«Il nostro progetto è iniziato tramite la Pubblica Assistenza di Pescia, che ha fatto una richiesta a mia sorella Angelica – spiega Lucia –. Vivere in una piccola cittadina, dove ci conosciamo tutti, ha favorito il passaparola e presto anche il Comune di Pescia ci ha chiesto un numero di mascherine sufficiente da distribuire tra le famiglie e i corpi dei vigili del fuoco, dei carabinieri e della polizia municipale. Grazie alle nostre amicizie e alle varie condivisioni su Facebook siamo riusciti a fare consegne anche fuori porta, come Torino, in alcune zone della Campania e abbiamo spedito un pacco anche a Londra».
Sono tante le persone che, per ricompensare gli sforzi dei Bellandi, vorrebbero pagare le mascherine che chiedono anche con una quota significativa, ma questo non è possibile. «Alcuni negozi ci hanno fatto un’offerta per venderle e abbiamo dovuto rifiutare. Ma oltre a questo, non è lo scopo per cui le facciamo, non ci vogliamo lucrare» racconta Lucia. Così il padre Urbano, ha avuto l’idea di proporre a chi fa ordini di mascherine di fare una donazione, cifra ed ente a scelta, e inviare simbolicamente alla famiglia una copia del gesto.