Resistenza e settima arte. I classici del cinema per celebrare il 25 Aprile

Il cinema italiano ha raccontato «quasi in diretta» l’eredità della Resistenza e delle ragioni che l’hanno provocata. I film appartenenti al movimento cinematografico del Neorealismo, infatti, «sono veri e propri figli di quell’esperienza». 

Abbiamo chiesto al docente di Storia del Cinema dell’Università Iulm, Rocco Moccagatta, i titoli da non farsi mancare per celebrare il 25 Aprile insieme alla settimana arte. 

Roma città aperta, 1945, di Roberto Rossellini
L’attrice Anna Magnani durante l’indimenticabile scena della corsa di Pina

Considerato vero e proprio capolavoro del patrimonio cinematografico della Resistenza, Roma città aperta «è un film che racconta le ultime convulse fasi della guerra e dell’occupazione di Roma da parte dei nazisti», attraverso una rappresentazione realistica della città e dei suoi abitanti e l’utilizzo di attori non professionisti.
La pellicola, rappresentante il primo capitolo della Trilogia della guerra antifascista, segue le vicende di un partigiano, Manfredi (interpretato da Marcello Pagliero), e di un gruppo di personaggi che si oppongono al regime fascista.
È ben nitida nell’immaginario collettivo, l’indimenticabile scena della corsa dell’attrice Anna Magnani, nei panni di Pina, poco prima di essere fucilata dalla Gestapo sotto gli occhi di suo figlio.

Non solo Neorealismo. «Tanta commedia all’italiana» continua Moccagatta «anni dopo, a partire dagli anni 60, ha presupposto la Resistenza tra le ragioni delle parabole spesso sfortunate e ben poco eroiche dei suoi protagonisti». 

Silvio Magnozzi interpretato da Alberto Sordi in una scena del film Una vita difficile

Come in Una vita difficile, di Dino Risi.
In questo film del 1961, Alberto Sordi, nei panni di Silvio Magnozzi, come tanti suoi compagni fa i conti con gli ideali traditi, con l’idea di una rivoluzione disattesa. Tema, questo, di un’altra commedia all’italiana che il docente consiglia: C’eravamo tanto amati, film del 1974 di Ettore Scola. Tutti e tre i protagonisti, ciascuno a titolo diverso, in qualche modo affronteranno il fallimento doloroso della fede rivoluzionaria in cui avevano creduto.

LEGGI ANCHE:

Il generale Della Rovere, 1959, di Roberto Rossellini
Vittorio De Sica nei panni di Emilio Largo in una scena del film “Il generale Della Rovere”

Tratto dal racconto di Indro Montanelli, «questa è una storia legata indirettamente alla Resistenza». Emilio Largo, un piccolo imbroglione, interpretato da Vittorio De Sica, vive di piccole estorsioni ai danni delle famiglie dei detenuti politici. Dopo essere stato scoperto e arrestato, viene incarcerato dalle autorità tedesche sotto l’identità del Generale Della Rovere. Ha un’unica possibilità per salvarsi e riavere la libertà: riuscire a carpire informazioni dai prigionieri politici. Ma sarà proprio lui, abituato a campare sulla miseria degli altri, a fare i conti con la propria coscienza e capire il valore degli ideali della Resistenza. Sposandoli a tal punto da sacrificare per essi la sua stessa vita. «Ecco» spiega Moccagatta «come Sordi e Gassman ne La Grande Guerra, seppur in tutt’altro contesto, anche il grido del personaggio di De Sica è un grido patriottico».

La Resistenza non è assente infine dalla produzione cinematografica contemporanea. Tra i titoli più recenti: Una questione privata, film del 2017 dei fratelli Taviani, tratto dal romanzo di Beppe Fenoglio; Il partigiano Johnny, del 2000, tratto dall’omonimo romanzo di Fenoglio; e Piccoli maestri, del 1997, diretto da Daniele Luchetti, basato sul romanzo omonimo di Luigi Meneghello. 

Non mancano, insomma, i grandi film che ci aiutano a non dimenticare uno dei periodi più drammatici e coraggiosi della storia del nostro Paese. Ma «è molto difficile immaginare un pubblico contemporaneo sensibile a questi film», riflette Moccagatta.
«Soprattutto tra i giovanissimi, perché mi sembra cambiato il sistema di valori che la Resistenza e i film che la rappresentavano un po’ presupponevano. D’altronde, viviamo in un’epoca di grande individualismo. Mentre la Resistenza era fondata su un ideale che era soprattutto collettivo, che voleva riscattare un intero popolo da un ventennio asservito alla dittatura. Questo ideale di fare insieme la rivoluzione, oggi mi sembra una moneta poco corrente».

Serena Del Fiore

Milano, figlia dei 90s e di tanta letteratura. Scrivo (e parlo) di arte, cultura e spettacolo. Quando sono sull'orlo di un esaurimento nervoso penso sempre al posto mio cosa farebbe Woody Allen. Mi pento tutte le volte. Laureata in Comunicazione, Media e Pubblicità con Gianni Canova, nel 2019 sono stata compagna di palco di Beppe Severgnini nello spettacolo teatrale "Diario sentimentale di un giornalista", unendo due grandi passioni: viaggiare e raccontare storie. Ho vissuto a Parigi e New York.

No Comments Yet

Leave a Reply