Ci risponde scusandosi del ritardo Sameh Ayad, un fruttivendolo egiziano di 34 anni che vive a Canonica d’Adda in provincia di Bergamo: «Scusami tanto caro, ero impegnato con il lavoro.». Ma quello di Sameh non è semplicemente un lavoro. È un modo per aiutare le persone e per restituire all’Italia tutto l’affetto che ha ricevuto da quando è arrivato, nel 2010. Ha deciso infatti di allestire fuori dalla sua attività un banco con frutta e verdura non destinate alla vendita. Quel cibo viene infatti regalato a coloro che ne hanno bisogno.
A darci una mano ad organizzare la telefonata, è stata Rossana Di Vito, la tabaccaia che lavora accanto a lui: «Sameh ha fatto fatica a capire il tuo messaggio quindi gliel’ho spiegato io.» Rossana per Sameh è una persona importante: «Mi aiuta tantissimo, è una persona straordinaria, quando non capisco qualche parola in italiano lei mi dà una mano.» La voce di Sameh al telefono è rotta dall’emozione e ci racconta tutta la sua storia.
Sameh, lavori a Canonica d’Adda in provincia di Bergamo, una delle zone più colpite dal Covid-19. Come stanno reagendo i cittadini?
«La città è deserta, sento un clima triste e si percepisce che le persone qui stanno soffrendo. I cittadini però stanno rispettando le regole, sono tutti in casa e per questo ho deciso di mettermi a disposizione facendo consegna a domicilio completamente gratuita. Non voglio guadagnare in una situazione come questa ma voglio semplicemente aiutare le persone, sento che mi viene dal cuore.»
A proposito di questo, come ti è venuta l’idea di mettere a disposizione frutta e verdura per chi ne ha necessità?
«Aiutare mi fa sentire contento, vedere le persone sorridenti in un momento come questo mi riempie il cuore di gioia. Ho sentito il mio cuore che a un certo punto mi ha detto: “Sameh devi fare qualcosa per l’Italia” e questo è il mio modo per ringraziare questo Paese che mi ha accolto benissimo. Al mattino quando vado al mercato a prendere la frutta e la verdura per la mia attività, acquisto qualcosa di più per regalarlo alle persone. Compro le cose con i miei risparmi privati e non uso i fondi del negozio.»
Che tipo di persone vengono a prendere i prodotti che metti a disposizione?
«Non esiste una categoria specifica, vengono anziani, vengono giovani, vengono le persone che stanno vivendo un momento di diffiicoltà economica che questa situazione ha causato. Ciò che è importante è che queste persone possano essere sorridenti.»
La tua timidezza e la tua voglia di non apparire ci raccontano di un lavoratore dal cuore grande, come speri che venga percepito il tuo gesto?
«Non voglio che le persone possano pensare che io faccia questo gesto per apparire o per farmi pubblicità. Voglio solo aiutare le persone, non importa che siano italiani, stranieri, cristiani, musulmani. Siamo tutti esseri umani e dobbiamo aiutarci gli uni con gli altri soprattutto nei momenti di difficoltà.»
Quali sono le prime cose che farai quando finirà questa emergenza?
«Mia moglie e i miei figli sono ancora in Egitto e non vedo l’ora di poterli rivedere. A gennaio avevo avviato la pratica di ricongiugimento familiare ma purtroppo questa pandemia ha bloccato le pratiche. Sono qui da solo e non vedo l’ora che si sistemi tutta questa situazione. Mi manca la mia famiglia.»
Sameh si commuove
Durante la telefonata Sameh è commosso, e fa fatica a contenere le sue emozioni. Lui si sente parte del nostro Paese, lavora in Italia da 10 anni e come recita il cartello esposto fuori dalla sua attività: «Ora voglio dirvi grazie!».
No Sameh, a ringraziarti dobbiamo essere noi per la tua generosità.
Dopo l’intervista Sameh mi ha ricontattato su Whatsapp mandandomi una foto che ha preparato per noi e che racchiude il senso di ogni sua azione.