Emergenza Covid: la storia dell’ospedale di Fiera Milano

Installazioni, padiglioni, stand, il via vai della gente: è questa la realtà odierna di Fiera Milano in zona Portello. Ma non è sempre stato così. Nel 2020 la fiera è diventata ospedale garantendo ulteriori posti letto e luoghi di cura ai pazienti affetti da Coronavirus nelle sue forme più acute. Così come un hub vaccinale. Voluto e progettato dalla regione Lombardia, l’ospedale è stato realizzato in due settimane sotto la direzione di Guido Bertolaso, all’epoca consulente regionale per l’emergenza Covid. Il progetto è stato coordinato dall’associazione Fiera Milano. La Regione si è invece occupata dell’acquisto delle attrezzature e dei materiali sanitari attraverso Aria Spa, la centrale regionale di acquisti per le forniture sanitarie. Inoltre ha gestito l’installazione di quelli donati.

Un progetto d’emergenza

«La pandemia ha costretto a scelte di emergenza» afferma Nino Stocchetti, direttore della neurorianimazione del Policlinico. «Nel marzo 2020 in Lombardia non c’erano sufficienti posti letto in terapia intensiva. Mancavano ventilatori, dispositivi di protezione individuale. Dopo le prime settimane le richieste di ricovero andavano oltre tutte le possibili risorse ospedaliere. Abbiamo dovuto trasportare d’urgenza 26 pazienti ventilati in ospedali tedeschi, perché non c’erano abbastanza posti».

Guido Bertolaso, consulente regionale per l’emergenza pandemica

Il 6 marzo sono stati mossi i primi passi e una settimana più tardi il progetto è stato approvato da Guido Bertolaso, all’epoca consulente regionale per l’emergenza Covid. Il cantiere è stato aperto una settimana più tardi, interessando una superficie pari all’estensione di dieci campi da tennis. Ѐ iniziata così una corsa contro il tempo terminata il 31 marzo, con la consegna della struttura al Policlinico di Milano che si era da poco aggiudicato il ruolo di gestore della terapia intensiva. Per una spesa totale di 21 milioni di euro provenienti da donazione privata (di cui 10 messi a disposizione da Silvio Berlusconi e altrettanti da Leonardo Del Vecchio, l’allora patron di Luxottica).

I numeri

Due padiglioni; 500 unità di personale sanitario impiegate; 82 mila litri di riserva di ossigeno e quasi 3mila mq di servizi sanitari. Sono solo alcuni dei numeri che si celano dietro alla realizzazione dell’ospedale. La zona della Fiera, quartiere storico milanese, è stata scelta perché già dotata di strutture e reti necessarie. Locali già condizionati, pronti a livello elettrico e idraulico, con connessioni e un’altezza tale da poter ospitare le condotte per il ricambio dell’aria. Servivano infatti luoghi a pressione negativa per evitare il rischio di infezioni intraospedaliere. E poi perché la sua posizione centrale e vicina agli altri ospedali cittadini rappresentava una buona ubicazione.

L’ospedale in Fiera è stato attivo in tre periodi diversi e in ogni intervallo non ha mai chiuso realmente, ma è stato messo in stand-by. Sempre pronto per eventuali nuove emergenze. Il lavoro proseguiva anche in questi periodi, per mantenere tutto efficiente, garantire le scorte e aggiornare i percorsi. Il primo paziente è stato ricoverato il 6 aprile 2020 e la struttura ha proseguito a pieno regime per due mesi. A ottobre è stato poi necessario far ripartire l’ospedale fino al giugno successivo a causa di una nuova ondata. L’ultima riapertura significativa si è registrata nel lasso temporale fra gennaio e febbraio 2022. Un totale di 505 pazienti ricoverati che ha alleggerito il carico di lavoro degli altri ospedali.

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Le voci di chi ci ha lavorato

«Per me la cosa più difficile, ma emozionante allo stesso tempo, è stata accompagnare i parenti nel commiato con i loro cari, per salutarli un’ultima volta» racconta Federica, operatrice sanitaria. «A volte qualcuno preferiva una chiacchiera, una parola o una battuta».

Le difficoltà erano numerose. «Sembrava che i materiali non bastassero mai. Usavamo almeno 300 siringhe al giorno per la terapia di sedazione» aggiunge la sua collega Daniela. «In casi normali se ne usano circa 60 a settimana».

«Mai, mai in trent’anni di lavoro mi era successo di avere così paura. Lavoravi e avevi paura. Andavi a casa e avevi paura. Ti vestivi per andare dentro la zona rossa con angoscia per dodici, quattordici ore al giorno. Non ho mai visto usare così tanti farmaci» racconta Prospero, anche lui operatore sanitario.

«All’inizio capirsi era un problema. Proprio capire quello che uno diceva. C’era rumore, molto rumore. Il rumore dei letti, le macchine della pressione negativa, l’aerazione, la tuta, la pompa che suonava. All’inizio per farsi capire abbiamo iniziato a urlare. Poi abbiamo trovato un metodo più efficace: capirci con gli sguardi. Così ci si capiva molto prima» ricorda l’infermiera Marta.

Sono tanti i pensieri del personale che ha prestato servizio all’ospedale di Milano Fiera negli anni di pandemia, ma una costante li accomuna tutti. Quella nota di tristezza che a distanza di tempo ancora accompagna ognuno di loro. Perché quei momenti vissuti non si cancellano facilmente.

Nonostante la drammaticità della situazione vissuta c’è anche chi, come Giancarlo, si sforza di trovare un aspetto positivo. «Mi porto dietro il gruppo che si è creato. L’unione che è scattata fra persone che si conoscevano e altre che non si erano mai vista prima. Ma accomunate dal desiderio di mettere le proprie capacità al servizio dei pazienti».

«La pandemia ha costretto a immaginare una terapia intensiva fuori dall’Ospedale» ha evidenziato il professor Stocchetti. «Le difficoltà c’erano e ne eravamo consapevoli. Ma a posteriori credo si possa dire che la struttura abbia funzionato in modo positivo», ha concluso.

Una nuova consapevolezza

Era febbraio 2022 quando le porte della struttura si chiudevano per l’ultima volta. Sono ormai passati più tre anni e dell’ospedale non c’è più traccia. Nemmeno camminando in quella stessa zona dove prima siringhe e mascherine erano all’ordine del giorno. E il suolo occupato da quanti più letti ospedalieri possibili. Oggi l’area occupata dai padiglioni 1 e 2 di Portello è infatti tornata a ospitare eventi fieristici e congressuali, come previsto originariamente. Con gli stand, le esposizioni e i fiumi di gente tipici delle fiere. Ma con la consapevolezza che, nell’eventualità, l’area di Fiera Milano possa essere impiegata anche per scopi medici.

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