Lecco, ai piedi del Castello dell’Innominato, la scoperta che riscrive la storia locale

A poca distanza da Lecco, vicino al lago di Garlate e alle pendici del Monte Mudarga si trovano tre piccole alture. Verso sud una di queste è occupata dalla Rocca di Chiuso di origine medievale, nota anche come il Castello dell’Innominato, di manzoniana memoria. A nord e ad una quota inferiore, si trova il terrazzo dove sono stati compiuti gli scavi archeologici che hanno portato alla scoperta di una statua stele dell’età del Rame.

Gli scavi
Vista dall’alto degli scavi

Il sito era già stato scavato nel 1986 e nel 1988. In entrambe le occasioni erano emersi reperti dell’età del Bronzo e del Ferro e quello che restava di ambienti con un basamento in pietra e pareti, probabilmente, di legno e argilla. Questi elementi sono databili tra il 5 e il 4 secolo a.C. e sono in linea con la fine del periodo della Cultura di Golasecca. Civiltà della prima età del Ferro (IX-IV sec. a.C.) localizzata in Lombardia, a nord del Po. Per secoli si sviluppò grazie ai commerci tra il mondo etrusco e greco e quello alpino. Le popolazioni celtiche, giunte e stanziatesi alla fine del V secolo in Pianura Padana, assorbirono la cultura di Golasecca. Si tratta delle medesime tribù che guidate da Brenno saccheggiarono Roma nel 390 a.C.

I nuovi scavi, iniziati nel 2024, hanno scoperto reperti in una stratigrafia mista, ossia resti di diversi periodi sono ritrovati alla stessa profondità. Ciò probabilmente è dovuto ai lavori di edificazione della rocca medievale che hanno modificato la naturale stratigrafia del terreno. Ciò nonostante, la fase meglio conservata è quella della fine dell’età del Bronzo (tra XII e IX sec a.C.). È proprio in questo strato che sono state fatte le scoperte più interessanti. Sono, infatti, stati portati alla luce cinque piani scottati, tre contenitori di grandi misura semiinterrati e una piccola struttura di pietre. «Al momento delle indagini possiamo solo affermare con certezza che questa fase insediativa non è abitativa, non si tratta di capanne».

Vasi interrati

Sono due le ipotesi che gli archeologi avanzano. Da un lato le evidenze, fino ad ora, suggeriscono si tratti di un luogo produttivo, usato per la lavorazione di cereali; dallo stoccaggio, all’essiccazione e alla loro frantumazione. La seconda ipotesi, molto più interessante ed attraente, vede il luogo come una zona di culto, dove si svolgevano cerimonie e offerte di cibo. Ad aggiungere valore a questa idea è stata la scoperta di una statua-stele, definita dagli archeologi «una scoperta eccezionale».

La statua-stele
Statua-stele parzialmente interrata

«La parte più difficile di tutto questo progetto è stato spostare la statua-stele» afferma sorridendo Alice Maria Sbriglio, archeologo della soprintendenza. È una grossa lastra di pietra (70×70 cm e spessa 20 cm) dal peso di 100Kg «abbiamo anche pensato di chiamare il soccorso alpino per sollevarla con l’elicottero». La stele è incisa con dei fasci di U concentrici e altre incisioni al momento non definibili, simboli già ritrovati in numerose altre occasioni. Tipici in tutta Europa dal Neolitico, gli studiosi ancora oggi si dividono sul loro significato, ma concordano sul ruolo religioso.

Statua-stele

Come riportato dagli archeologi «la statua stele recuperata a Chiuso rimanda a iconografie che si ritrovano sulle steli dell’età del Rame in Valtellina e in Valcamonica, databili alla prima metà del III millennio a.C., interpretate come rappresentazioni simboliche di divinità femminili». Se le analisi dovessero confermare la datazione, «saremmo di fronte alla statua stele di questo gruppo più meridionale mai trovata e soprattutto la prima del territorio di Lecco».

Ci sono però delle difficoltà, gli archeologi non hanno trovato la stele nel suo contesto originale, ma in uno strato di quasi due millenni più recente. Anche la sua posizione è enigmatica: sdraiata e scalpellata sui bordi. «Questa scoperta ci lascia più domande che risposte», hanno ammesso gli archeologi sul campo. Ma la loro speranza, hanno detto in confidenza e con non poca fiducia, è che sotto ci possa essere un vero e proprio luogo di culto dell’età del Rame. In altri siti, come ad Ossimo e in Valcamonica, dove sono stati trovati manufatti simili, questi erano in piedi e allineati con altri esemplari. L’obbiettivo della prossima campagna di scavi è «capire al meglio la fase che è esposta e indagare la stratigrafia sottostante».

punta di freccia in selce

Il sito archeologico promette bene: al di sotto dei livelli già analizzati c’è quasi sicuramente altro materiale. Sono già emersi oggetti tipici del periodo di transizione tra l’età del Bronzo e del Rame, come punte di frecce in selce. E mentre già si pensa alla prossima campagna di scavi, non si può che ammirare il magnifico paesaggio sottostante e tutta la valle dell’Adda.

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