Shiroro, Nigeria, 4 febbraio. Un battaglione di Boko Haram irrompe nel villaggio. L’obiettivo è un convoglio di sette camioncini carichi di merci diretti a Pandogari, una città della regione di Kagara. Intercettano i veicoli, uccidono sei persone e rapiscono alcune donne e bambini prima di dare fuoco a tre delle auto. L’esercito tenta di fermarli, ma gli islamisti rispondono al fuoco. Uccidono uno degli agenti e ne feriscono quattro prima di scappare.
L’Africa è diventata l’epicentro del terrorismo islamico mondiale. Dalla Somalia al Chad, dal Niger alla Mauritania, fino a Marocco, Tunisia e Libia, la jihad tiene sotto scacco villaggi e cittadine rurali, non curante di governi locali e missioni internazionali. Secondo un report pubblicato dall’African Center for Strategic Studies, nel 2023 sono state 23.222 le vittime di attentati e assalti islamici nel Continente, circa la metà di tutti i morti per terrorismo mondiali. Un record di violenza mai registrato, pari a un aumento del 20% rispetto al 2022, quando le vittime erano 19.412. L’area più colpita è la regione del Sahel, dove si concentra il 50% delle morti. Seguono la Somalia con il 33%, la regione del Lago Chad con il 16%, il Mozambico e il Nord Africa con l’1%.
Il teatro della Jihad
L’area sub-sahariana è il teatro perfetto per la Jihad. Governi deboli, eserciti corrotti, malnutrizione, demografia in crescita, conflitti etnici e tribali creano sacche violente di rabbia, frustrazione e alienazione che permettono ai gruppi terroristici di crescere e prosperare.
Le organizzazioni jihadiste costruiscono i loro avamposti nelle zone remote e isolate, molto spesso al confine tra più Stati, dove l’autorità governativa è praticamente inesistente. Per esempio, nel triangolo frontaliero dove si incontrano Mali, Niger e Burkina Faso, un’area conosciuta come Liptako-Gourma. Vero e proprio centro di gravità jihadista nel Sahel che ha portato i tre Stati a creare una coalizione anti-terrorismo nel settembre 2023.
Questo contesto permette ai jihadisti di operare in battaglioni, di mettere sotto controllo ampie aree dove costruiscono scuole radicali e riscuotono tasse dalla popolazione. Nella maggior parte dei casi, i militanti agiscono per coercizione, sfruttando il vuoto di potere. In altri, rappresentano un’alternativa alla corruzione e alla povertà. Entrare in un’organizzazione terroristica significa ottenere uno stipendio, uno status e protezione per sé e la propria famiglia.
In altre parole, le organizzazioni radicali sostituiscono i governi. Tutto ciò che lo Stato non riesce a garantire, può essere garantito da un modello estremista incentrato sulla Sharia, la legge sacra dell’Islam. A questo, si aggiunge una forte avversione verso le missioni internazionali e gli eserciti occidentali presenti sul territorio. La presenza straniera infiamma la determinazione dei jihadisti e, al tempo stesso, mina la credibilità dei governi locali, accusati di debolezza, incompetenza e vicinanza alle forze internazionali.
Una galassia jihadista
Sahel: La coalizione JNIM
Sahel in arabo significa “costa”. È la fascia di steppa arida a sud del deserto del Sahara che si estende dall’Oceano Atlantico al Mar Rosso e che, come dice il nome, segna la fine di un immenso mare di sabbia.
È la zona geografica più colpita dal terrorismo islamico. Nel 2023, sono state 11.643 le vittime della jihad, di cui il 35% civili e il restante derivante da scontri con eserciti e tra gruppi terroristici. I dati potrebbero però essere molto più alti, a causa delle pochissime informazioni che possono trapelare dai territori. Soprattutto in seguito ai colpi di Stato in Mali, Niger e Burkina Faso che hanno ridotto al minimo la presenza della stampa.
L’organizzazione leader nella regione è Jama’at Nusrat (JNIM), stanziata in Mali. Il gruppo conta 15.000 soldati e ha instaurato legami solidi con la comunità agricola e pastorale. I militanti occupano aree che definiscono “liberate”, minacciano e assassinano autorità governative e impongono il loro ordine politico e religioso.
#Mali: #JNIM released its latest video "Deterring the Tyrants 2", introducing Mu'askar Al-Quds (the Quds training camp), including drone footage, training with GoPro cams..#Sahel pic.twitter.com/8tDwrud2u7
— MENASTREAM (@MENASTREAM) March 21, 2018
La loro rete si estende in tutta la regione del Sahel, con gruppi affiliati ad Al Qaeda nel Maghreb (AQIM) come Katiba Massina e Ansaroul Islam. La coalizione JNIM è responsabile dell’81% delle morti in tutta la regione. Il resto, è opera dello Stato Islamico del Grande Sahara (ISGS), attivo soprattutto in Niger. Il picco di attività si registra però in Burkina Faso, dove la coalizione JNIM, in particolare Ansaroul Islam, ha portato a termine almeno 36 assedi contro villaggi e cittadine e ora controlla più della metà del territorio dello Stato.
Somalia: il regno di Al Shabaab
Il bersaglio non sono però unicamente i civili. Il terrorismo africano assume molto spesso i tratti di una guerra civile. Come in Somalia, dove si impone Al Shabaab, “la gioventù” in arabo. Si tratta di un’organizzazione terroristica affiliata ad Al Qaeda, emersa come milizia delle Corti Islamiche, organizzazione che nei primi anni 2000 si oppose al governo di Mogadiscio.
Nel 2023, sono stati 7.000 i morti causati dal gruppo terroristico, di cui il 77% collegato a battaglie contro il governo e l’esercito. Imboscate, assalti, convogli esplosivi. Ogni arma viene utilizzata contro le forze dell’ordine somale. L’obiettivo della “gioventù” è di rovesciare il governo di Mogadiscio e instaurare un emirato nel Corno d’Africa. Con un occhio rivolto anche al confine con il Kenya, dove lo scorso anno si sono registrate 279 morti.
Lago Chad: «L’istruzione occidentale è proibita»
Nella regione del Lago Chad opera una delle più efferate organizzazioni terroristiche del mondo: Boko Haram. In arabo, il nome è una locuzione che significa «l’istruzione occidentale è proibita».
A contendere il suo dominio c’è lo Stato Islamico dell’Africa Occidentale (ISWA). Niger, Chad e Nigeria sono teatro di scontri violenti, risultati nel 2023 in più di 4.000 morti. Nonostante la vicinanza ideologica, i due gruppi sono rivali e differiscono anche nelle strategie.
ISWA privilegia l’ingaggio di battaglie e scontri con forze governative, mentre gli attacchi di Boko Haram sono perlopiù rivolti verso la popolazione civile. A questi dati, vanno aggiunte le operazioni criminali nel nord ovest della Nigeria, dove si stima siano stati rapite almeno 3600 persone nel 2023.
Mozambico e Nord Africa
A differenza degli altri teatri della jihad africana, in Mozambico la violenza islamica è diminuita del 71% nel 2023. In totale, si contano 127 attacchi e 260 morti. Un declino dovuto all’offensiva delle forze della Comunità di Sviluppo dell’Africa Meridionale (SADC) e dell’esercito ruandesi per aiutare il governo di Maputo a eliminare gli insediamenti terroristici nelle città di Palma e Mocimboa de Praia. Le forze militari hanno ripreso il 90% del territorio e i rimanenti militanti islamici operano in aree rurali nel distretto di Macomia, con piccoli gruppi e attacchi sporadici contro i civili.
Discorso simile per il Nord Africa, dove l’attività militante è diminuita del 98% nel 2023 con solamente 4 attacchi e 7 morti. Una trasformazione storica, soprattutto alla luce delle 4.097 morti del 2015. Il nucleo principale del jihadismo nord africano degli ultimi anni è stata la penisola del Sinai. Dove le costole di Al Qaeda e Stato Islamico nella regione si sono periodicamente scontrate con il governo del Cairo. Una tendenza però fortemente ridotta, passata dai 156 attacchi contro l’esercito egiziano del 2022 al solo attacco del 2023.
Nonostante il declino, le Nazioni Unite ritengono però che la minaccia jihadista in Nord Africa non debba essere sottovalutata. Soprattutto in relazione allo Stato Islamico in Libia e Al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQIM) che rimangono insediati nel sud della Libia.