Mascherine e disinfettanti ai senzatetto: il cuore grande di Napoli e della Comunità di Sant’Egidio

La Comunità di Sant’Egidio di Napoli , durante l’emergenza del Coronavirus, non si è limitata a distribuire dei pasti caldi, ma ha anche munito i senzatetto e le famiglie in difficoltà di mascherine e disinfettanti.

LA DENUNCIA DELLA COMUNITÀ DI SANT’EGIDIO

Ma se c’è tanta solidarietà c’è anche l’insofferenza e la rabbia repressa: «La settimana scorsa- denuncia Sepe– una donna che viveva sotto la Galleria Umberto è stata ferita dal proprietario del bar a fianco che le ha spaccato una mazza di legno sulle gambe mentre la polizia che era vicina non è intervenuta. Siamo riusciti a trovare per lei una sistemazione protetta, ma al momento mancano i posti letto». Infatti l’unico luogo che attualmente possiede dei posti letto disponibili è la Tenda, una struttura che si trova nel cuore di Napoli, nel quartiere Sanità, ma che ha una lista d’attesa di 20 – 30 giorni. Intanto le persone in strada sono in aumento esponenziale a causa degli sfratti: a Napoli il bacino del lavoro sommerso è profondo e chi non ha lavorato in questo periodo e non ha potuto pagare l’affitto è stato sfrattato o lo sarà a breve. Ci sarà un aumento esponenziale di quelli che vengono chiamati i “nuovi poveri”. Dall’inizio delle limitazioni, che hanno inevitabilmente causato anche la perdita di opportunità di svolgere lavori occasionali, 1 milione di persone in più è costretto a chiedere aiuto per mangiare: un’emergenza che non si vedeva dal dopoguerra. La stima è della Coldiretti e si basa sul numero di persone che hanno beneficiato di aiuti alimentari attraverso il fondo europeo Fead. Tra i “nuovi poveri”, secondo la confederazione, ci sono “coloro che hanno perso il lavoro e non possono utilizzare lo smart working, piccoli commercianti o artigiani che hanno dovuto chiudere, le persone impiegate nel sommerso che non godono di sussidi o aiuti pubblici e non hanno risparmi accantonati, come pure molti lavoratori a tempo determinato o con attività saltuarie”. Salgono così a 3,7 milioni le persone che in Italia ha bisogno di aiuto alimentare. Le maggiori criticità, precisa la Coldiretti, si registrano nel Mezzogiorno con il 20% degli indigenti in Campania, il 14% in Calabria, l’11% in Sicilia il 10% nel Lazio e il 9% in Lombardia.

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La fase 1 della quarantena è stata molto pesante per chi vive in strada: tutti i servizi di assistenza chiusi, nessun bar aperto, pochissimi passanti che lasciano una moneta. Tuttavia la fase 2 non si preannuncia migliore, soprattutto perché la chiusura delle attività lavorative sta lasciando intere famiglie senza casa. Francesca Sepe, responsabile del gruppo adolescenti dei “Giovani per la Pace” della Comunità di Sant’Egidio, ci racconta le conseguenze della pandemia su chi vive in strada e per chi in strada ci sta finendo in questi giorni. 

UN PO’ DI NUMERI 

Sono circa 2000 le persone che vivono senza fissa dimora a Napoli e in provincia. Si possono trovare napoletani, italiani, extracomunitari, uomini e donne di qualsiasi età. Con 12.000 pasti distribuiti, circa 250 al giorno, la Comunità di Sant’Egidio in questo periodo, ha aumentato il numero di volontari. Sono circa 100 i giovani appena entrati nella grande famiglia della Comunità che hanno deciso di dare una mano, riuscendo a portare nelle case dei napoletani e degli stranieri oltre 14.000 spese. Ma non è finita qui. Grazie a numerosissime donazioni, la Comunità è riuscita a regalare mascherine e disinfettanti a chiunque ricevesse le spese e i pasti. Per la paura del contagio sono venuti meno la metà dei circa 60 gruppi della rete di solidarietà che in varie zone della città e della Provincia preparavano i pasti per i senza dimora, e quindi è cresciuta la richiesta di cibo e di vere e proprie spese da parte di famiglie molto povere. Così la Sant’Egidio ha fatto fronte all’incremento dei bisogni con più turni e grazie al contributo di singoli e di imprenditori che stanno fornendo pasti caldi. Tantissimi che lavoravano a nero o in modo indipendente non hanno di che mangiare, infatti se la Sant’Egidio prima non aveva mai distribuito spese, adesso che le persone povere ne hanno bisogno ne raccoglie e distribuisce tantissime a settimana. Ma oltre ai volontari, la Comunità di Sant’Egidio ha trovato molta solidarietà anche nelle parole e nei gesti di chi veniva aiutato. «Molti di loro, quando andiamo a distribuire le spese, prima di ringraziarci ci chiedono come possano aiutarci. Spesso ci offrono il caffè o ci lasciano qualcosa da portare a altre famiglie bisognose. Napoli ha un cuore grande!».

Sono tantissime le storie dietro a ogni volto, ogni famiglia che viene aiutata. Ci sono cinque stranieri, tra i quali uno col Parkinson, sfrattati e finiti per strada e, visto che erano impiegati a nero, non possono neanche chiedere il contributo all’affitto. C’è una famiglia di italiani con un bambino che dorme in auto. «Questa povertà profonda era latente, forse non evidente a tutti, – conclude Francesca Sepe- ora esploderà e sarà terribile, ma noi ci saremo».

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