Geopod Ep. 15 – Come la Turchia è diventata mediatrice nel conflitto ucraino

L’11 dicembre il presidente turco Erdogan ha avuto gli ultimi due di una serie di colloqui telefonici: uno con Vladimir Putin e l’altro con il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky. Fin dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, la Turchia si è posta come mediatrice tra i due Paesi, ottenendo risultati importanti, come per esempio l’accordo per il passaggio del grano nel mar Nero, che lo scorso luglio riaprì i porti ucraini. Sebbene la strategia di Erdogan non abbia portato i leader dei due Paesi in guerra uno di fronte all’altro, il presidente turco ha guadagnato un ruolo centrale sia all’interno della Nato che nel panorama internazionale, riconosciuto da tutti come l’unico che può vantare un canale di dialogo sia con Mosca che con Kiev. Ma come ci siamo arrivati? Quali sono le tappe diplomatiche e le condizioni che hanno normalizzato questo ruolo della Turchia a livello internazionale?

La Turchia ha ottenuto un ruolo da mediatrice nel conflitto tra Ucraina e Russia, avvallato dai Paesi alleati Nato. In questa puntata cercheremo di capire come il presidente Erdogan ha giocato le sue carte e quali sono gli obiettivi strategici del Paese. Per farlo oggi ho invitato qui un mio collega, Thomas Fox, che in questi anni ha seguito l’ascesa della Turchia sul piano diplomatico. Benvenuto. Allora ti rigiro la domanda. Quali sono gli aspetti o i momenti fondamentali che hanno portato a questo stato delle cose? Come Erdogan si è costruito questo ruolo?

Thomas Fox: Si è arrivati a questa situazione attraverso un processo avvenuto negli ultimi anni, sostanzialmente a partire dal 2016, anno del tentato golpe contro Erdogan. Da allora la Turchia ha incrementato i suoi legami con la Russia ponendosi in una sorta di posizione di equidistanza tra la Russia da un lato e la Nato, cioè Stati Uniti, dall’altro lato. La Turchia è un paese Nato, oltre a essere da tanti anni un candidato all’Unione Europea, ma intrattiene importanti relazioni con Mosca. Certo, Turchia e Russia sono anche due paesi in forte competizione geopolitica in numerosi teatri: Libia, Siria, Nagorno-Karabakh… Ma allo stesso tempo intrattengono un rapporto di cooperazione. Ad esempio, la Russia è il terzo partner commerciale della Turchia e il suo primo fornitore di gas, coprendo il 33% dell’import turco. Quindi relazioni commerciali ed energetiche. Ma anche militari, basti pensare al fatto che la Turchia ha comprato il sistema di difesa missilistico S400 dalla Russia: cioè un paese Nato che compra armi dal nemico contro cui la Nato è stata fondata. Poi c’è anche un’affinità di vedute tra Putin e Erdogan, entrambi leader autoritari e revisionisti rispetto all’ordine unipolare a guida statunitense. Quindi si è verificato un progressivo avvicinamento tra Ankara e Mosca. E se il rapporto è sbilanciato a favore della Russia in una sorta di interdipendenza asimmetrica a favore di Mosca, è anche vero che negli ultimi mesi la Russia è diventata sempre più dipendente dalla Turchia ed è per questo che la tiene in così grande considerazione e le permette anche di mediare nel conflitto russo ucraino. Ci sono molte ragioni dietro questa crescente dipendenza di Mosca da Ankara. Ma la principale probabilmente risiede nel controllo della Turchia sugli stretti del Bosforo e dei Dardanelli. Questi stretti vengono regolati dalla Convenzione di Montreux del 1936 che assicura ampia discrezionalità alla Turchia. E costituiscono per la Russia l’unico passaggio per uscire dal Mar Nero e accedere ai mari caldi – cioè i mari navigabili in tutto l’anno, anzitutto il Mediterraneo. Banalmente si può pensare a quanto successo lo scorso 29 agosto, quando la Russia ha spostato dalla Siria verso l’Ucraina una nave commerciale carica di batterie S300: ecco, in quel caso la Russia ha dovuto chiedere il permesso della Turchia per passare attraverso gli Stretti.

La geografia gioca sempre un ruolo fondamentale nella geopolitica, ma come accennavi già prima il quadro è molto più complesso e tra i due Paesi c’è sicuramente un’interdipendenza. Infatti, l’ultima telefonata con Putin, come si evince dai comunicati delle rispettive presidenze, è stata in realtà l’occasione per parlare non tanto di Ucraina, ma di gas e lotta al terrorismo. Continuano i negoziati sulla proposta avanzata lo scorso ottobre da Putin di creare in Turchia un hub per le esportazioni di gas russo dopo il danneggiamento degli oleodotti Nord Stream. Questo non permetterebbe alla Russia di aggirare le sanzioni della Commissione europea e alla Turchia di ottenere da parte del Cremlino il lascia passare sulla necessità di “ripulire” il Nord della Siria dalle milizie curde? Richiesta che finora ha incontrato la resistenza di Mosca.

Thomas Fox: Sì. La Turchia grazie a questo sforzo diplomatico può ottenere importanti concessioni da Mosca in altri teatri, ad esempio nel contesto siriano. Basti pensare a quanto successo lo scorso mese, quando i turchi hanno lanciato un’offensiva aerea nella Siria Settentrionale contro il Rojava, cioè il Kurdistan siriano, in seguito al famoso attentato a Istanbul in cui sono morte sei persone. Non è certo il primo attacco turco contro basi del Pkk, ma in questo caso gli aerei turchi si sono spinti dentro il territorio siriano senza che si levassero caccia russi a difesa del territorio (tenendo conto che la Russia sostiene Assad ed è almeno formalmente nemica della Turchia del teatro siriano). Insomma, Mosca ha acconsentito all’ultima offensiva turca proprio perché ha bisogno della Turchia e dei suoi sforzi di mediazione nel contesto ucraino. Dunque, grazie alla sua attività diplomatica Ankara potrebbe ottenere il via libera di Mosca a un’ulteriore offensiva – anche di terra – contro il Pkk nella Siria settentrionale. E dunque potrebbe completare quella zona cuscinetto che Ankara ha creato nella Siria settentrionale e che però al momento risulta ancora spezzata in due parti (una ovest è una est del fiume Eufrate).

Tutte queste azioni hanno degli obiettivi di politica estera, come hai spiegato, ma ci sono sicuramente anche delle implicazioni all’interno del Paese sia sul piano politico che sociale. Tra le motivazioni che spingono Erdogan a cercare credibilità all’esterno c’è la questione economica. La lira è fortemente svalutata, l’inflazione ha toccato l’85%, il forte aumento del costo dei beni di prima necessità e il conseguente peggioramento degli standard di vita, che colpiscono in particolar modo i ceti medio-bassi, continuano ad accrescere il malcontento della popolazione e a giugno 2023 il Paese va al voto per scegliere il Parlamento e il Presidente. Erdogan si candida nuovamente, ma come arriva a queste elezioni?

Thomas Fox: Non ci arriva benissimo, e rischia anche di non venir rieletto Presidente. Questo perché, come tu hai ricordato, la situazione economica è piuttosto problematica e costituisce una fonte di malessere per il popolo turco. Quindi, queste operazioni oltreconfine e questi sforzi diplomatici potrebbero servire anche a distrarre l’opinione pubblica turca dai problemi economici del Paese. Inoltre, a parte l’Hdp (il partito filocurdo), i principali partiti di opposizione hanno creato una piattaforma politica comune per sfidare l’attuale Presidente. Certo, al momento non è ancora chiaro chi possa rappresentare un candidato con un carisma tale da poter vincere contro Erdogan alle elezioni presidenziali. Però ormai da molti mesi i sondaggi danno l’Akp fortemente ridimensionato, e anche l’indice di gradimento nei confronti di Erdogan è in calo quasi costante. Dunque le elezioni del giugno 2023 saranno una bella sfida e la situazione sarà da monitorare più attentamente.

In conclusione, abbiamo visto che a partire dal 2016 c’è stato un progressivo avvicinamento tra Russia e Turchia, tanto che Ankara, pur avendo una forte dipendenza economica ed energetica da Mosca, è diventata una potenza da cui la Russia adesso non può prescindere per i suoi obiettivi di politica estera. La Turchia è riuscita quindi a ritagliarsi questo ruolo proprio perché è l’unico Paese Nato che può vantare questo rapporto privilegiato con la Russia.

Puoi ascoltare qui le altre puntate di Geopod, il podcast di geopolitica.

Elisa Campisi

SONO GIORNALISTA PRATICANTE PER MASTERX. MI INTERESSO DI POLITICA, ESTERI, AMBIENTE E QUESTIONI DI GENERE. SONO LAUREATA AL DAMS (DISCIPLINE DELL’ARTE DELLA MUSICA E DELLO SPETTACOLO), TELEVISIONE E NUOVI MEDIA. HO STUDIATO DRAMMATURGIA E SCENEGGIATURA, CONSEGUENDO IL DIPLOMA TRIENNALE ALLA CIVICA SCUOLA DI TEATRO PAOLO GRASSI.

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