«Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.»
Chissà, magari la letteratura potrebbe accendere una luce in questa ‘selva oscura’ in cui ci troviamo. E potrebbe farlo proprio grazie alle opere di Dante Alighieri. Il 25 marzo 2020 si è tenuto infatti, il primo Dantedì, una giornata nazionale dedicata al sommo poeta. Un appuntamento, che rispetto alle previsioni, è stato celebrato per via telematica: a ricordare Dante, infatti, ci hanno pensato migliaia di utenti social che attraverso i due hashtag #Dantedì e #IoLeggoDante hanno condiviso contributi video e audio.
Le università leggono Dante
Anche gli atenei hanno organizzato eventi per celebrare Dante. Lo ha fatto ad esempio, l’Università di Bologna, che grazie al Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica ha dedicato a Dante una giornata di letture con il contributo di studiosi e docenti universitari. Tra le varie letture e i vari approfondimenti sulla poetica dantesca, ci si è posti una domanda: può l’opera di Dante trovare un senso anche in un contesto di emergenza come quello odierno?
Secondo il Prof. Francesco Santi, docente di Letteratura Latina Medievale e Umanistica, «Dante ha una parola per tutto», e al tempo del Covid-19 avrebbe risposto alle nostre domande, facendo riferimento ad esempio al Canto XIV° del Paradiso.
«né potrà tanta luce affaticarne:
che li organi del corpo saran forti
a tutto ciò che potrà dilettarne»
In questi mesi in cui gli abbracci sono diventati complicati Dante ci aiuta a tener viva una nostalgia della carezza e dell’abbraccio «che non sono gesti d’abitudine ma sono diritti costituzionali dell’anima». Dante ci accompagna attraverso un’epistemologia del tatto, in dei frangenti in cui il rapporto fatto dal contatto fisico risulta difficile e persino pericoloso.
Ma non solo. La Prof.ssa Giuseppina Brunetti, docente di Filologia e Linguistica Romanza, ci ricorda che nella lingua dantesca non c’è posto per due dei termini più usati durante l’emergenza del Covid-19: Panico e Pandemia. La Brunetti infatti, ci parla dell’origine filologica dei due termini: provengono infatti dal nome di Pan, un semidio demonizzato dal cristianesimo. Questa creatura, infatti, quando si arrabbiava emetteva un urlo che causava una paura incontrollata, ovvero panico. Una sensazione di timore che sembra prenderci all’improvviso, gettando la nostra mente nel vuoto e che cancella ogni forma di ragione. Una condizione che ci colpisce ogni giorno in giorni difficili come quelli della diffusione del coronavirus. Ma la Professoressa Brunetti ci ridà speranza quando afferma che «i termini panico e pandemia non trovano posto nella lingua di Dante, nella sua lingua c’è il pane che si condivide, c’è il panìco, un cereale diffuso.» Dante quindi ci parla di aggregazione e speranza e «in questo giorno di festa possiamo consolarci con Dante.» ha concluso la Docente dell’Università di Bologna.
Leggere Dante a distanza
Anche le lezioni a distanza dei ragazzi delle scuole superiori sono state riempite dai canti di Dante. Grazie infatti ad un’iniziativa del Ministero dell’Istruzione, alle 12 del 25 marzo, i docenti e gli studenti sono stati chiamati a leggere i versi della Divina Commedia. «L’attuale situazione fa riflettere sull’importanza della conoscenza. – ha sottolineato la professoressa Silvana Schiavone di Santa Maria Capua Vetere, una delle docenti che ha partecipato all’iniziativa – Fa pensare, inoltre, a quanto sia facile superare certi limiti.»
Dei limiti che invece hanno reso più difficile questa giornata secondo Efrem Zambon, docente di Venezia. «Questa iniziativa avrebbe avuto un peso diverso se ci fosse stato il contatto umano in classe: con la didattica online è stato difficile – ha sottolineato il professore – Io ho solo citato qualche verso del 26° dell’Inferno, ma contestualizzandolo nell’ambito del finale “provvisorio” dell’Odissea.» Opinioni diverse, quindi, su questa ‘straordinaria’ modalità didattica che, comunque, non ha frenato la curiosità degli studenti riguardo Dante, che come ha ricordato lo scrittore e docente Marcello Fois nel corso dell’evento organizzato da Unibo «è un individuo inconoscibile, una di quelle persone che non ci si può immaginare in carne ed ossa, ma che come Omero e Shakespeare, è un marziano che ha fatto atterrare sulla terra delle cose infinite.»