Martedì 5 dicembre, il Senato ha approvato all’unanimità, con 139 voti, la legge sul cosiddetto “oblio oncologico”. Si tratta di un traguardo importante, perché riconosce a coloro che sono guariti da malattie di natura oncologica il diritto di non rivelare informazioni sulla patologia pregressa.
Cosa prevede la legge
Fino ad oggi gli ex pazienti oncologici potevano incontrare forme di discriminazione anche a distanza di molti anni dal completamento della terapia. Il motivo era il loro apparentemente precario stato di salute che, unito all’eventualità di una recidiva, scoraggiava – per esempio – prestiti, adozioni, mutui e assunzioni per concorso nei loro confronti. Il calvario del tumore continuava, dunque, anche una volta guariti.
Dopo aver definito l’oblio oncologico, il testo della legge appena approvata tutela la persona guarita da possibili discriminazioni. In modo specifico quelle in ambito finanziario, bancario e assicurativo, oltre che nelle procedure di accertamento dell’idoneità all’adozione e nell’accesso ai concorsi. Tutelare queste persone significa vietare ogni domanda o inchiesta sulla patologia e, di conseguenza, impedire ogni tipo di esclusione o rifiuto che sia motivato da una diagnosi di tumore ormai superata.
La diagnosi di guarigione
Come dire però se un paziente oncologico è davvero guarito? Per la maggior parte delle forme tumorali, in base a quanto indicato nel testo di legge approvato, è riconosciuto come guarito il paziente che abbia concluso il trattamento attivo, senza episodi di recidiva, da più di dieci anni. Per coloro che abbiano ricevuto invece una diagnosi di tumore prima dei 21 anni, la legge ritiene sufficienti cinque anni dalla fine del trattamento.
La necessità di una definizione normativa era molto sentita. Spesso accade che i pazienti si trovino tra due fuochi incrociati, perché risultano guariti per alcuni contesti e non per altri. Come spiegato da Elisabetta Valleri, presidente del comitato foggiano dell’ANDOS (Associazione Nazionale Donne Operate al Seno). «È una situazione paradossale, perché se non hai recidive, dopo 5 anni non godi più dei diritti della legge 104. Ma economicamente continui ad avere questa sorta di marchio che non ti permette di accedere ai prestiti».
Quanti sono coinvolti e chi rimane escluso
In Italia sono oltre 3 milioni le persone che hanno ricevuto una diagnosi di tumore. Quasi un milione di queste hanno completato il processo di guarigione, continuando a subire forme di discriminazione. A questo proposito, nel gennaio 2022 la Fondazione AIOM (Associazione Italiana Oncologia Medica) aveva promosso una campagna nazionale dal titolo “Io non sono il mio tumore”. L’obiettivo era spronare gli organi legislativi ad adeguare il Paese alle normative in materia già vigenti in Francia, Belgio, Lussemburgo, Portogallo e Olanda.
La legge, tuttavia, comporta inevitabilmente delle esclusioni. «Non riguarda chi non può ancora essere considerato guarito dal cancro – spiega l’avvocato Elisabetta Iannelli, vicepresidente dell’Associazione italiana malati di cancro (Aimac) – perché non è ancora trascorso un certo numero di anni […] dalla fine dei trattamenti antitumorali e dall’ultima evidenza di malattia. Questo è il concetto chiave, non si tratta di discriminazione, ma di precisi criteri medici». Per quanto questi criteri siano condivisi dalla comunità scientifica internazionale, però, non mancano le polemiche, come riportato più avanti.
Le tappe del provvedimento
Le numerose associazioni per la tutela dei malati oncologici hanno sicuramente pesato nel percorso che ha portato al risultato di ieri pomeriggio. La legge arriva infatti a seguito di un lungo iter. Il cui inizio può essere indicato in una risoluzione del Parlamento europeo risalente al 16 febbraio 2022, che chiedeva a tutti i Paesi europei la garanzia del diritto all’oblio oncologico entro il 2025.
Nello stesso anno, il 29 giugno, era cominciato l’esame in Commissione Giustizia del disegno di legge n. 2548, depositato dalla senatrice Paola Boldrini (PD), allora vicepresidente della Commissione Sanità. A più di un anno di distanza, il 3 agosto 2023, la notizia del sì unanime alla Camera dei Deputati, seguita ieri dallo stesso risultato al Senato.
Le reazioni della politica
La notizia del definitivo via libera ha incontrato il plauso di tutte le forze politiche, testimoniata una volta di più dall’unanimità con cui la proposta di legge è stata approvata sia alla Camera che al Senato. Il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha parlato di «una legge di civiltà che il governo ha fortemente sostenuto», provvedendo a ringraziare tutti i parlamentari presenti alla votazione.
Anche la premier Giorgia Meloni, ha espresso la sua approvazione: «Accolgo con grande gioia l’approvazione all’unanimità della proposta di legge parlamentare sull’oblio oncologico. Una norma di civiltà, che cancellerà quelle umilianti e ingiuste discriminazioni che pesavano sulle persone guarite da patologie oncologiche. Grazie a tutte le forze politiche che hanno consentito di raggiungere oggi questo obiettivo».
Una legge che non accontenta tutti
C’è anche però chi non è rimasto soddisfatto delle specifiche della legge. È il caso di Carolina Marconi, showgirl venezuelana naturalizzata italiana, nota per aver partecipato come concorrente alla quarta edizione del Grande Fratello e, più di recente, alla settima edizione del Grande Fratello VIP. Oggi, accanto all’attività televisiva e imprenditoriale, la Marconi si batte insieme alla Fondazione AIOM, raccontando anche del tumore al seno diagnosticatole nel 2021 e dal quale è da poco guarita.
Intervistata da La Stampa sia dopo l’approvazione alla Camera che dopo l’ok del Senato, la Marconi ha manifestato una certa delusione. «Sono tutti contenti perché non hanno letto la legge o non sanno cosa comporti nella realtà», ha spiegato. «Sicuramente è un piccolo passo avanti ma sono delusa. Si sono anteposti gli interessi di banche e assicurazioni rispetto al diritto di ricominciare a vivere». La showgirl giudica i tempi previsti dal testo di legge troppo lunghi: «Io avrei voluto adottare ma non posso perché devo aspettare 10 anni: questa è la legge. Dieci anni per ricominciare a vivere».
A cura di Davide Aldrigo