PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO, IL CASO DELLA FAMIGLIA NEL BOSCO TRA SOCIALIZZAZIONE E HOMESCHOOLING

Il caso della famiglia nel bosco a Palmoli è da giorni al centro dell’opinione pubblica. A far discutere sono stati due temi: la poca socializzazione dei bambini e l’homeschooling. E proprio le due questioni, insieme alla presunta scarsa igiene del focolare domestico, hanno portato il Tribunale dei minori a chiedere l’allontanamento dei figli dai genitori.

L’importanza delle relazioni con i coetanei

La socialità per i bambini è «fondamentale perché li aiuta nello sviluppo di diverse competenze comunicative e relazionali. – spiega la psicologa dell’età evolutiva Maria Valvassori Bolgé – Inoltre, dà una serie di input a livello cerebrale, utili per maturare competenze di tutti i tipi: migliora il linguaggio, aumentano stimoli e diminuiscono i possibili ritardi nello sviluppo». Il timore è che «venendo buttato nella società senza essere abituato a relazionarsi con gli altri, al bambino possa mancare una serie di competenze fondamentali per entrare in un contesto scolastico o in una cerchia di amici. – prosegue Valvassori Bolgé – E di conseguenza trova difficoltà ad adattarsi alle dinamiche di gruppo».

La prima e la media fanciullezza

La psicologia dello sviluppo insegna che le relazioni sono fondamentali per la crescita completa del bambino. Soprattutto la socializzazione con i coetanei porta allo sviluppo di aspetti sociali, emotivi e cognitivi. In particolare, con quella che viene definita “prima fanciullezza”. Fino ai 6 anni la realtà del bambino è costituita principalmente da genitori, fratelli e nonni, ma per uno sviluppo positivo è necessaria anche l’instaurazione di un rapporto più ampio, fuori dall’ambiente domestico. Ciò accade con la “media fanciullezza”, dai 6 agli 11 anni: frequentare la scuola, corsi sportivi o fare altre attività ludiche permette di confrontarsi con gli altri e con le proprie emozioni (gioia, rabbia, paura…), costruendo i primi passi verso una autonomia sempre più completa.

Secondo la psicologia dello sviluppo è necessaria la socializzazione tra i bambini
I pro di un’educazione in casa

L’altra grande questione è l’homeschooling, o istruzione parentale, che permette ai genitori di diventare i professori dei loro figli, occupandosi della loro educazione e sostituendosi alla tradizionale frequenza scolastica. «Una pratica permessa in Italia – afferma la psicologa – se i genitori dimostrano di avere le competenze tecniche e i mezzi materiali adeguati a garantire il diritto all’istruzione dei figli». Questo tipo di educazione ha vari vantaggi. Innanzitutto la personalizzazione dei processi di apprendimento perché permette a ogni bambino di creare un ambiente educativo su misura, colmando le possibili lacune che si potrebbero verificare in un contesto scolastico normale. A ciò si aggiunge una libertà organizzativa che consente alle famiglie di integrare lo studio con attività formative e organizzare viaggi educativi.

Il timore di non andare a scuola

L’homeschooling, però, spaventa per i possibili problemi di socializzazione e la minor interazione con il gruppo dei pari. «La scuola – dice Valvassori Bolgé – non è soltanto un luogo per imparare nozioni, a leggere e a scrivere o studiare. Ma è anche uno spazio in cui mettersi alla prova, provare la frustrazione, imparare ad auto valutarsi, superare l’ansia della verifica e gestire il confronto con gli altri. Tutte competenze secondarie che si possono imparare solo a scuola». Un luogo, quindi, che non riguarda solo l’apprendimento in sé, ma ha una serie di effetti secondari che sono necessari affinché il bambino possa diventare adolescenti e adulto.

«Per esempio – continua Valvassori Bolgé – un grande problema che si riscontra sui bambini appena iniziano il percorso scolastico è che non riescono a stare seduti per tanto tempo e il rimprovero della maestra può scatenare delle crisi». Proprio questi momenti, tuttavia, sono fondamentali per creare dei tratti comportamenti che poi influenzeranno tutta la vita del bambino.

L’allontanamento dalla famiglia
La “famiglia nel bosco”

Infine un ultimo aspetto criticato dall’opinione pubblica è stato l’allontanamento dei tre figli dall’ambiente domestico. Solitamente quando i giudici dispongono questo tipo di provvedimento ci sono degli incontri protetti, fatti proprio per insegnare ai genitori un nuovo modo di stare con i figli, dandogli così dei nuovi strumenti. «Uno choc c’è – sostiene la psicologa Valvassori Bolgé – ma ogni bambino risponde in maniera diversa. Nella mia esperienza, alcune bambine lasciate in comunità reagivano malissimo, altre invece, nonostante lo choc forte, stavano bene». Dipende quindi da una serie di fattori, che è difficile prevedere a priori. «Influisce per esempio come stava il bambino, come viene detto loro e come si comportano di conseguenza i genitori».

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