Il 6 febbraio è la giornata mondiale della lotta contro la mutilazione genitale femminile (MGF). Secondo i dati dell’UNICEF, sono 200 milioni le donne che hanno subito mutilazioni genitali nel 2023. L’Africa è di nuovo il primo paese a seguire questa pratica. Nonostante ciò, il continente africano non è l’unico interessato. I dati ONU sostengono che 4 milioni e mezzo di donne rischiano di subire la mutilazione genitale nel resto del mondo nel 2024.
Dove è in uso la pratica?
La pratica della mutilazione femminile va contro i diritti umani. Prevede la rimozione, senza anestetici, di una parte dei genitali esterni femminili non per motivazioni mediche. Principalmente si pensa che la pratica sia in uso in Africa e in Medio Oriente, ma in realtà la mutilazione femminile è più diffusa di quanto si creda. Infatti, secondo i dati UNICEF, viene praticata in trenta paesi africani, in paesi mediorientali, in alcuni paesi dell’Asia e dell’America Latina. Ma ci sono diversi episodi anche in Europa. A proposito, sembra che siano 600 mila le donne mutilate che vivono in Europa e che ce ne siano 180 mila a rischio in tredici paesi del vecchio continente.
Perché si pratica la mutilazione?
Le teorie sulle motivazioni che spingono a questa pratica sono tantissime, eppure la nascita della mutilazione femminile rimane avvolta nel mistero. Va scardinata, però, l’idea che si tratti di una pratica islamica. La mutilazione dei genitali femminili è una pratica delle società pre-islamiche, che si collega a un uso prettamente culturale e non religioso. Sostanzialmente, si pensa che la circoncisione femminile assicuri la castità della donna fino al matrimonio. Allo stesso tempo, è diffusa anche l’idea che la pratica possa rendere le donne più fertili.
C’è anche una motivazione relativa alle cure igieniche: si pensa che la mutilazione possa consentire una maggiore pulizia degli organi femminili. Ovviamente sia la teoria secondo la quale la circoncisione femminile prevenga la perdita della verginità, così come possa favorire la fertilità della donna, sono state ampiamente negate. Studi medici hanno dimostrato come la mutilazione possa provocare danni fisici irreparabili alle donne, compresa la perdita completa della fertilità. La circoncisione femminile può, tra l’altro, causare delle vere e proprie disabilità a lungo termine alle donne, come difficoltà a urinare e un eccessivo sanguinamento.
La prevenzione
Come si può quindi diminuire questa pratica che sembra ancora in vigore? Scegliere il 6 febbraio come giornata mondiale per l’eliminazione di questa pratica è importantissimo, perché è un primo passo per sensibilizzare la popolazione e aumentare l’impegno. L’informazione, in questo senso, gioca un ruolo fondamentale. È proprio su questo aspetto che si concentrano le varie associazioni impegnate per la causa.
Tra queste c’è AMREF, un’associazione nata in Africa e che oggi opera in tutto il mondo. Grazie all’impegno di AMREF la mutilazione genitale femminile è diminuita del 24%. Anche l’Italia è impegnata alla lotta contro la mutilazione femminile, alcuni esempi si trovano a livello regionale. L’Emilia-Romagna si sta impegnando per la raccolta di fondi da mandare direttamente nei paesi soggetti. Ma anche la città di Firenze ha deciso di aprire un centro apposito per il sostengo alle donne vittime di questa pratica.