QUINTA PUNTATA: LE ELEZIONI IN TURCHIA PER IL FUTURO DELLA DEMOCRAZIA
- L’esito delle elezioni in Turchia del 14 maggio 2023
- Chi sono Erdogan e Kilicdaroglu?
- La repressione del dissenso
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Buongiorno a tutti,
io sono Giulia Zamponi, giornalista di MasterX, la testata del Master in Giornalismo IULM e questo è Fuori, il mondo oltre i nostri confini, un podcast che parla di esteri.
È giovedì 18 maggio 2023. Benvenuti alla quinta puntata. Oggi parleremo delle elezioni in Turchia che si sono svolte lo scorso weekend e quanto siano importanti per il futuro della democrazia in tutto il mondo.
“Crediamo fortemente che continueremo a servire la nostra nazione nei prossimi 5 anni” sono le parole di speranza di Recep Tayyip Erdogan.
“I risultati parziali hanno mostrato che Erdogan non ha raggiunto il voto di fiducia che si sarebbe aspettato dalla società”, queste invece quelle di Kemal Kilicdaroglu, il principale oppositore del ‘Sultano’.
Le elezioni presidenziali in Turchia, che si sono svolte domenica scorsa, 14 maggio, si sono concluse con un nulla di fatto: si andrà al ballottaggio. La partita si deciderà domenica 28 maggio con il secondo turno di votazioni.
Dopo esser stato scrutinato il 99,4% di schede, il presidente uscente turco Erdogan è in vantaggio con il 49,4% dei voti contro il 45% del leader dell’opposizione Kilicdaroglu. Il terzo candidato, Sinan Ogan, rappresentante di una piccola coalizione di partiti di estrema destra, ha raggiunto il 5,2% dei voti. Ogan ha costruito la sua campagna elettorale contro i 4 milioni di migranti siriani che sono arrivati in Turchia dopo l’inizio del conflitto civile nel paese. L’ultimo candidato invece, Muharrem Ince, si è fermato allo 0,4%, ritirandosi dalle elezioni pochi giorni prima.
Erdogan è al governo da circa 20 anni, come mai nessuno prima di lui, inizialmente come primo ministro e poi come presidente per due mandati consecutivi, ed è il leader del partito AKP, Partito Islamico di Giustizia e Sviluppo, mentre Kilicdaroglu è a capo del Partito popolare repubblicano (CHP), che guida una coalizione per la prima volta di sei partiti, la cosiddetta tavola dei sei. Il CHP è il partito secolarista della nazione, fondato da Ataturk, fondatore e primo presidente della Repubblica turca, considerato l’eroe nazionale turco e il padre della Turchia moderna.
Il leader dell’opposizione, nominato Gandhi Kemal, per la sua somiglianza con il Mahatma indiano, ha trionfato in gran parte del sud est del paese a maggioranza curda e nelle città della costa egea e mediterranea. Erdogan invece, a sorpresa ha vinto nelle regioni colpite dal terremoto del 6 febbraio scorso, mentre si credeva che avrebbe perso consensi proprio in quelle zone, a causa dei ritardi nelle operazioni di soccorso e del mancato rispetto della norma edilizia.
Un dato fondamentale è l’affluenza record che si è registrata. I 64 milioni di elettori hanno risposto in massa: l’88,4% di cittadini turchi si è recato alle urne e c’è stato anche un numero altissimo di voti arrivati dai seggi esteri. “Questo equivale a un trionfo della democrazia”, avrebbe pronunciato il Reis. Durante lo spoglio però, ci sono state grandi polemiche: infatti l’opposizione ha messo sotto accusa l’agenzia stampa di stato turca Anadolu dicendo che comunicava appositamente i risultati per far apparire Erdogan saldamente in vantaggio, e ritardando così il conteggio dei voti che provenivano dalle aree favorevoli a Kilicdaroglu. L’agenzia giornalistica era stata già in passato al centro di polemiche per aver rivelato solo i voti favorevoli al Sultano: all’inizio dello spoglio lo dava largamente oltre il 50%. Ma man mano che affluivano i voti, le cifre si sono abbassate. Kilicdaroglu ha invitato i suoi sostenitori a non lasciare i seggi e a proteggere le urne per evitare manipolazioni da parte del governo. Ha richiesto anche il conteggio nei seggi in cui il suo partito aveva perso. Questo è fondamentale per capire quanto sia importante la democrazia in un paese come la Turchia, devastata dal terremoto che ha provocato oltre 51 mila vittime e 3,3 milioni di sfollati, e che sta affrontando una crisi economico-finanziaria di enormi proporzioni, aggravata dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina.
Nel paese si è votato anche per le elezioni parlamentari, per rinnovare l’Assemblea nazionale: lì c’è stata la vittoria ormai annunciata di Erdogan che ha oltrepassato il 50% delle preferenze.
“Vedrete, la primavera tornerà in questo paese se Dio vorrà e durerà per sempre”, si augura Kilicdaroglu che si fa promotore di una promessa di democrazia e portavoce di persone per le quali il voto rappresenta una questione di vita e di morte. Una riconferma di Erdogan infatti secondo loro, metterebbe fine all’indipendenza della magistratura e ucciderebbe i diritti umani. Il programma dell’opposizione prevedrebbe riforme sostanziali sulla libertà di stampa e il ripristino dello Stato di diritto.
Erdogan detiene ormai il controllo totale dell’informazione e ha a disposizione il 90% dei mezzi di comunicazione, arrivando anche a introdurre una serie di regolamenti per limitare i media digitali per combattere secondo lui, la disinformazione. Questo ha portato alla chiusura di Eksi Sozluk, il social network turco più popolare.
Si conclude qui questa puntata, grazie per aver seguito Fuori! Appuntamento alla prossima settimana con le notizie dal mondo!