Geopod Ep.4 – Il difficile embargo al petrolio russo

Il G7 si impegna a bandire il petrolio russo, per strozzare «la principale arteria dell’economia di Putin e negargli i ricavi di cui ha bisogno per finanziare la sua guerra», ma che cosa comporta tutto questo?

Prima gli Stati Uniti e poi la Gran Bretagna avevano già annunciato il blocco degli arrivi di materie prime russe per alimentare la propria energia, mentre l’Unione europea sta ancora valutando se adottare questa soluzione nel nuovo pacchetto di misure contro Putin.

Per capire la portata di questo provvedimento basti pensare che con l’esportazione del greggio la Russia guadagna 490 milioni di dollari al giorno, 178,9 miliardi di dollari all’anno e di questi ben 104 miliardi provengono dall’Unione Europea e dal Regno Unito.

Il Consiglio europeo dice di essere unito sulla necessità di adottare un sesto pacchetto di sanzioni, ma sull’attuazione dell’embargo graduale sul petrolio restano ancora problemi da risolvere e divergenze di opinione.

L’Unione europea importa il 97% del petrolio che consuma e circa il 25% di questo arriva dalla Russia, seguita a distanza da Iraq, Nigeria e Arabia Saudita. Per l’Italia l’embargo avrà sì delle conseguenze, ma abbastanza contenute, dato che questo blocco toccherà solo il 12,5% del totale che importiamo. Molto più complessa, invece, è la situazione di altri Paesi.

Gli Stati europei che importano più greggio russo sono la Germania, la Polonia, l’Olanda, la Finlandia e il Belgio, ma sul totale importato a dipendere maggiormente dal petrolio russo sono: la Slovacchia, seguita da Polonia, Finlandia e Lituania.

L’embargo sul petrolio russo spacca quindi l’Europa. La Commissione europea ha presentato il nuovo pacchetto di sanzioni, che devono essere approvate all’unanimità, ma restano ancora molti ostacoli da superare. A dividere gli Stati membri è stata la proposta di “un divieto totale d’importazione di tutto il petrolio russo, via mare e via oleodotto, greggio e raffinato”. A opporsi subito sono state appunto la Slovacchia e l’Ungheria, che hanno richiesto una deroga speciale. L’embargo, hanno spiegato i rappresentati dei due governi, sarebbe troppo pesante da sopportare per dei Paesi senza sbocco sul mare e del tutto dipendenti dalle consegne dell’oleodotto che parte dalla Russia e arriva fino alla Germania. Ad oggi l’Ungheria riceve da Mosca il 58% del suo fabbisogno di petrolio e derivati, mentre la Slovacchia ne dipende quasi totalmente, con il 96% del suo approvvigionamento importato dalla Russia. Da qui l’idea di esentare i due Stati dall’imposizione del blocco fino alla fine del 2023. Ma questo potrebbe indurre altri Paesi, come la Bulgaria e la Repubblica Ceca, a chiedere lo stesso trattamento, dato che i due Stati sfiorano quasi il 100% di dipendenza dal petrolio russo.

Al di là della possibile compensazione delle forniture con altri produttori, il secondo aspetto di cui tener conto è il prevedibile contraccolpo sul prezzo del petrolio, visto che la misura riguarderebbe l’intera Europa, ossia il primo mercato per le esportazioni della Russia. Bisogna considerare poi che Mosca è il terzo produttore mondiale, dopo Arabia Saudita e Stati Uniti, e il primo esportatore di petrolio.

Le incertezze e le crisi geopolitiche hanno sempre pesato sul prezzo del petrolio, ma le esperienze passate ci insegnano che non è impossibile sostituire rapidamente importanti fornitori. È successo, per esempio, nel 2011 con la Libia, da cui importavamo quasi il 20% del nostro fabbisogno e nel 2013 con l’embargo all’Iran che pesava per oltre il 25%.

In questo episodio abbiamo visto perché le posizioni dei Paesi europei sono così distanti tra loro e qual è la portata dell’embargo al petrolio russo.

Puoi ascoltare qui le altre puntate di Geopod, il podcast di geopolitica.

Elisa Campisi

SONO GIORNALISTA PRATICANTE PER MASTERX. MI INTERESSO DI POLITICA, ESTERI, AMBIENTE E QUESTIONI DI GENERE. SONO LAUREATA AL DAMS (DISCIPLINE DELL’ARTE DELLA MUSICA E DELLO SPETTACOLO), TELEVISIONE E NUOVI MEDIA. HO STUDIATO DRAMMATURGIA E SCENEGGIATURA, CONSEGUENDO IL DIPLOMA TRIENNALE ALLA CIVICA SCUOLA DI TEATRO PAOLO GRASSI.

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