Fentanyl, confische record. I narcos puntano sul traffico di umani

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Il 15 settembre 2023, il governo del Messico ha ordinato l’estradizione negli Stati Uniti di Ovidio Guzman Lopez, uno dei più potenti e influenti narcotrafficanti. Una piccola mossa entro uno scacchiere ben più ampio che vede impegnate le forze dell’ordine messicane e americane nella medesima battaglia. Quella contro la produzione e il traffico del fentanyl, la droga più letale in circolazione.

Mai così tante confische

Tra ottobre 2022 e settembre 2023, la statunitense Customs and Border Protection (CBP) ha sequestrato oltre 12mila chili di fentanyl al confine con lo stato messicano di Sonora. Quasi il doppio rispetto ai due anni precedenti. Sintomo di una perlomeno parziale efficacia nella lotta contro i narcos.

Lo stato messicano di Sonora, nell’estremo settentrione del Paese

A partire dal fatto che sempre più organizzazioni criminali tentano di sfruttare il confine con l’Arizona per i loro traffici. Solo nell’ultimo marzo , la CBP ha bloccato oltre 5 milioni di pillole nel porto di Nogales. E gli interventi avvengono quasi quotidianamente. Il 21 marzo 2023, il Department of Homeland Security (DHS) ha annunciato l’inizio dell’Operazione Blue Lotus. Uno sforzo combinato tra CBP, DHS, agenti federali, statali e locali che ha come terreno di manovra proprio i porti di ingresso nel sud degli Usa.

In passato la porta di ingresso privilegiata verso gli States era la California, che era protagonista di circa il 60% delle azioni anti-traffico. Una tendenza che si sta invertendo. Perché questo cambio di rotta? Secondo alcuni ufficiali e portavoce del CBP, il motivo non sta in un cambio a livello operativo delle forze frontaliere. Bensì nell’adozione di tecnologie sempre più accurate.

Uno sforzo da 500 milioni di dollari che ha permesso di montare nelle dogane dei particolari device. Sono chiamatiportali multi-energetici’. In poche parole degli enormi scanner che, grazie a onde energetiche ad alta intensità, permettono agli agenti di ispezionare quasi il 100% delle automobili e dei camion che entrano in territorio americano. Senza creare eccessivi ingorghi per il tempo che un’attenta analisi di persona richiederebbe.

Un camion passa attraverso lo scanner alla dogana di Laredo, in Texas

Al porto di Nogales, nella prima settimana dopo l’installazione di questa innovazione, sono state effettuate 18 confische di fentanyl per un totale di quasi 450 chilogrammi.

La decisione dei Chapitos

Ma, sebbene i dati siano inequivocabili, non tutti sembrano convinti che questo netto miglioramento nella sicurezza interstatale sia uno sviluppo positivo. Anche perché un aumento di sequestri di fentanyl significa una sola cosa. Che la droga sintetica la si continua a produrre, forse ora più che mai. E che quel raddoppiamento di confische non è altro che una goccia d’acqua in un oceano difficilmente arginabile.

E qui è bene tornare all’inizio. A Ovidio Guzman Lopez. Il padre è il celebre narcotrafficante Joaquin El Chapo Guzman Loera, ex leader del Cartello di Sinaloa. Ovidio – insieme ai tre fratelli Ivan Archivaldo, Jesus Alfredo e Joaquin – ha preso le redini di una parte dell’organizzazione. Si fanno chiamare Los Chapitos, i piccoli capi. La loro specialità? Contrabbando di fentanyl. Nessuno è meglio di loro in questo.

I quattro ‘Chapitos’. Da sinistra: Ivan Archivaldo, Ovidio, Joaquin e Jesus Alfredo

O almeno era così fino a poco tempo fa. Fino a quando il governo americano non ha accelerato gli sforzi per perseguire i grandi narcos. Tra questi i Chapitos. L’arresto e l’estradizione di Ovidio verso Chicago sono stati un duro colpo per il cartello. Che, in tutta risposta, ha deciso di abbassare i toni del suo scontro con le autorità. Per questo, ha ufficialmente ordinato lo stop della produzione e del traffico di fentanyl dentro gli stati messicani di Sinaloa e Sonora. Forse solo una misura temporanea in attesa che le forze americane tornino ad abbassare la guardia.

Un cartello appeso nel nord del Messico. Sopra è stampato un messaggio dei Chapitos con cui annunciano il divieto di produzione e traffico di fentanyl
Chi ha preso il posto dei ‘capetti’?

La decisione sicuramente ha avuto un impatto sul mercato della droga, primo tra tutti l’aumento dei prezzi in corrispondenza di una netta diminuzione della reperibilità. Non è però ancora chiaro come il bando alla produzione di fentanyl abbia influenzato il traffico d’oltre frontiera. E in questa nebulosità è facile leggere le accese rivalità tra le varie organizzazioni criminali. Se il Cartello di Sinaloa fa un passo indietro, ci sono altre due o tre organizzazioni pronte a riempire il vuoto e a sfruttare ogni opportunità di business.

E questa logica vale anche per il fentanyl. Se non lo producono più i Chapitos – ed è un ‘se’ grande come una casa – il loro posto è preso da altre bande. Una situazione deducibile da diversi elementi. La purezza della droga confiscata è molto varia, da quella più ‘di qualità’ a quella più scadente. Indicando che ci sono molti produttori, di altrettanti gruppi, e che viene utilizzato un metodo di produzione non standardizzato.

Un deposito in Arizona dove la DEA ha trovato 41 chili di olvere di fentanyl e 630mila pillole. Alcune delle droghe erano timbrate con parole come ‘Chapiza’ o ‘Ratòn’, che fanno riferimento rispettivamente ai Chapitos e a Ovidio Guzman

I prezzi non rimangono fissi. Solitamente ad alta disponibilità equivale un abbassamento del costo. E viceversa, un innalzamento dell’importo avrebbe indicato l’influenza della decisione dei Chapitos. Nel caso delle pillole di fentanyl, però, la situazione rimane confusa: si varia dai 0.35 dollari ai 20 dollari. Per di più, a Sinaloa – il cuore produttivo della droga – i prezzi sono calati spaventosamente. Nel 2022 la vendita all’ingrosso stabiliva intorno a 9mila dollari il valore di un chilo di fentanyl. Oggi, quel valore è precipitato a 3mila.

Una vera e propria inondazione di pasticche, che diventano sempre più pericolose. Uno studio della US DEA (Drug Enforcement Administration) ha dimostrato che sette pastiglie confiscate su dieci contenevano una dose letale di fentanyl al loro interno (intorno ai due milligrammi). Tre in più rispetto a due anni fa.

Il nuovo obiettivo per i Chapitos: il traffico di umani

La cittadina di Sasabe, sul confine con l’Arizona. Un agglomerato di case come tanti altri nello stato di Sonora. Ma non per i narcos. Quelle zone sono territorio di violentissima contesa tra i Chapitos e il Cartello di Caborca. A pagare dazio, però, sono anche i civili e i loro possedimenti. Case incenerite, strade occupate da uomini armati nel bel mezzo di uno scontro a fuoco. Sono poche le persone che riescono a scappare. «Non si è mai vista una cosa del genere», ammette un locale. «Ma sappiamo che è solo l’inizio».

La piana deserta dove sorge il piccolo centro di Sasabe, nello stato messicano di Sonora

Sasabe, paese da poco più di mille abitanti, è da sempre un avamposto controllato dal Cartello di Sinaloa. Una vera e propria testa di ponte da sfruttare per l’export negli Stati Uniti. Da ottobre, a quanto riferiscono i locali, è teatro di violenza continua. Il Cartello di Caborca vuole assicurarsi la posizione per mantenere vive le rotte di fentanyl verso l’Arizona. I Chapitos, meno interessati – a quanto sembra – a quella tipologia di traffico, vogliono mantenere la gestione dell’area per altri obiettivi. In particolare, il traffico di esseri umani. Un altro business molto redditizio per le organizzazioni criminali.

Un conflitto iniziato a 100 chilometri dal confine nella città di Altar, sempre nello stato di Sonora. Poco meno di 8mila abitanti, ma un centro fondamentale per il contrabbando di persone. Da qui, infatti, il Cartello di Sinaloa gestisce indisturbato affari milionari. Dall’alloggio dei migranti, al loro trasporto attraverso il deserto settentrionale fino alla guida in terra statunitense.

Un business spietato

Il tema dell’immigrazione dal Messico è molto delicato negli Stati Uniti. Quanto più di vicino ci possa essere a un nervo scoperto. Le politiche restrittive hanno reso sempre più comune la scelta di affidarsi alle organizzazioni criminali. Nel 2023, la CBP ha rilevato circa 2,5 milioni di migranti lungo il confine meridionale. L’area in corrispondenza di Sasabe ha registrato il terzo numero più alto. E quanto più sono dure le regole doganali, tanto più i vari cartelli guadagnano.

Un gruppo di migranti è fermato e perquisito dalla polizia di frontiera messicana vicino a Sasabe, Sonora.

Le tariffe vanno dai 3mila dollari per i messicani fino ai 10mila per i sudamericani. Il guadagno è diviso tra tutti gli intermediari del trasferimento, ma si calcola che almeno il 50% finisca nelle tasche del gruppo criminale dominante. E dove ci sono i soldi e ci sono i narcos, c’è violenza. Tra i vari gruppi, e tra i gruppi e le forze dell’ordine. In tutto questo, i locali si dicono completamente intrappolati: a nord dal confine con gli Stati Uniti, a sud dalle zone di influenza dei narcotrafficanti. E talvolta pagano anche con la vita, se scambiati per membri di clan nemici. O anche solo se si trovano nel posto sbagliato al momento sbagliato.

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