Le mani che cambiano Milano: l’artigianato tra chi se ne va e chi arriva

Il mondo degli artigiani milanesi sta cambiando: manca il ricambio generazionale, cresce la presenza di lavoratori stranieri e molte botteghe si stanno spostando verso la periferia. «L’artigiano viene immaginato come un soggetto anziano in un laboratorio polveroso, – afferma Marco Accornero, segretario generale di Unione degli Artigiani di Milano – ma in realtà è un universo vasto». Ne fanno parte giardinieri, parrucchieri, estetisti, imprese di pulizia, tessitori e operatori dell’alimentare.

I numeri

Nonostante questa diversificazione, il settore sta andando incontro a una lente erosione: nel 2018 le aziende erano 22 mila e 500, mentre a fine 2024 sono scese a 20 mila e 600, con un calo dell’8%. Tra le nuove professionalità emergono anche percorsi meno convenzionali, come quello di Max Strada, ex collaboratore di un centro di formazione che nel 2021 ha deciso di diventare artigiano nel settore della grafica pubblicitaria. «Io sono partito da tutt’altro ambito, quello formativo, ma dal 2005 ho iniziato a occuparmi della stampa tramite singole richieste. Per allargare la cerchia di clienti mi sono appoggiato sull’attività della mia famiglia, che già era presente in questo ambito». Cosi Strada ha iniziato il suo percorso: «Inizialmente facevo stampe su cartoni e supporti rigidi, poi da qualche mese ho deciso di ampliare e diversificare. Quindi ho introdotto le stampanti 3d che rappresentano un mercato del tutto nuovo».

La crescita degli stranieri
L’Artigiano in Fiera a Milano attira ogni anno migliaia di visitatori

Quasi la metà del settore è rappresentato da artigiani stranieri, in forte crescita soprattutto nei servizi alla persona, nel tessile e nell’abbigliamento. Una dinamica determinata anche dal fatto che «nelle scuole professionali, che sono i principali canali di ingresso per le carriere nell’artigianato, una buona parte dei ragazzi oggi è straniero. – commenta Accornero – Questo perché tra gli italiani c’è ancora il tabù sulla formazione professionale che viene considerata, rispetto ad una formazione liceale, la “serie C”. In realtà dà l’opportunità di avere sicuramente un lavoro immediato e se si è bravi di mettersi in proprio in pochi anni».

La storia personale

La crescita dell’artigianato straniero non elimina però le difficoltà. Lo dimostra la storia di Aziz Kabar, artigiano marocchino con una disabilità che ha aperto una propria impresa di pulizie a Milano. «Quando sono arrivato in Italia ho fatto un corso per questo settore, organizzato dal Comune e finanziato con i fondi europei. – spiega Kabar – Poi sono stato assunto da un’altra impresa, dove ho lavorato per quasi dieci anni e nel 2018 mi è venuta l’idea di aprire una mia attività». Aggiunge: «I primi due anni sono stati duri e ho fatturato per coprire le spese, quindi non c’è stato un reale guadagno. Poi man mano ho costruito il mio nome: un percorso non semplice, fatto di passaparola, senza mai appoggiarmi a servizi di marketing. Inizialmente mi sono rivolto a piccole case e a uffici, solo con il tempo sono riuscito ad allargare la cerchia arrivando anche a condomini o case ristrutturate da grandi imprese edili».

Le sfide

Milano, secondo Kabar, offrirebbe grandi opportunità al mondo artigiano. Nonostante ciò, sembra un settore poco attrattivo soprattutto per i giovani. «I figli dei titolari delle botteghe non sempre raccolgono l’eredità dei genitori. – afferma Accornero – Quindi i dipendenti diventano sempre più vecchi». Infatti, solo un artigiano su sette ha meno di 40 anni, mentre oltre un terzo ne ha più di 60. «Tra le difficoltà ci sono la grande fatica fisica, il carico di responsabilità e i ritmi che impongono di lavorare il sabato e la domenica». Continua Accornero: «Chi fa questo mestiere sa che deve caricarsi un sacco di oneri, che non è solo l’attività in quanto tale, ma tutto ciò che riguarda la burocrazia. Si parla di sicurezza sul lavoro, certificazioni, gestione delle buste paga e formazione dei dipendenti».

Il settore attira sempre meno giovani

Un carico di responsabilità  che in un’azienda tradizionale è spalmato tra i vari uffici, mentre in una bottega è in mano al titolare. Commenta Kabar: «Fondare un’azienda artigiana è molto faticoso perché si lascia uno stipendio fisso per andare a lavorare per conto tuo, senza certezze». Strada, però, si mostra soddisfatto della sua scelta: «Prima io lavoravo le otto ore canoniche, mentre ora lavoro 7/7, ma lo faccio volentieri perché sono appassionato».

Le zone a Milano

Tra i problemi del mondo artigiano non c’è solo il ricambio generazionale, ma anche gli spazi. «Spesso i titolari delle botteghe sono in affitto e avere un laboratorio a Milano è costoso, soprattutto nelle zone centrali. – afferma Accornero – Per questo molte attività si spostano verso la periferia o le città limitrofe, dove si può lavorare senza che il quartiere metta i bastoni tra le ruote per l’inquinamento acustico e ambientale». La questione degli spazi ha ricadute diverse in base al tipo di gestione. «Gelaterie, pasticcerie e panetterie rappresentano una produzione artigianale in cui si può trovare un giro di pubblico importante disposto a pagare. – sostiene Accornero – Ed è l’ambito che può restare nel centro storico».

Il mondo degli artigiani è molto vasto

Calzolai, falegnami e fabbri, invece, si spostano in periferia. «Storicamente verso la Brianza e il Nord Milano. Zone in cui c’è una possibilità di sviluppo maggiore grazie a un’eredità dovuta al tempo e alla storia economica di questo territorio» conclude Accornero. Diventa difficile anche assumere il personale qualificato. «Spesso non si trovano lavoratori adeguatamente formati, in altri casi c’è un ricambio troppo rapido: alcuni dipendenti vengono assunti dalla concorrenza o si mettono in proprio» specifica Accornero.

L’e-commerce

Paradossalmente, in un periodo storico che fa prevalere la tecnologia, l’e-commerce e le grandi piattaforme online come Amazon non minano completamente l’attività di bottega. «Alcuni grossi portali, tipo Etsy, hanno aperto le porte agli artigiani perché si possono vendere prodotti fatti a mano. – commenta Accornero – Ma è importante stare attenti: si deve essere ben organizzati, sapere quali sono i rischi a cui si va incontro e valutare la propria capacità di operare a fisarmonica a seconda delle richieste». L’artigiano Strada, però, sottolinea un altro aspetto dell’e-commerce. «Ha ammazzato il mercato dell’abbigliamento: a parte le grandi firme e articoli su misura, le piattaforme online hanno inciso notevolmente sulle piccole aziende». Anche il settore della stampa ha sofferto: «Ha subito una ripercussione a causa dell’e-commerce, ma anche dell’intelligenza artificiale che ha avuto un ruolo impattante e ha spezzato le ali ai creativi. Si può far fare tutto alla macchina senza usare la propria mente».

Per il futuro

L’artigiano Kabar lancia però un messaggio di positività: «A un giovane straniero che vuole venire oggi a Milano direi di avere pazienza e imparare bene il mestiere. Deve avere esperienza nel settore in cui vuole aprire. Quindi non può arrivare improvvisamente e dire, per esempio, “io voglio aprire un’attività di un’impresa di pulizia”». Anche Accornero non si mostra totalmente negativo: «Tra cinque anni ci aspettiamo un ulteriore boom dell’imprenditoria artigiana straniera e si farà sempre più fatica a trovare personale in grado di operare, ma possiamo essere fiduciosi per le risorse del 4+2». Ovvero un nuovo iter formativo introdotto dal Governo che consente ai ragazzi di fare un percorso quadriennale superiore e poi di accedere agli istituti tecnici che in due anni consentono di entrare nel mercato del lavoro. Termina Accornero: «È un mondo che cambia e con cui dobbiamo capire come ci si relaziona».

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