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Legge di bilancio e natalità: un fallimento annunciato

Articolo pubblicato sulla rivista mensile Master X

«Anche quest’anno, con un ampio ventaglio di misure e oltre un miliardo e mezzo di investimenti, il governo Meloni mette le famiglie e la natalità al centro delle proprie politiche di bilancio, con scelte coraggiose e una direzione ben determinata». Così Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità aveva commentato, a metà ottobre, il piano dell’esecutivo italiano per far fronte al problema delle culle vuote. Sussidi, agevolazioni e bonus che dovrebbero incentivare le nascite nel Paese, ma che molto probabilmente saranno l’ennesimo pannicello caldo su una problematica molto complessa.

Le principali misure

Per il 2025, il valore degli interventi previsti in favore della famiglia sarà pari allo 0,078 per cento del Pil, cioè circa un miliardo e mezzo di euro. Le misure, inserite agli articoli dal 31 al 35 della legge di bilancio, sono principalmente le seguenti: il bonus una tantum di mille euro per ogni nascita per le coppie con Isee inferiore a quarantamila euro; l’esclusione dell’Assegno Unico per il computo dell’Isee per la concessione di altri contributi; l’allargamento del numero di coppie che ha diritto al bonus-nido; l’allargamento da due a tre mesi dei congedi parentali retribuiti all’ottanta per cento; la parziale esenzione degli oneri contributivi per le madri di due o più figli, a condizione di un Isee inferiore a quarantamila euro.

La grande illusione

Sperare che la strada dei bonus e degli incentivi possa condurre a un futuro con più nascite è però un’illusione. Certamente le misure adottate con la legge di bilancio contribuiranno ad alleggerire la spesa per i figli. Tuttavia, è assai difficile immaginare che strumenti di questo tipo possano mettere chi vuole avere figli nelle condizioni di farli. E questo perché i piani del governo si concentrano sulla ricerca di soluzioni immediate a problemi strutturali. Non si può infatti pensare di invertire il trend delle culle vuote, senza una proposta di svolta contributiva che riduca il peso fiscale e aumenti quello dei redditi.

Non solo. Misure come quelle introdotte dal governo potrebbero sì dare una mano alle famiglie, specialmente nei primissimi anni di vita dei figli, ma non ridurrebbero affatto gli oneri per gli anni successivi. Un aspetto, questo, che la Banca d’Italia aveva sottoposto all’attenzione del governo nel corso del dibattito parlamentare di presentazione della legge di bilancio, sostenendo che per incentivare la natalità più che i bonus abbiano valore «le misure che redistribuiscono o alleggeriscono il carico di lavoro domestico, quali l’ampliamento dell’offerta di asili nido e dei relativi sussidi alla frequenza».

Bonus bebè: un filo rosso dal Cav. in poi

Negli ultimi vent’anni quasi tutti i governi, di ogni colore e sfumatura politica, hanno proposto la propria versione del “bonus bebè” come misura di contrasto alla denatalità. Il ragionamento alla base di queste iniziative è che sia sufficiente un voucher o un assegno per convincere gli italiani a fare i figli. Ma non hanno funzionato, e dal 2004 a oggi abbiamo “perso” quasi duecentomila bambini.

Silvio Berlusconi – 2004

«È il presidente del Consiglio a scriverti per porti probabilmente anche la prima domanda della tua vita: lo sai che la nuova legge finanziaria ti assegna un bonus di mille euro?». Con questa lettera indirizzata ai nuovi bebè (ma non ai primogeniti), Silvio Berlusconi promuoveva una campagna per incentivare la natalità in Italia.

Romano Prodi – 2006

Nel corso della campagna elettorale contro Berlusconi, Romano Prodi dichiarò che avrebbe dato «un assegno pari a 2.500 euro all’anno per ogni bimbo dai 0 ai 3 anni e fino alla maggiore età». Una volta a Palazzo Chigi, il Professore si rimangiò quanto promesso e spalmò i fondi per i nuovi nati tra assegni familiari, congedi e detrazioni.

Matteo Renzi – 2014

Subentrato a Enrico Letta, che aveva rispolverato il Fondo di credito per i nuovi nati con la concessione di prestiti agevolati a chi faceva un figlio, Matteo Renzi fece incetta di sussidi: un “bonus bebè” da ottanta euro per un anno per le famiglie con un Isee fino a venticinquemila e un “bonus mamma domani”, una specie di premio alla nascita di ottocento euro, che non teneva conto del reddito familiare.

 

Alessandro Dowlatshahi

Classe 1998, ho conseguito la Laurea Magistrale in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Milano, chiudendo il mio percorso accademico con un lavoro di ricerca tesi a Santiago del Cile. Le mie radici si dividono tra l’Iran e l’Italia; il tronco si sta elevando nella periferia meneghina; seguo con una penna in mano il diramarsi delle fronde, alla ricerca di tracce umane in giro per il mondo.

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