Salute mentale e covid-19, la psicologa: «La pandemia ha mostrato quanto possiamo essere vulnerabili»

pandemia-salute-mentale

La pandemia da Covid-19 ha avuto importanti effetti sulla salute mentale. La solitudine, la paura di contrarre il virus e le incertezze che si provavano in quel periodo hanno avuto grandi ripercussioni sul benessere psicologico di milioni di persone al mondo. Secondo uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel primo anno della pandemia, la prevalenza globale di casi di stress, ansia e depressione è aumentata del 25%.

Questi effetti si sono trascinati ben oltre il lockdown. Secondo la dottoressa Chiara Maggio, neuropsicologa e partnership manager di Mindcenter, il centro di psicologia e psicoterapia ideato e diretto da Luca Mazzucchelli, «le restrizioni negli spostamenti e l’impossibilità di incontrarsi fisicamente con amici e familiari hanno aumentato il senso di solitudine e hanno avuto un forte impatto sul nostro bisogno innato di connessione sociale, fondamentale per il benessere psicologico».

L’interruzione delle routine, dell’attività fisica, l’alterazione dei ritmi sonno-veglia e la mancanza di stimoli hanno gravato sensibilmente sulla nostra salute psicologica «amplificando disagi psicologici pre-esistenti o creando nuove vulnerabilità». L’incertezza per il futuro, per la ripresa sociale ed economica, continuava a pesare sulle menti delle persone, accentuando le difficoltà già presenti.

Gli effetti sui giovani

Tra le categorie più colpite ci sono certamente i giovani. Uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha mostrato un incremento dei sintomi depressivi nel bimestre marzo-aprile 2020 nei ragazzi della fascia 18-34 anni. La Didattica A Distanza (DAD), il distanziamento sociale e la solitudine hanno permesso a stress, depressione, senso di inutilità, appiattimento emotivo e difficoltà di concentrazione di proliferare.

Secondo la dottoressa Verena Boscolo, psicologa scolastica e dello sport, è opportuno differenziare le diverse fasce d’età. «Sicuramente chi all’epoca del Covid andava alla scuola materna ha poi potuto recuperare alle scuole elementari tutte quelle esperienze di cui è stato privato: la prima gita, la prima migliore amica, i primi compleanni. Chi invece andava alle medie o al liceo ha perso tutte quelle esperienze un po’ più importanti». Da un punto di vista prettamente scolastico invece, la Dad prolungata ha causato disorientamento, affaticamento mentale e difficoltà di concentrazione, collegati a un aumento dello stress e a una sensazione di distacco dalla realtà scolastica. Molti insegnati hanno osservato anche un calo dell’attenzione, della motivazione e della partecipazione alle lezioni.

L’impatto sulle esperienze sociali

Tra gli adolescenti molti problemi si sono verificati anche in ambito sociale: «a quell’età i giovani – afferma la dottoressa Maggio – si trovano a formare legami forti con i coetanei e a sperimentare una crescente indipendenza dal nucleo familiare». Il lockdown ha però «limitato le occasioni che permettevano di sviluppare le competenze sociali fondamentali come la lettura delle emozioni altrui, la gestione dei conflitti, l’empatia, la comunicazione non verbale, ma anche la cooperazione, la negoziazione, la capacità di prendere decisioni in gruppo e di costruire relazioni di fiducia». Questo in certi casi ha portato a una minore fiducia nelle proprie capacità di interagire con gli altri, che a sua volta può rendere più vulnerabili a condizioni di disagio psicologico.

Lo conferma la dottoressa Boscolo che, come psicologa scolastica, vede arrivare agli sportelli di ascolto sempre più ragazzi «fragili, che non sanno stare nel gruppo di lavoro, non sanno leggere le relazioni». I ragazzi già prima del Covid erano molto digitalizzati ed erano abituati a gestire le relazioni e l’affettività tramite smartphone o computer. «Il Covid in questo caso non ha innescato un problema, l’ha ingrandito: nel senso che non ha aiutato i giovani a capire che per innamorarsi bisogna incontrarsi, vivere delle esperienze insieme», conclude la dottoressa Boscolo.

Il ruolo della tecnologia

Le tecnologie però sono state anche uno strumento molto utile per sopravvivere all’isolamento: permettevano di alleviare il senso di solitudine, telefonando e facendo videochiamate di gruppo, ma anche di lavorare. Internet è venuto anche in soccorso della crescente domanda di sostegno psicologico che in quel momento è esplosa.

Molti professionisti della salute mentale hanno iniziato a svolgere le sedute online, anche se i più lungimiranti, come Mindcenter, avevano già pensato che parlare di psicologia online fosse una buona idea. Sono nate anche molte piattaforme dedicate proprio alla terapia online, UnoBravo e Serenis tra le altre, che sono state, spiega l’esperta, «un punto di riferimento psicologico accessibile in un momento di grande sofferenza emotiva e durante il quale la terapia in presenza era impossibile».

Chiaramente dipende anche dal tipo di problematica, evidenzia la dottoressa Maggio: «Per diverse situazioni di sofferenza psicologica leggera o moderata, come ansia e stress legato a difficoltà quotidiane, la terapia online può essere efficace tanto quanto quella in presenza. Invece nei disturbi più complessi come il disturbo da stress post-traumatico (PTSD), i disturbi della personalità, alcuni disturbi del comportamento alimentare e condizioni di grave difficoltà psicologica, la terapia in presenza resta preferibile».

A cinque anni dalla pandemia che ha scatenato il boom della terapia online, «il futuro della psicoterapia sembra orientato verso un approccio ibrido, che combina i vantaggi di entrambe le modalità, a seconda delle necessità individuali».

In cerca di supporto

La pandemia ha anche avuto l’effetto di portare ad un aumento delle richieste di supporto psicologico, come dichiara la dottoressa Maggio: «Secondo il National Institute of Mental Health (NIMH), tra il 2020 e il 2021 la domanda di supporto psicologico è cresciuta sensibilmente, con un picco soprattutto tra i giovani adulti e le persone più vulnerabili, inclusi coloro che già vivevano situazioni di disagio psichico».

Questo fenomeno può dipendere da diversi fattori, come ad esempio la diffusione durante il lockdown della terapia online, che ha permesso a più persone di accedere al supporto psicologico. Di aspetti negativi tuttavia ce ne sono, a cominciare dall’ambiente in cui viene svolta. «La mancanza di uno spazio fisico separato e sicuro – spiega la psicologa – come quello dello studio terapeutico, può compromettere il senso di privacy che favorisce l’apertura e la connessione con il terapeuta. Essere consapevoli che in casa ci sono familiari, coinquilini o altre persone può inibire la libertà con cui si affrontano temi delicati come il dolore, la paura, i traumi o i conflitti familiari o sociali».

La terapia online

Con la conclusione del lockdown ed il lento ritorno alla normalità, parte dei pazienti hanno continuato a svolgere la terapia online. «Parte significativa dei pazienti – conferma la dottoressa Maggio – ha continuato a preferire la terapia online anche dopo la fine delle restrizioni legate al COVID. La possibilità di accedere al proprio spazio terapeutico con maggiore flessibilità ha aiutato molti a mantenere costanza e continuità nel percorso, senza stravolgere la propria routine», anche se «le tendenze recenti suggeriscono che l’approccio ibrido, che combina sessioni online e in presenza, sta guadagnando terreno».

Il bonus psicologo

Ad aver contribuito all’aumento delle richieste di supporto psicologico è anche la riduzione dei pregiudizi al riguardo, fenomeno che la pandemia ha accelerato e il bonus psicologo ha poi confermato. Secondo Maggio, «l’introduzione del bonus psicologo ha avuto un impatto importante nel favorire l’accesso alla terapia, soprattutto per chi, per motivi economici, avrebbe altrimenti rinunciato a intraprendere o proseguire un percorso psicologico.

Il bonus ha anche avuto un effetto culturale: ha contribuito a normalizzare l’idea di andare in terapia, facendo sì che la psicoterapia fosse vista non più come una risorsa riservata a situazioni estreme, ma come un investimento legittimo nella propria salute mentale. Nel corso del 2024 si è registrato un aumento delle richieste sia per la terapia in presenza che per quella online, a conferma del fatto che il bonus ha facilitato l’incontro tra domanda e offerta».

Una mancata elaborazione del lutto

Tra le altre cose, la pandemia è stata caratterizzata da numerosi lutti che hanno colpito diverse persone. L’impossibilità per molti di celebrare i funerali dei propri cari a causa del lockdown ha avuto delle conseguenze sull’elaborazione del lutto. La psicologa evidenzia come questo «ha spesso portato a una sensazione di “sospensione”, come se la perdita non fosse del tutto reale o non potesse essere pienamente riconosciuta. In questi casi, il dolore può restare “bloccato” o non elaborato, generando un senso di incompiutezza, isolamento e talvolta difficoltà psicologiche, che possono emergere anche molto tempo dopo l’evento».

pandemia-informazione
Durante la pandemia, l’informazione continua dava un’illusione di controllo
L’informazione, un’arma a doppio taglio

Si è trattato di un periodo caratterizzato dalla pervasività delle notizie. Secondo la dottoressa Maggio la tendenza ad informarsi in modo costante durante la pandemia dava «una sensazione di sicurezza, come se sapere di più potesse rendere la situazione più gestibile». La ricerca di informazioni dava un senso momentaneo di controllo anche se, secondo la psicologa, l’effetto della continua esposizione a notizie negative «finiva per alimentare l’ansia». Questo fenomeno è chiamato doomscrolling, ovvero «il comportamento compulsivo di scorrere notizie negative, spesso per molto tempo e senza riuscire a smettere, anche quando quelle informazioni aumentano paura o malessere e non offrono reali soluzioni o conforto».

Maggio spiega come «l’accumulo di ansia derivante dalla lettura delle notizie negative ha mostrato di avere un impatto negativo sul sonno, sull’umore e sulla capacità di concentrazione, fenomeni spesso associati a disturbi psicologici come la depressione e l’ansia. L’esposizione continua a contenuti drammatici aveva inoltre un impatto sul benessere a lungo termine delle persone, alimentando una spirale di negatività che rendeva difficile orientarsi verso pensieri costruttivi o produttivi».

Ne siamo usciti migliori?

In molti stanno ancora facendo i conti con le conseguenze psicologiche ed emotive. È pur vero, però, che alcuni aspetti della nostra relazione con la salute mentale sono cambiati con la pandemia. Quindi, a cinque anni di distanza, viene spontaneo chiedersi: ne siamo davvero usciti migliori? «In parte sì – commenta Maggio – perché la pandemia ha aperto uno spazio di consapevolezza che prima spesso mancava. Ma ha anche mostrato quanto possiamo essere vulnerabili, e quanto sia necessario prenderci cura della nostra salute psicologica con continuità, e non solo nei momenti di crisi».

 

Ti sei riconosciuto/a in alcune di queste descrizioni? Senti di aver bisogno di supporto?

Se senti di avere difficoltà emotive, ansia, stress o semplicemente hai bisogno di un confronto con un professionista, il team di Mindcenter è a tua disposizione. Puoi trovare percorsi di supporto psicologico, psicoterapia e coaching personalizzati, in presenza e online, per aiutarti a ritrovare equilibrio e benessere.

Visita il sito www.mindcenter.it

Chiara Balzarini

Milanese, classe '98. Laureata in Psicologia Sociale , ho scoperto che il mio futuro è nel giornalismo. Appassionata di cavalli e sport equestri, oggi voglio raccontare il mondo in tutta la sua varietà e complessità.

No Comments Yet

Leave a Reply