Geopod Ep.16 – L’importanza strategica dei cavi sottomarini

Alcuni giorni prima dell’inizio della guerra in Ucraina, una nave russa era stata avvistata a più riprese al largo dell’Irlanda, in prossimità dei cavi sottomarini transatlantici usati per le telecomunicazioni. In quella, come in altre occasioni, si parlò dei rischi di un attacco alle infrastrutture informatiche europee. Ma davvero un solo Paese, in questo caso la Russia, può privare l’Occidente di Internet? A chi appartengono i cavi e quanto è fragile la rete fisica su cui si poggia il Web?

I cavi sottomarini sono posizionati sul fondale del mare, di un lago o di un fiume e trasportano informazioni di rete o energia elettrica. Dal loro funzionamento dipende il circa il 97% delle nostre comunicazioni: non solo chiamate e messaggi tra smartphone, ma tutte le operazioni che avvengono via internet, quindi anche le transazioni finanziare, per un valore che, secondo le stime, supera ogni giorno i mille miliardi di dollari.

La mole di dati che viaggiano è enorme: basti pensare che ogni minuto sono circa 5,7 milioni le ricerche su Google, 575mila i tweet generati, 65mila le foto postate su Instagram. Alla luce di questi numeri e di alcuni attacchi alla rete, si è iniziato a parlare di sovranità digitale. Le infrastrutture principali dell’informatica (data center e cavi) appartengono soprattutto alle Big Tech americane: Meta, Amazon, Microsoft e Google. Il 60% della capacità sottomarina, infatti, è riconducibile a loro. Per esempio, uno dei più potenti cavi sottomarini è il Marea che collega Stati Uniti e Spagna, posizionato da Microsoft e Facebook (oggi Meta).

Questo però è solo uno dei tanti cavi che attraversano i nostri oceani. In totale sono circa 450 per una lunghezza di 1,3 milioni di chilometri. Stati Uniti e Canada sono collegati praticamente a tutto il resto del mondo: America Latina, Europa e Asia. Questo non vuol dire che i costruttori di cavi sono sempre americani, ma sicuramente gli Stati Uniti hanno un ruolo centrale nello scambio di dati.

Al secondo posto c’è la Cina, che ovviamente cerca di competere anche in questo business. L’obiettivo presentato nel piano China Manufacturing, è di arrivare al possesso di almeno il 60% dei cavi sottomarini al mondo entro il 2025. Pechino ha previsto la costruzione di infrastrutture digitali in Asia meridionale e Africa: oltre ai cavi, reti per il 5G e sistemi per immagazzinare i dati. Questo permetterà alla Cina di imporre i propri standard tecnologici a livello internazionale, con un chiaro vantaggio sugli Stati Uniti. Il fatto che molte delle aziende cinesi nelle telecomunicazioni siano in parte di proprietà statale, fa temere però che il governo le costringa a fornire i dati che viaggiano lungo questi cavi.

Tra i Paesi meno connessi, c’è invece la Russia, che è collegata al resto del mondo solo da quattro cavi: uno la connette con la Finlandia, un altro con la Georgia e due con il Giappone.

E in Europa a che punto siamo? Il Paese che più di tutti sta provando ad affermare il controllo sul dominio digitale europeo è la Francia. Le aziende francesi gestiscono già una trentina di cavi sottomarini, il numero più alto del continente. Parigi è quindi la porta principale da cui passa internet per arrivare in tutta Europa e se per qualche motivo un cavo viene messo fuori uso, le conseguenze riguardano anche gli altri Paesi. Per esempio, quando a ottobre 2022 nelle acque francesi sono stati tranciati tre cavi, il rallentamento della trasmissione dei dati ha toccato Marsiglia, Lione, Barcellona e Milano. In questo caso si è parlato di un possibile sabotaggio alla rete. La tensione tra i Paesi, e quindi le azioni di spionaggio o di sabotaggio, non sono però l’unico fattore di rischio legato a queste infrastrutture.

Una prima criticità sono i colli di bottiglia che possono essere usati come leva geopolitica. Molti cavi, per esempio, passano dal mar Rosso prima di attraversare l’Egitto e raggiungere il Mediterraneo, collegando l’Europa all’Asia. Circa il 17% del traffico internet mondiale viaggia lungo questi cavi. Le tensioni presenti in altre aree geografiche, come per esempio Siria, Iran, Iraq o Afghanistan, rendono piuttosto complesso installare cavi in queste zone per ridurre la dipendenza verso l’Egitto.

Due progetti di cablaggio mirano a fornire soluzioni di connettività diversificate: sono il Blue System, che collegherà Italia, Francia, Grecia e Israele, e il Raman System che unirà Giordania, Arabia Saudita, Gibuti, Oman e India. L’operatività di Blue e Raman è prevista nel 2024, ma le complesse relazioni tra i Paesi coinvolti, in particolare tra Israele e Arabia Saudita, comportano una sfida geopolitica non da poco. Sempre a proposito di sovranità, è importante segnalare che Sparkle, operatore del Gruppo Tim, partecipa alla realizzazione di questi progetti insieme a Google e ad altri operatori.

Un’altra vulnerabilità delle infrastrutture sottomarine è che i cavi sono poco protetti e quindi possono essere facilmente compromessi: per esempio dall’ancora di una nave, o da eventi naturali come i terremoti e persino da attacchi di squali.

Se si recide un cavo si compromettono le comunicazioni di milioni di persone. Ecco perché quando succede si pensa subito a un attacco da parte di un Paese nemico. In realtà, a meno che qualcuno non riesca a tranciare molti cavi contemporaneamente, un attacco di questo genere non crea problemi irreparabili, ma sicuramente ha dei costi.

Ad ogni modo, l’invasione russa dell’Ucraina ha avuto delle conseguenze anche in questo campo. Oggi si parla, infatti, molto di più della necessità di alzare le difese delle reti interconnesse, dell’importanza di un’autonomia strategica e di come proteggere le infrastrutture critiche. Per esempio, a luglio la Marina militare italiana ha firmato il protocollo d’intesa con Sparkle per la protezione dei cavi di telecomunicazione sottomarini, prevedendo a tal fine sia attività di ricerca che procedure operative condivise. Nel resto d’Europa ci si muove ancora un po’ in ordine sparso. La Difesa di Londra punta, per esempio, sull’utilizzo di navi che sorvegliano gli oceani, mentre la Francia ha stanziato fondi per veicoli militari subacquei senza equipaggio.

In conclusione, i cavi sono la spina dorsale della comunicazione digitale, ma sono vulnerabili sia per questioni politiche che strutturali. Tuttavia, i diversi player in campo hanno ormai acquisito la consapevolezza del valore strategico di queste infrastrutture e si stanno muovendo sia per diversificare le vie di comunicazione che per proteggere i cavi già esistenti, così da tutelare la loro sovranità digitale.

Puoi ascoltare qui le altre puntate di Geopod, il podcast di geopolitica.

Elisa Campisi

SONO GIORNALISTA PRATICANTE PER MASTERX. MI INTERESSO DI POLITICA, ESTERI, AMBIENTE E QUESTIONI DI GENERE. SONO LAUREATA AL DAMS (DISCIPLINE DELL’ARTE DELLA MUSICA E DELLO SPETTACOLO), TELEVISIONE E NUOVI MEDIA. HO STUDIATO DRAMMATURGIA E SCENEGGIATURA, CONSEGUENDO IL DIPLOMA TRIENNALE ALLA CIVICA SCUOLA DI TEATRO PAOLO GRASSI.

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