CALCIO, NARCOS E DESAPARECIDOS: IL MESSICO PUÒ VERAMENTE GARANTIRE LA SICUREZZA DEI MONDIALI 2026?

Si riaccende il dibattito internazionale sulla sicurezza dei Mondiali di calcio 2026 in Messico. A innescarlo sono le dichiarazioni diffuse nelle ultime settimane dai collettivi di ricerca di Jalisco. A meno di duecento giorni dal calcio d’inizio del Mondiale 2026, infatti, il cuore messicano della Coppa del Mondo è un territorio in cui si scava. Non per costruire infrastrutture, ma per dissotterrare ossa. 

Attorno all’Estadio Akron di Zapopan, sede insignita dalla FIFA per ospitare quattro partite dei gironi Mondiali, i collettivi formati dai parenti dei desaparecidos denunciano il ritrovamento di almeno 456 sacchi contenenti resti umani. Le ultime dichiarazioni sono di poche settimane fa. Le ricerche proseguono e le fosse restano attive. Così, mentre il governo federale assicura che esistono «condizioni di sicurezza sufficienti» per ospitare il torneo, Jalisco, bastione del Cartello Jalisco Nueva Generación, la principale organizzazione criminale del Messico, si presenta al mondo come uno dei luoghi con più desaparecidos del Paese.

Il caso che riapre il dibattito

La cifra dei 456 sacchi è stata resa pubblica da José Raúl Servín García, membro del collettivo Guerreros Buscadores de Jalisco, uno dei principali gruppi di familiari che da anni conducono ricerche autonome di persone scomparse. Secondo le loro ricostruzioni (dalle fonti istituzionali, i numeri risultano, come dichiara, volutamente distorti a ribasso), i sacchi sono stati localizzati in diversi punti del comune di Zapopan, in un raggio compreso entro i dieci e i venti chilometri dallo stadio.

Le operazioni nell’area sono iniziate nel 2022. L’ultimo ritrovamento risale allo scorso settembre. «Stiamo arrivando a 456 sacchi, più o meno, nelle vicinanze dello stadio Akron, che sarà una sede mondiale. È un peccato che si disputi un Mondiale qui, dove c’è così tanta malvagità», ha dichiarato Servín García ad Aristegui Noticias, la principale agenzia di stampa messicana. 

Collettivi di familiari intenti a disseppellire i resti ritrovati nei pressi dello stadio Akron
La zona interessata

Uno dei siti principali è l’area conosciuta come Las Agujas, una zona semi-rurale non lontana dallo stadio. I primi resti sono emersi per caso: alcuni operai, impegnati nella costruzione di un complesso residenziale, hanno individuato materiale sospetto nel terreno.  Le autorità avevano già effettuato un primo intervento in loco ma, il giorno successivo, a seguito degli scavi condotti dai collettivi, in quel solo sito, si contavano circa 290 sacchi

Altri ritrovamenti sono stati documentati in un cimitero vicino allo stadio delle Chivas, con circa 130 corpi, e in zone come Tlaquepaque, Nextipac, Plan de la Noria e Arroyo Hondo, dove tra il 2018 e il 2022 sono stati rinvenuti altri 137 sacchi. Il contenuto è eterogeneo: corpi completi, corpi sezionati, resti ossei isolati. Le analisi indicano una stratificazione temporale: alcune vittime sarebbero morte meno di un anno fa, altre risalgono al 2018, al 2020 e al 2022. Il quadro è quello di un uso prolungato e ripetuto di questi siti.

I buscadores e le falle del sistema forense

Dietro questi ritrovamenti c’è il lavoro dei Guerreros Buscadores de Jalisco, uno dei gruppi di familiari che suppliscono all’assenza dello Stato. Il collettivo, ideato e fondato da Indira Navarro Lugo, che, da marzo, vive sotto protezione permanente della Guardia Nazionale dopo innumerevoli minacce di morte, riunisce oltre cento famiglie. Il loro lavoro è sistematico: raccolgono segnalazioni anonime, incrociano testimonianze, individuano possibili punti di sepoltura.

Organizzano spedizioni. Scavano. Recuperano resti. Catalogano vestiti, scarpe, oggetti personali. Per poi compilare e diffondere le fichas de búsqueda, schede identificative con foto e dati delle persone scomparse che sopperiscano alla sempre più crescente mancanza di chiarezza e trasparenza delle istituzioni verso i familiari delle vittime.

Le fichas de búsqueda che tappezzano Jalisco

Uno dei nervi scoperti della gestione dei desaparecidos a Jalisco è, infatti, il sistema forense. Secondo José Raúl Servín García, l’Instituto Jalisciense de Ciencias Forenses soffre di carenza di personale, protocolli inadeguati e ritardi strutturali. Le conseguenze non sono solo burocratiche. «Il lavoro viene svolto male, si perdono pezzi e campioni di DNA; poco tempo fa hanno consegnato una ragazza che era nelle loro strutture da undici anni», denuncia Servín.

I resti depositati nelle celle frigorifere restano per anni senza identificazione. Le famiglie continuano a cercare persone che, in alcuni casi, sono già in custodia dello Stato. Solo, nessuno lo sa, o nessuno lo comunica.

Servín parla anche di un secondo livello di pressione: quello esercitato dalla criminalità organizzata sul personale forense. «Sappiamo che i gruppi criminali hanno minacciato le squadre forensi, perché sono loro a decidere quali corpi consegnare e quali no. Alle famiglie viene detto che sanno che il loro figlio è nelle Scienze Forensi e che devono lasciarlo lì, non recuperarlo, non tirarlo fuori, altrimenti dovranno affrontare le conseguenze». 

La combinazione di mezzi insufficienti, errori tecnici e intimidazioni esterne crea un sistema che non garantisce né trasparenza né tempestività. Per i collettivi, questo si traduce in un doppio peso: scavare nei campi per trovare i resti e allo stesso tempo fare pressione sulle istituzioni perché identifichino e restituiscano quelli già in loro possesso.

Il Rancho Izaguirre

Già all’inizio dell’anno, il 5 marzo, il gruppo aveva ispezionato un ranch nei pressi di Guadalajara, precedentemente perquisito dalle autorità un anno prima. Ma solo con l’intervento del collettivo sono emersi in modo sistematico gli elementi che ne confermassero la funzione. In quel sito sono stati rinvenuti centinaia di capi d’abbigliamento e frammenti ossei bruciati in forni crematori.

Oltre a circa 200 paia di scarpe, zaini e lettere. Il luogo è stato identificato come un centro di addestramento, reclutamento e sterminio legato al cartello: la discrepanza con la precedente indagine ufficiale, che non aveva registrato elementi di tale portata, aveva costretto le istituzioni a giustificare la superficialità del primo intervento. 

Immagine aerea del Rancho Izaguirre durante le ricerche a marzo 2025

Ma, nonostante le critiche, le autorità mantengono, ad oggi, una presenza formale nelle operazioni dei collettivi. I gruppi di ricerca di Jalisco riferiscono di essere accompagnati, in alcune attività, da personale proveniente da Città del Messico, inclusa la Commissione di ricerca. Sul terreno, tuttavia, leggono la postura istituzionale come ambivalente. Da un lato, ci sono tecnici e funzionari a supporto delle operazioni.

Dall’altro, c’è la percezione di una linea politica orientata a chiudere i fronti più sensibili prima dell’arrivo del Mondiale. «Annunciano che stanno per finire, ma è una bugia. Vogliono accelerare tutto affinché, quando arriverà il Mondiale, tutto sembri normale, ma noi continueremo a lavorare, con o senza Mondiale», afferma Servín.

Lo stesso portavoce denuncia un raffreddamento nei rapporti con il governo federale guidato da Claudia Sheinbaum: «Sfortunatamente ci hanno voltato le spalle. Nel secondo incontro si era concordato che saremmo andati più spesso a Città del Messico per delle riunioni ma definitivamente ci hanno lasciati nell’oblio». A questo si aggiunge la rimozione delle fichas de búsqueda nelle zone più visibili della città «così che i visitatori non si accorgano della portata del problema».

I numeri della crisi

Quanto detto si inserisce in un quadro generale che fa di Jalisco l’epicentro nazionale delle sparizioni forzate. Con circa 8 milioni di abitanti, lo stato registra 36.065 persone scomparse. Di queste, circa 2.982 sono state trovate decedute. 16.041 risultano ancora disperse. Il resto comprende persone localizzate o identificate a posteriori. 

La tendenza è in aumento. A ottobre, Jalisco aveva accumulato circa 1.000 nuove sparizioni dall’inizio dell’anno. Un incremento del 30% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, secondo la Comisión Nacional de Búsqueda

E il cuore di questa emergenza è l’area metropolitana di Guadalajara, comprensiva dei comuni di Zapopan (dove sorge l’Estadio Akron), Tonalá, Zapotlanejo, Juanacatlán, Ixtlahuacán de los Membrillos, Tlajomulco de Zúñiga, Acatlán de Juárez, San Pedro Tlaquepaque e El Salto. Su una popolazione di circa 4,4 milioni di abitanti, tra il 1° dicembre 2018 e il 31 ottobre 2025 sono scomparse 25.398 persone. Di queste: 2.440 sono state ritrovate morte, 9.909 risultano ancora scomparse.

Stato di Jalisco e città metropolitana di Guadalajara

Ma la crisi dei desaparecidos non riguarda solo civili, migranti o giovani reclutati con la promessa di un lavoro. Jalisco è anche lo stato con il maggior numero di agenti non localizzati: negli ultimi sei anni sono scomparsi 84 poliziotti. Quarantadue rinvenuti uccisi.

L’episodio più recente risale al 25 novembre, quando la Secretaría de Seguridad y Protección Ciudadana comunica di aver perso i contatti con due agenti in missione a Guadalajara per attività di intelligence. Il veicolo di servizio viene ritrovato in Paseo de los Virreyes, nella zona nord di Zapopan, a circa dieci chilometri dal centro.

Per alcuni giorni, i due poliziotti entrano a pieno titolo nell’elenco dei desaparecidos. Poi, una nota ufficiale annuncia il ritrovamento dei due agenti. Sono in vita. Presentano ferite, definite non gravi. Nessun dettaglio viene però diffuso su come siano stati privati della libertà, su dove siano stati tenuti, su chi sia responsabile

Norme inapplicate

L’Instituto Mexicano de Derechos Humanos y Democracia sottolinea che il numero delle sparizioni, nel complesso, continua a crescere. E denuncia la mancanza di «una risposta ufficiale chiara e incisiva». Sul piano formale, infatti, Jalisco dispone di una delle normative più avanzate del Paese. Il 25 febbraio 2021 è stata approvata la Ley de Personas Desaparecidas del Estado de Jalisco, «una legge buona, garantista e all’avanguardia», come definita da Héctor Flores, del collettivo Luz de Esperanza, durante il forum del marzo 2023, “Una lotta persistente: Esperienze delle famiglie a due anni dalla #LeyDesapariciónJalisco”, organizzato dal CEPAD e da vari collettivi.

«Ma la Procura che abbiamo non è specializzata come prevede la legge», prosegue Héctor, «pertanto, non è indipendente dagli ordini del governatore che, non solo non vuole riconoscere il problema, ma possiede persino una politica volta a far sparire le persone scomparse». La percezione dei familiari è che, a più di tre anni dall’entrata in vigore, la legge non abbia modificato in modo sostanziale la loro condizione. Le sparizioni continuano. Le indagini procedono lentamente. I canali di partecipazione previsti sulla carta faticano a funzionare nella pratica.

Ley de victimas Desaparecidas del Estado de Jalisco
Ley de victimas Desaparecidas del Estado de Jalisco

Da aggiungersi poi le evidenze portate da Martha Leticia García e Martha Morales, del collettivo Entre Cielo y Tierra, puntando l’attenzione sul divario tra centro e periferia: «nelle regioni non c’è nulla di ciò che dice la legge», affermano, «là le famiglie sono molto sole».

Il Cartello Jalisco Nueva Generación

All’origine di molta della violenza c’è la presenza di un attore dominante. Jalisco è il bastione del Cartello Jalisco Nueva Generación (CJNG), il più pericoloso del Paese, inserito, a gennaio 2025, dall’amministrazione Trump, nella lista delle organizzazioni terroristiche straniere. Secondo le stime disponibili, il CJNG conta circa 19.000 membri e ha operazioni in 21 dei 32 stati del Messico. 

Il cartello si è imposto al centro della scena criminale con azioni ad alto impatto: attacchi audaci contro le autorità, come l’abbattimento di un elicottero militare con un lanciarazzi e il tentato attentato al capo della polizia di Città del Messico nel 2020. Gli studiosi sostengono che, a Jalisco, non si vedesse un gruppo di tale forza e capillarità dagli anni Ottanta. Proprio allora Guadalajara ospitava le partite dei Mondiali del 1986.

Membri armati del Cartello Jalisco Nueva Generación

Oggi, la città torna a essere una vetrina calcistica planetaria, in un contesto in cui il monopolio della violenza sul territorio è ampiamente attribuito a un’unica organizzazione. Il coordinatore della sicurezza dello Stato, Roberto Alarcón, propone una lettura diversa: «non avere molti gruppi criminali come in altri stati permette alle autorità di intervenire in modo più mirato e controllato», afferma.

È una visione che presenta l’egemonia del CJNG come elemento di ordine relativo. Per le famiglie dei desaparecidos, quel controllo univoco assume un altro significato: rende il territorio più prevedibile per i gruppi criminali, non necessariamente più sicuro per i cittadini.

Un Mondiale sicuro
Gabriela Cuevas, coordinatrice federale per la Coppa del Mondo, durante la conferenza per il Mondiale 2026

Sul fronte ufficiale, infatti, il discorso resta fermo su un punto: il Mondiale sarà sicuro. La coordinatrice federale per la Coppa, Gabriela Cuevas, ha dichiarato: «Abbiamo sviluppato un piano completo che coordina tutti i livelli di governo. Il nostro obiettivo è garantire che l’evento si svolga in un ambiente sicuro per tutti».

A Jalisco, le misure, già in prova al 14 ottobre durante l’amichevole tra Messico ed Ecuador, sono visibili. Intorno allo stadio: squadre di polizia, metal detector, cani antidroga, disturbatori di droni e veicoli blindati. Sul piano tecnologico, lo stato sta installando 3.000 nuove telecamere di sorveglianza, che porteranno il totale a oltre 10.000.

Parallelamente, è in corso un massiccio investimento economico. Secondo le stime ufficiali, i Mondiali 2026 genereranno circa 1 miliardo di dollari di ricavi per lo stato e creeranno fino a 7.000 posti di lavoro, soprattutto nel turismo e nelle costruzioni. La regione punta a completare 12.000 nuove camere d’hotel prima del torneo. Per il governatore Pablo Lemus, infatti, l’evento è, prima di tutto, una vetrina: «I Mondiali 2026 sono un’enorme opportunità per Jalisco di presentarsi al mondo», ha detto ai giornalisti. 

Una tregua tacita
David Saucedo, consulente di sicurezza ed esperto di criminalità organizzata

In questo contesto, l’analista di sicurezza David Saucedo introduce l’ipotesi di una tregua tacita tra Stato e cartello. Secondo la sua lettura, le forze dell’ordine potrebbero ridurre le operazioni contro i vertici del CJNG nei mesi del torneo, a condizione che il cartello eviti azioni di alto impatto che possano danneggiare l’immagine del Paese: «Credo che entrambe le parti accetteranno una tregua che, ovviamente, potrebbe non durare a lungo.

Ma penso sia conveniente per tutti». Saucedo precisa che questo non significherà una diminuzione delle attività criminali. Anzi, ritiene plausibile che il Mondiale offra nuove opportunità a organizzazioni come il CJNG: il crimine organizzato approfitterà del torneo per aumentare le proprie attività criminali in ambiti come casinò, spaccio di droga, turismo sessuale, bagarinaggio. «Penso che si godranno il Mondiale loro stessi».

Cura simbolica

Accanto alla retorica della sicurezza, c’è quella dell’evento come cura simbolica. «Questi eventi aiutano un po’ a riparare il dolore sociale e portano l’opportunità di ottenere migliori misure di sicurezza semplicemente perché partecipano così tante persone», sostiene Johana Jaramillo, 42 anni, produttrice di eventi impegnata in una fan-zone fuori dallo stadio durante l’amichevole con l’Ecuador.

È la visione del grande appuntamento sportivo come strumento di coesione, come parentesi positiva in un contesto difficile. Mentre, fra i tifosi, prevale una rassegnata normalizzazione del rischio. «Se non vai a cercarti dei problemi, non ti succede niente», afferma Javier Rodríguez, 18 anni, studente universitario, alla CNN mentre era diretto allo stadio il 14 ottobre.

Le autorità assicurano, dunque, che i Mondiali del 2026 si svolgeranno in condizioni di sicurezza. Le misure previste riguardano stadi, perimetri controllati, flussi di tifosi. È su questo terreno che si gioca la partita ufficiale.

Resta però aperto il nodo che emerge dai dati, dai ritrovamenti e dalle ricerche ancora in corso attorno a Guadalajara: quanto è sicuro ospitare un evento globale in un territorio in cui le sparizioni sono sistemiche, le fosse comuni restano attive e la ricerca delle vittime è affidata ai familiari più che allo Stato? In Jalisco, mentre si installano telecamere e metal detector, si continua a scavare per recuperare resti umani.
La sicurezza degli stadi può essere garantita.
La sicurezza del contesto, no.
Ed è su questa distanza, tra ciò che verrà protetto e ciò che continua a scomparire, che Jalisco si prepara ad accogliere il mondo.

A cura di Margherita Cerrai

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