Due morti e tre dispersi. Questo è il bollettino del naufragio occorso nella notte tra sabato 17 e domenica 18 febbraio al largo delle coste dell’isola di Malta. All’allarme dato dal servizio Alarm Phone hanno risposto la nave Geo Barens e l’Ong Medici Senza Frontiere.
Secondo i dati raccolti dal Missing Migrants Project, iniziativa avviata nel 2014 dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), si tratta della ventinovesima tragedia nel Mediterraneo dall’inizio dell’anno. E la stima di morti e dispersi durante la traversata dal Nord Africa si attesta attorno alle 180 unità.
Il naufragio di domenica
Allertata della presenza di un’emergenza in acque maltesi, nella notte tra sabato 17 e domenica 18 febbraio la nave Geo Barens ha compiuto due operazioni di soccorso in breve tempo. Dapprima, è giunta in aiuto delle 60 persone a bordo di un’imbarcazione in pericolo. Di queste, una era già morta prima dell’arrivo degli aiuti. Mentre una seconda è deceduta poco dopo il soccorso.
In seguito, la Geo Barens ha fornito assistenza a 19 persone che, costrette ad abbandonare la barca su cui stavano viaggiando, avevano trovato ricovero su una piattaforma petrolifera in mezzo al mare. Di questo secondo equipaggio, tre persone risultano disperse.
L’intervento dei soccorsi ha evitato danni ulteriori. Al termine dell’operazione un portavoce di Medici Senza Frontiere ha dichiarato: «Abbiamo chiesto di sbarcare nel luogo sicuro più vicino possibile per garantire una sepoltura dignitosa alle persone decedute e cure adeguate e rapide ai sopravvissuti».
Un cimitero subacqueo
Nelle ultime settimane, il tema dell’ecatombe mediterranea sembra essere scomparso dai radar di molti media. Eppure, continua a essere di grande attualità, nonostante i numeri relativi a sbarchi e decessi non siano comparabili a quelli dei mesi più caldi degli scorsi anni. Dati forniti dal Missing Migrants Projects mostrano come nel 2024 la rotta del mare nostrum non abbia rivali in termini di vittime. Con circa 180 tra morti e dispersi, il Mediterraneo è il canale migratorio più letale a livello globale.
Al secondo posto si colloca la tratta che collega il Sudamerica (Venezuela, Ecuador, Panama, Messico) agli Stati Uniti, con 76 vittime nel primo mese e mezzo di quest’anno. A seguire, rotte meno fatali come gli itinerari migratori in Africa (20), quelli via terra in Europa (9), quelli nel sud-est asiatico (4) e quelli in Medio Oriente (3).
Quasi dieci anni di un tragico primato
Dal 2015 sono oltre 29 mila le tombe in fondo al Mediterraneo. Si tratta di un record negativo per la rotta che collega il Nord Africa all’Europa. In questi otto anni nessun’altra regione del globo ha conosciuto una simile quantità di decessi per cause connesse alla migrazione.
Gli spostamenti in Africa hanno portato a più di 14 mila morti. Sulla rotta alla volta degli Stati Uniti hanno perso la vita oltre 9 mila persone. I migranti deceduti nell’Asia sud-orientale sono quasi 7 mila, quelli in Medio Oriente poco meno di 3 mila, mentre quelli che si muovono all’interno dei confini europei più di 1.100.
Anniversario di Cutro
A quasi un anno dal naufragio avvenuto nelle acque a largo di Steccato di Cutro, domenica 18 febbraio nel comune crotonese si è tenuta una processione in memoria delle 94 vittime e dei dodici dispersi. Si tratta del primo anniversario commemorativo della tragedia della notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023, quando un’imbarcazione partita dalla Turchia con a bordo circa 200 persone è stata risucchiata dalle onde, a poche miglia dalla costa calabrese.
A guidare la via crucis diocesana, il parroco di Steccato di Cutro, don Pasquale Squillacioti. «La Via crucis ci porta a interrogare le nostre coscienze e domandarci: io, cosa posso fare?», ha dichiarato il sacerdote a margine del momento di preghiera. E ha poi aggiunto: «è per noi cristiani il messaggio della speranza. È quello di non arrenderci, di fare memoria».