«La verità è che sono fuggita dalla Spagna perché ho avuto tanta paura. Non mi vergogno ad ammetterlo». Le parole sono quelle di Paola, 23enne toscana che ha trascorso gli ultimi tre anni in Australia. Stanca di farsi l’ennesimo inverno a Melbourne, prima è tornata a salutare i genitori, dopo un anno che non li vedeva, poi si è messa a rincorrere l’estate che se ne stava andando dall’emisfero australe.
«Tre settimane fa a Mamma avevo detto, sai che c’è, me ne vado in Spagna, tanto non ho lasciato più niente a Mel». La madre aveva guardato quella figlia appena tornata ma che ormai erano anni che le sfuggiva dalle dita. «Ok, ma stai attenta».
«Quella raccomandazione mi rimbomba in testa. Si riferiva a tutti i pericoli classici del caso. Chi lo avrebbe mai detto che mi sarei dovuta preoccupare di una pandemia».
Il viaggio
Paola è partita per la Spagna il 5 marzo, destinazione Valencia. « Me ne sono andata perché volevo cambiare di nuovo aria e la Spagna è molto vitale, gli spagnoli hanno un carattere che mi piace molto. Ne ho conosciuti tanti a Mel», ci spiega, «è da loro che ho imparato lo spagnolo».
Poi Valencia è turistica e lei fa la bartender. «Era la città giusta», dice.
Quando Paola ha preso il volo per Valencia, il coronavirus aveva abbondantemente messo piede in Italia, ma la Toscana era appena stata sfiorata. Il virus era relegato al Nord e Conte non aveva ancora varato il decreto che blindava tutta la Lombardia. La situazione in Spagna era ancora molto tranquilla, poche centinaia di casi e pochissimi morti.
Era il tempo in cui erano in tanti a minimizzare.
«Per questo sono partita, non mi rendevo conto» .
La situazione in Spagna era così serena che tutte le scuole erano ancora aperte, insieme ai negozi e tutti gli eventi erano rimasti in programmazione, dalle partite di calcio ai concerti. Il Paese si preparava per la Festa di Las Fallas, che si tiene tra il 15 e il 19 marzo: il carnevale spagnolo.
«Le prime cose che ho fatto, una volta arrivata in ostello, sono state cercare una casa fissa e un lavoro, anche perché ero lì per quello», ci racconta. «Però ho fatto subito amicizia con altre ragazze e insieme siamo andate alle feste preparatorie di carnevale, dove c’erano tantissime persone accalcate. Se ci penso ora mi vengono i brividi».
Erano i giorni in cui in Europa aumentavano i contagi, ma in ritardo rispetto all’Italia, e in cui i governi continuavano a non prendere misure restrittive. Paola nel frattempo fa aperitivi, trova una casa da affittare, paga la cauzione e il primo mese di affitto. Tutto succede in meno di una settimana. Riesce anche a ottenere qualche colloquio di lavoro e viene assunta.
«Ma dietro il bancone non ci sono mai arrivata», prosegue.
La Spagna in pochi giorni passa da avere poche centinaia di contagiati ad averne migliaia. La ragazza toscana sente i telegiornali spagnoli e allo stesso tempo segue le notizie dall’Italia, dove stanno i suoi. L’Italia adesso è completamente in quarantena, da Nord a Sud. In Spagna invece i locali continuano ad essere aperti e la movida è ad ogni angolo della strada.
«Ero sempre più preoccupata. Ma la cosa che mi allarmava ancor di più erano le persone intorno a me. Non volevano comprendere quello che stava succedendo».
Paola ci spiega di aver intuito che di lì a poco i contagi sarebbero esplosi anche in Spagna, «il trend era quello». Allora avrebbero chiuso anche il locale in cui l’avevano assunta ma in cui non aveva ancora messo piede, perché avrebbe dovuto cominciare la settimana successiva.
«Cominciavo ad avere paura, temevo di rimanere incastrata qui, ma non avevo il coraggio di fare nulla, avevo già pagato la pigione e avevo sborsato un sacco di soldi!», si sfoga. Poi però il 10 marzo la Spagna chiude i voli da e per l’Italia, mentre ancora non chiude i suoi esercizi.
«Mi sono sentita in trappola», continua. I voli per gli altri Paesi erano ancora tutti validi, quindi prova a prenotare facendo scalo, ma anche lì è impossibile trovare aerei che la portino a casa.
Ritornare
È il 13 di marzo i casi in Spagna salgono a 4000. Paola lascia la camera in affitto dove aveva dormito solo qualche notte e va al porto. Lo sa che probabilmente non troverà nessuna nave passeggeri che la possa portare in Italia, ma spera comunque di trovare una soluzione.
«Ho chiesto se ci fosse qualche nave merci italiana e quando me l’hanno indicata ci sono andata con tutti i bagagli che mi ero portata dall’Italia 7 giorni prima».
Sentiamo Paola su Whatsapp, con una videochiamata. Ci parla da una piccola cabina con una branda, con il cellulare ci fa vedere tutti i bagagli che ha con sé: «Mi sono presentata al capitano della nave con tutto quello che avevo». Sono due valige, uno zaino molto capiente e varie altre cose. «Gli ho spiegato la situazione e l’ho implorato di portarmi a casa». Ci spiega che sapeva di chiedere tanto, ma aveva davvero paura di rimanere in una nazione che non si stava rendendo conto della gravità del Covid-19. «Ero disposta a dormire anche per terra».
Quando Paola ci risponde non è angosciata, però, è sulla nave cargo da un giorno e mezzo, ha fatto scalo a Barcellona e manca un altro giorno e mezzo prima di arrivare al porto di Livorno. Si sente quasi a casa. «Mi stanno trattando benissimo e mangio alla mensa con l’equipaggio. So che hanno fatto uno strappo alle regole e ne sono riconoscente».
Però sta fuggendo da un Paese con il coronavirus per andare in un altro che è messo anche peggio. Le chiediamo se ha paura. «No, perché starò con la mia famiglia nel mio Paese. L’unica cosa che mi preoccupa è che se la cosa dovesse andare per le lunghe non potrò lavorare, facendo la barista. Ho paura di pesare sulla mia famiglia, è una cosa che non ho mai sopportato, sono molto indipendente».
Si augura quindi che finisca presto, cosicché tutti possano tornare a fare quello che facevano prima. Per tornare alla normalità.
E Paola invece cosa farà quando sarà finito tutto, quale è la sua normalità? «Tornerò in Spagna per lavorare. Ma vorrei anche andare in Sud America. Non ce la faccio proprio a stare ferma!»