Il ritorno della Jihad: l’attentato di Mosca e la nuova pelle dell’ISIS

L’attentato al Crocus City Hall di Mosca, arrivato ora a 137 morti e 180 feriti, ha nuovamente accesso i riflettori sulla Jihad Globale. Se l’Occidente pensava di aver fatto i conti con lo Stato Islamico nel 2019, con la coalizione internazionale che portò alla liberazione dei territori occupati in Siria e Iraq e alla morte del leader Abu Bakr al Baghdadi, ora dovrà ricredersi.

L’ISIS non è morto, ha solo cambiato pelle. Si insinua silenzioso tra i suoi nemici attraverso la propaganda online. E il suo centro gravitazionale non è più il Bilad al-Sham (Medioriente), ora terra di Hamas e Hezbollah, ma  il Khorasan, ovvero la Terra del Sole incastonata tra Afghanistan, Pakistan, Iran e le ex-repubbliche sovietiche dell’Asia centrale. Senza dimenticare il Sahel, dove gruppi affiliati allo Stato Islamico controllano intere aree territoriali tenendo sotto scacco migliaia di persone.

L’arresto dei terroristi

Lo Stato Islamico ha diffuso un nuovo video dell’attentato a Mosca. Come il terrorista suprematista bianco Brenton Tarrant nel 2019 a Christchurch, Nuova Zelanda, anche uno degli attentatori di Mosca ha usato una GoPro per registrare in prima persona le atrocità del massacro.

Nel video, si vedono i fondamentalisti concentrati nella loro caccia all’uomo. Sparano a vista, con sfregio. Tagliano la gola a una persona caduta a terra. Con il dito alzato, simbolo del Tawhid (precetto dell’unicità di Dio nell’Islam), urlano Inshallah (Se Dio Vuole) e Allah Akbar (Allah è Grande).

Un fotogramma delle riprese dell’attentato.

Le forze di sicurezza di Mosca hanno arrestato i quattro terroristi a sud di Bryansk, una città a 150km dal confine con l’Ucraina. Si tratta di quattro cittadini tagiki che, come emerso dagli interrogatori, sarebbero stati reclutati attraverso Telegram con la promessa di un predicatore di nome Abdullah di un pagamento di circa 5mila euro per «ammazzare gente a caso».

La polizia di Mosca ha estratto le informazioni con violenze ai limiti della tortura. Nei filmati diffusi dai media russi si vede uno degli attentatori, Shamsidin Fariduni, in ginocchio, con le mani legate dietro la schiena, le pistole puntate dritte in faccia e i telefoni pronti a registrare la confessione con la voce spezzata e tremante. In un’altra clip, un poliziotto stacca un orecchio a uno dei terroristi e lo costringe a metterlo in bocca. Ancora, in una foto, si vede un uomo sdraiato con i pantaloni abbassati e collegato a un dispositivo utilizzato per le torture con scosse elettriche.

 

Uno degli attentatori con il volto tumefatto dopo l’interrogatorio.
La Jihad corre in rete

L’attentato al Crocus City Hall ha nuovamente acceso i riflettori sul  crescente utilizzo di internet da parte di gruppi terroristici per diffondere propaganda, innescare processi di radicalizzazione e reclutare nuovi militanti in tutto il mondo.

L’utilizzo della rete, chiamato dai militanti electronic jihad, è stata una strategia che ha cambiato radicalmente la natura delle operazioni dei gruppi terroristici e amplificato la capacità di trovare nuovi membri. Più la tecnologia diventa avanzata, più diventa difficile da tracciare, più viene utilizzata per raggiungere persone in tutto il mondo. Inoltre, visto che l’ossatura territoriale dell’ISIS è stata distrutta nel 2019, internet è l’unico strumento che permette di organizzare gli sforzi collettivi.

In particolare, come nel caso dell’attentato di Mosca, Telegram è un vero e proprio paradiso per i jihadisti. Per un crudele scherzo del destino, la piattaforma è di origine russa ed è celebre per il suo alto livello di anonimato. È un’app di messagistica criptata end-to-end, che permette anche di essere usata come strumento di disseminazione di materiali di propaganda attraverso gruppi, super-gruppi e canali.

 

Esempi di propaganda jihadista su Telegram.

Essere in un gruppo jihadista su Telegram significa poter accedere a tutto ciò che serve per compiere un attentato terroristico. Primo, si entra in contatto con l’ideologia radicale che, unita a condizioni di marginalità sociale, può portare all’inizio di un processo di radicalizzazione. Secondo, la piattaforma mette a disposizione una comunità di cui sentirsi parte con un seguente sentimento di partecipazione e rafforzamento delle proprie idee. Terzo, una volta pronti, si possono trovare descrizioni dettagliate su quali armi usare e quali bersagli colpire. Il tutto, a portata di mano con un semplice smartphone.

L’ISIS-K e la Russia

L’ISIS-K, branca dello Stato Islamico che ha base operativa in Afghanistan, sta diventando rapidamente uno dei nuovi epicentri della jihad globale.  Nonostante la brutale campagna militare condotta dai Talebani contro i terroristi, l’organizzazione è riuscita a estendere la sua mano fuori dai confini nazionali.

Nell’ultimo anno, i militanti del Khorasan hanno orchestrato molte operazioni in Europa e in Asia. In Iran, a Kerman, a gennaio due kamikaze hanno ucciso più di 90 persone. A Istanbul, il 28 gennaio un militante ha ucciso un uomo mentre pregava in una chiesa. In Germania e Austria, i servizi segreti hanno sventato più piani di attacchi organizzati proprio dall’ISIS-K.

Lo Stato Islamico in Afghanistan ha come obiettivi principali i Paesi vicini: Russia, Turchia e Iran. Molte delle reclute del gruppo vengono trovate nelle ex-repubbliche sovietiche dell’Asia centrale. Grazie ai loro passaporti, queste reclute possono viaggiare più facilmente rispetto a cittadini afghani.  Il tutto è facilitato dalla presenza di campi di addestramento e basi sparse per i territori deserti e montuosi di Kabul, che permettono alla direzione di organizzare con grande efficacia gli sforzi collettivi.

Alcuni militanti dell’ISIS-K in Afghanistan.

L’attentato a Mosca è, per ora, il loro risultato più grande. E, senza dubbio, un fallimento atroce per Mosca. Soprattutto, se si considerano le dichiarazioni dello scorso anno di Michael Kurilla, generale del Commando centrale USA, la sezione della difesa a stelle e strisce con focus su Medio Oriente, Pakistan e Afghanistan. Il militare aveva infatti dichiarato che in sei mesi lo Stato Islamico in Afghanistan sarebbe stato in grado di operare con successo all’estero.

Per gli Stati Uniti il terrorismo islamico è una questione fondamentale. Joe Biden, dopo aver deciso il ritiro da Kabul, deve garantire che gli USA non vengano colpiti nuovamente da attentati come l’attacco alle Torri Gemelle che giustificò l’inizio della guerra. Washington monitora attentamente le mosse dello Stato Islamico, soprattutto le attività online. Inoltre, gli USA condividono queste informazioni quando un gruppo terroristico potrebbe attaccare un paese straniero. Lo hanno fatto in Iran prima di Kerman e lo hanno fatto in Russia prima del Crocus City Hall.

La tensione a Mosca e le accuse a Kiev

Nonostante la rivendicazione dell’ISIS-K, la coincidenza fisionomica  degli arrestati e le dichiarazioni durante l’interrogatorio, Putin non sembra intenzionato a voler sostenere la pista della Jihad. Le accuse del Cremlino sono rivolte, invece, in direzione Kiev.

Le parole dello Zar, nel suo discorso alla nazione, sono state accuratamente scelte.  Non ha mai nominato il gruppo terroristico, ma ha sottolineato come i quattro tagiki siano stati arrestati mentre stavano andando verso l’Ucraina e che l’intelligence avrebbe informazioni riguardo un possibile corridoio speciale per entrare indisturbati a Kiev. Insinuazioni riprese e amplificate anche dal ministro degli esteri di Mosca Zakharova e dall’ex-premier Medvedev.

La replica di Kiev è granitica. «Putin è un bugiardo patologico, anche ora sta tentando di collegare l’Ucraina o altre nazioni occidentali alla sparatoria di massa vicino a Mosca, nonostante non ci siano prove a sostegno di tutto ciò», ha commentato su X Il ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba.

 


Mentre il mondo intero esprime la sua solidarietà con Mosca e condanna la violenza della Jihad, Russia e Ucraina si scontrano con accuse incrociate che esulano da indagini e rivendicazioni, aumentando la preoccupazione per l’escalation. Intanto, nella notte tra il 23 e il 24 marzo Kiev ha colpito con un attacco missilistico il porto di Sebastopoli in Crimea e Mosca ha risposto con attacchi su Kiev e sulle regioni occidentali.

La situazione continua a essere esplosiva anche in terra russa. Nel pomeriggio di domenica, un centro commerciale di San Pietroburgo è stato evacuato dopo un allarme bomba. Il responsabile è stato arrestato immediatamente e il progetto sventato. Discorso simile per quanto avvenuto in Armenia dove, a Erevan, tre persone hanno attaccato una stazione di polizia, rimanendo ferite da una loro stessa granata. Uno degli attentatori è riuscito anche a barricarsi all’interno, minacciando di far esplodere l’edificio.

 

 

Ettore Saladini

Laureato in Relazioni Internazionali e Sicurezza alla LUISS di Roma con un semestre in Israele alla Reichman University (Tel Aviv). Mi interesso di politica internazionale, terrorismo, politica interna e cultura. Nel mio Gotha ci sono gli Strokes, Calcutta, Martin Eden, Conrad, Moshe Dayan, Jung e Wes Anderson.

No Comments Yet

Leave a Reply