Europee 2024, vittoria delle destre in tutto il continente Ecco tutti i risultati

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Le elezioni europee sono solo un grande sondaggio. Lo erano sempre state, o quasi. Al massimo qualche piccolo terremoto interno, qualche riassestamento della maggioranza. O – per dirla all’italiana – qualche giallo-verde che diventa giallo-rosso, qualche Conte I che diventa Conte II. Ma niente di sostanzialmente nuovo: un assaggio degli umori dell’elettorato.

Francia e Belgio dimostrano che anche i tempi stanno cambiando. In un mondo in cui solo il 50,66 % degli aventi diritto esprime la sua preferenza (49,69% nel nostro Paese, record negativo), quasi paradossalmente il voto dei pochi incide ancora di più. O forse in maniera più esplosiva. E intanto il Vecchio Continente si muove lentamente verso un assetto sempre più pendente a destra.

Come ai vecchi tempi?

Per la prima volta più della metà dei cittadini non ha votato: democrazia? Ma al di là dei discorsi più teorici – se si possono davvero definire tali – sono i risultati a parlare. E secondo i dati del Ministero dell’Interno l’Italia sembra tornata alla cara vecchia Prima Repubblica. O, un po’ più tardi, al binomio di contrapposizione formato dal Polo per le Libertà e Movimento dell’Ulivo.

Una democrazia bifronte che vede confermata la presa sull’elettorato da parte della premier Giorgia Meloni. Fratelli d’Italia si ripresenta all’Europa come primo partito italiano (28,80%, in crescita rispetto alle politiche). E Meloni stessa sfonda i 2 milioni di voti nominali. Pur rimanendo lontana da quella quota di 3 milioni raggiunta solo da Silvio Berlusconi nel 1999. Dall’altra parte Elly Schlein e il Partito Democratico (24,03%) confermano di essere la prima forza d’opposizione. Forse l’unica. Anche perché la soglia del 25%, che dalle previsioni sembrava ben lontana, è stata avvicinata rosicchiando le preferenze ai potenziali alleati.

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La leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni che presenta il simbolo del suo partito per le europee 2024

Ed è in primis il Movimento 5 Stelle a pagare dazio. Solo poche settimane fa si parlava di pentastellati in testa a testa col Pd. Il voto dipinge una situazione opposta. Il M5S si impantana appena sotto il 10%, trovandosi a sgomitare con la Lega in crisi (9,1%) e Forza Italia improvvisamente in risalita (9,72%). «Ci davano per morti e siamo ancora vivi», esulta a denti stretti il leader del Carroccio Matteo Salvini. Mentre Roberto Vannacci, discusso candidato leghista, si prenota un seggio a Bruxelles grazie al milione e mezzo di voti nella circoscrizione nord-occidentale. Notevole il successo di Alleanza Verdi-Sinistra (6,62%) mentre delude l’ex Terzo Polo. Né Stati Uniti d’EuropaAzione superano la soglia di sbarramento al 4%.

E l’Europa?

La situazione a livello europeo non è molto dissimile a quella di 5 anni fa. Domina il Partito popolare europeo (186 seggi, +10 rispetto al 2019). Seconda e terza forza i socialdemocratici (S&D) con 135 e Renew Europe con 79 (pur avendone persi 23). Insomma, il ‘Partito von der Leyen’ è destinato a tenere le redini continentali. Da segnalare però la crescita delle due ‘destre’: i Conservatori e Riformisti (Ecr) sono saliti a 73 europarlamentari, così come Identità & Democrazia (Id) ne ha racimolati 58.

La composizione provvisoria dell'Europarlamento alle 16:30 di lunedì 10 giugno
La composizione provvisoria dell’Europarlamento alle 16:30 di lunedì 10 giugno

Grande incognita in ambito europeo rimangono Orbàn in Ungheria, Alternative für Deutschland in Germania e M5S in Italia. Ufficialmente ‘non allineati’ con nessun gruppo europeo, prima o poi dovranno schierarsi. Anche se il loro posizionamento non scalfirà la maggioranza abbondante garantita ai centristi dai loro 403 seggi su 720. «Costruiremo un bastione contro gli estremisti da sinistra e da destra», è il grido di battaglia di Ursula von der Leyen. Pagano 20 rappresentanti rispetto alle ultime europee i Verdi (52 seggi): il Green Deal si è rivelato un boomerang.

Francia (e Belgio) in fiamme

Alle 20:30 a Parigi compare davanti ai microfoni il presidente della Repubblica Emmanuel Macron. «Ho deciso di ridarvi la scelta del nostro avvenire parlamentare attraverso il voto». Scioglimento dell’Assemblea Nazionale ed elezioni anticipate fissate già per il 30 giugno e 7 luglio. Una reazione forse istintiva a una durissima sconfitta elettorale. Non solo per il risicato 14,7% guadagnato dalla sua capolista Valérie Hayer. Ma soprattutto per il 32% di preferenze che Jordan Bardella, pupillo 28enne di Marine Le Pen, ha portato alla destra del Rassamblement National.

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Il 28enne Jordan Bardella, volto della destra francese del Rassamblement National

Malissimo la sinistra transalpina. Il Partito Socialista di Raphaël Glucksmann si è fermato al 14%, i radicali di Jean-Luc Mélenchon non raggiungono neanche il 10%. Certo la legge elettorale francese – costruita su un doppio turno con ballottaggio – renderà quasi impossibile l’elezione di Bardella a primo ministro. In poche parole, chi non vuole la destra al governo si limiterà a turarsi il naso e votare l’altro candidato. «È un pericolo per la nostra nazione, ma anche per la nostra Europa», ha avvisato il presidente. E in questo il tempismo di Macron è stato perfetto: sgonfiare quasi immediatamente il successo di Le Pen. Ma rimane il dubbio che la mossa politica gli si possa rivoltare contro. E le piazze francesi – che ieri sera si sono riempite – possono essere un primo indizio. Non si gridava solo contro l’estrema destra, ma anche «Macron démission!».

Mutatis mutandis, in Belgio la situazione non è dissimile. Con l’aggravante della doppia tornata elettorale (europee e politiche in contemporanea). I liberali di Open Vld, al governo dal 2020, sono risultati addirittura il nono partito. E il primo ministro Alexander De Croo non ha esitato ad annunciare le dimissioni. In testa (anche qui) le destre: Nuova Alleanza Fiamminga e Vlaams Belang.

Germania in bilico

Altro tema viene da Berlino. Qui Alternative für Deutschland di Chrupalla e Weidel diventa la seconda formazione a livello nazionale con il 16%. È la prima volta dal dopoguerra che in Germania un partito di destra radicale raccoglie più consensi di tutti quelli al governo. E il voto che in autunno impegnerà tre Länder orientali (Turingia, Sassonia e Brandeburgo) dovrebbe incoronare ancora di più la crescita vertiginosa dell’AfD.

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Una mappa dell’Europa e del gruppo parlamentare europeo a cui appartiene il primo partito di ogni Paese membro

I socialdemocratici (Spd) del premier Olaf Scholz con il 14% ottengono il peggior risultato della propria storia. I Verdi quasi dimezzano i consensi scendendo al 12%. E i liberali, ultimo schieramento del governo semaforo (rosso-verde-giallo), si limitano al 5%. Esplode al 30,3% l’opposizione di destra moderata. L’alleanza democristiana Cdu-Csu guidata da Friedrich Merz si rilancia con decisione per la prima volta dall’inizio dell’era post-Merkel.

Anche la vicina Austria cede alle tentazioni destrorse. Il Freiheitliche Partei Österreichs (Fpö) di ultradestra stravince con il 27% e raddoppia il suo apporto di seggi a Identità & Democrazia. In attesa di mettere le mani su Vienna nelle elezioni politiche che si terranno tra qualche mese.

Dove la destra non passa

La tendenza agli estremismi non ha attecchito ovunque. La penisola iberica ha ridimensionato gli ultimi successi di Vox (in Spagna) e Chega! (in Portogallo), ribadendo un controllo centrista. Se a Madrid il Psoe del premier Sanchez è sotto di 4 punti rispetto al centrodestra del Partido Popular (30% contro il 34%), a Lisbona è la sinistra a beffare di qualche decimo la destra governativa. Alleanza Democratica si ferma al 31,3% con i socialisti al 32,1%. Chega! dimezza i consensi rispetto alle politiche di marzo, dal 18% al 9,8%.

Musica che si ripete anche nell’Est Europa. In Ungheria Fidesz di Orbàn vince ma non convince. Perde 9 punti percentuali rispetto al 2019 (da 53 a 44%). E vede l’avanzata di Tosza, partito fondato due mesi fa dall’ex fedelissimo – e più moderato – Péter Magyar. In Polonia regge il centrodestra moderato del capo di governo Donald Tusk (38%), mentre in Slovacchia il premier Robert Fico è superato da Slovacchia Progressista. Smer si ferma al 25% contro il 28% del partito di opposizione.

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