Niente più cielo stellato? È colpa dell’inquinamento luminoso

«Io non so nulla con certezza, ma la vista delle stelle mi fa sognare». Nel 1899 a Saint Remy, in Francia, Vincent Van Gogh guardava fuori dalla stanza dell’istituto psichiatrico in cui era ricoverato e si lasciava ispirare dalla bellezza del cielo stellato. Il risultato fu uno dei suoi più celebri dipinti: La notte stellata. Qualche casa e un piccolo campanile che si fondono alla perfezione con un cielo blu pieno di luminose stelle. Se Van Gogh fosse ancora vivo, il paesaggio notturno che vedrebbe dalla sua finestra non sarebbe di certo lo stesso di fine ottocento. E, molto probabilmente, la fonte d’ispirazione del suo dipinto verrebbe meno.

Oggi, poter contemplare un cielo stellato sta diventando un’impresa sempre più ardua, anche nei luoghi più remoti e incontaminati del mondo. Le luci prodotte artificialmente dall’uomo, come quelle provenienti dai lampioni stradali, dai cartelloni pubblicitari, dalle case e dai fari delle automobili, stanno progressivamente alterando i livelli di luminosità naturale presente in ambienti notturni. Questo fenomeno, noto come inquinamento luminoso, sta avendo un grave impatto sull’ambiente, sulla salute degli esseri umani e sulla sopravvivenza di alcune specie animali. È considerato una delle forme di alterazione ambientale più pervasive perché è osservabile a centinaia di chilometri dalla sua sorgente, arrivando così a danneggiare paesaggi notturni anche in aree protette, come i parchi nazionali.

Una preoccupazione mondiale:

L’inquinamento luminoso è un problema globale: l’80% della popolazione mondiale e il 99% degli statunitensi e degli europei vive sotto cieli inquinati dalla luce. Inoltre, a causa di questo fenomeno più di un terzo dell’umanità non può più vedere la Via Lattea, una delle fonti di luce notturna naturale e la galassia che ospita più di 2 miliardi di stelle. A riferirlo è il New World Atlas of Artificial Night Sky Brightness, il primo Atlante dell’inquinamento luminoso, pubblicato su Science Advances nel 2016, a cui hanno lavorato anche tre scienziati italiani. Secondo le mappe, i paesi che vivono ancora in condizioni di cielo quasi incontaminato sono il Ciad, la Repubblica Centrafricana e il Madagascar. Al contrario, gli Stati che hanno la più alta percentuale di popolazione esposta a cieli estremamente luminosi sono Singapore, l’Arabia Saudita e la Corea del Sud. Gli ultimi due detengono anche il primato dei più inquinati dalla luce all’interno del G20, insieme all’Italia.

Mappa mondiale dell’inquinamento luminoso (Fonte: The new world atlas of artificial night sky brightness)

Nel nostro territorio, spiega Fabio Falchi, fisico e ricercatore presso l’Istituto di scienza e tecnologia dell’inquinamento luminoso (ISTIL), «nessuna zona si salva completamente da questo fenomeno». In Italia, le aree più inquinate si trovano in corrispondenza dei luoghi con una maggiore densità di popolazione: «I cieli peggiori, codificati con il colore arancione e rosso nell’Atlante, sono quelli della Val Padana, in Lombardia, e delle grandi città come Roma e Napoli», continua Falchi.

Mappa inquinamento luminoso in Italia (Fonte: lightpollution)

Le zone con cieli migliori, invece, codificate in blu nelle mappe, sono limitate al Sud Tirolo, in Trentino Alto Adige, alla Sardegna e al Piemonte orientale, al confine con la Francia. Anche se, precisa Falchi, «il luogo più buio in assoluto, quindi meno inquinato dalla luce artificiale, è l’Isola di Montecristo nell’arcipelago toscano». Tra i due estremi si collocano poi i cieli discretamente bui della Maremma, sempre in Toscana, e della Basilicata, entrambi codificati in verde, dove il livello di inquinamento luminoso è ancora discreto. Tuttavia, il fenomeno continua ad espandersi rapidamente. Secondo uno studio condotto dai ricercatori dell’Istituto di geofisica di Potsdam, in Germania, e pubblicato su Science Advances, l’inquinamento luminoso, tra il 2012 e il 2016, è aumentato a livello mondiale di circa il 2% ogni anno.

Le normative contro i cieli inquinati:

Attualmente in Italia non esistono leggi nazionali che regolamentano l’inquinamento luminoso, nonostante i danni causati dalla luce artificiale siano ormai certi e dimostrati. Secondo Falchi, il motivo di questo vuoto legislativo è che «il fenomeno è sempre stato considerato un inquinamento di serie B».

Tuttavia, tra la fine del novecento e l’inizio degli anni duemila, sono state emanante una serie di normative regionali che stabiliscono dei criteri per limitare l’inquinamento luminoso. Ad oggi 19 regioni su 21 hanno un proprio regolamento in materia. Il primo è stato approvato in Veneto nel 1997 e fissa i limiti massimi di emissioni luminose artificiali notturne, individuando anche gli enti e le istituzioni responsabili del controllo, come i Comuni e l’Agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpa). Secondo quanto riporta il sito dell’associazione Cielobuio, che si occupa di inquinamento luminoso a livello nazionale, la Sicilia e la Calabria sono le uniche due regioni a non aver ancora adottato nessun provvedimento.

Al di fuori dell’Italia, la legislazione relativa all’inquinamento luminoso non è molto differente: «Solo in Francia e Slovenia è stata approvata una normativa nazionale», spiega Falchi. Nello specifico quella francese, in vigore dal 2019, stabilisce che l’illuminazione esterna di aree commerciali deve essere spenta un’ora dopo la chiusura delle attività. Negli altri Stati europei, invece, si hanno regolamentazioni solo a livello regionale o addirittura locale: «In Spagna, ad esempio, il Parlamento ha approvato una legge, ma riguarda solo l’isola di La Palma e parte di quella di Tenerife», precisa Falchi.

Animali disorientati dalla luce:

«Quando aggiungiamo luce all’ambiente, si ha il potenziale per disturbare l’habitat, proprio come fare correre un bulldozer sul paesaggio»

Così Chad Moore, responsabile del programma Cieli Notturni del National Park Service, negli Stati Uniti, definisce gli effetti devastanti dell’inquinamento luminoso sull’habitat naturale. L’introduzione della luce artificiale altera gli equilibri di alcune specie animali, tra cui insetti, anfibi e uccelli, arrivando a provocarne la scomparsa.

A causa dell’inquinamento luminoso, alcune specie di uccelli migratori sono indotte a volare fuori rotta

Gli animali notturni sfruttano il buio della notte per svolgere le loro principali attività, come la caccia, l’accoppiamento e l’alimentazione, e riposano durante le ore di luce naturale. L’inquinamento luminoso, però, ha trasformato l’ambiente notturno in giorno, causando un’alterazione del loro ciclo di vita. È il caso di alcune specie di uccelli migratori, che per colpa delle luci artificiali sono indotti a volare fuori rotta, dirigendosi verso le città.

Ogni anno, secondo quanto riporta l’International Dark Sky Association, sono milioni gli uccelli che muoiono nella collisione con grandi edifici cittadini. È stato registrato un calo significativo anche di alcune popolazioni di insetti, erroneamente attratte dalla luce artificiale, con conseguenze negative su tutte le specie che si affidano a loro per l’impollinazione.

Le luci artificiali disorientano i cuccioli di tartaruga marina, facendoli dirigere verso la parte opposta

Oltre a uccelli e insetti, anche le tartarughe marine sono minacciate dall’eccessiva presenza di luci artificiali all’interno del loro habitat naturale. Questa specie di rettili vive nell’oceano ma nasce di notte sulla spiaggia. I cuccioli di tartaruga, appena usciti dalle uova, seguono la luce della luna che si riflette sulle onde come guida verso l’oceano. Ma le luci artificiali possono disorientare il loro percorso, facendoli dirigere nella direzione opposta. Il giorno successivo, i cuccioli muoiono disidratati perché spinti lontano dall’oceano a causa dell’inquinamento luminoso. In Florida, ad esempio, dove nidificano oltre il 90% delle tartarughe marine negli Stati Uniti, sono milioni gli esemplari che muoiono per questo motivo.

Gli effetti della luce blu sull’uomo

L’esposizione alla luce artificiale durante le ore notturne può avere effetti dannosi anche sulla salute degli esseri umani. In questo caso, il problema riguarda l’illuminazione degli ambienti interni, in particolare l’emissione di luce con una forte componente blu, proveniente per la maggior parte da lampade a Led e da schermi di telefoni, computer e televisioni. «Quando siamo esposti a questo tipo di luce, il nostro ritmo circadiano, che regola le attività diurne e notturne, ne risente moltissimo. E la produzione di melatonina, l’ormone che serve a regolarlo, cala o viene addirittura soppressa», spiega Falchi.

La parte blu dello spettro elettromagnetico, quindi, inibisce la produzione della melatonina che viene rilasciata quando è notte e che, oltre a regolare il nostro ciclo sonno-veglia, svolge un ruolo fondamentale per l’intero organismo, rafforzando il sistema immunitario, abbassando il colesterolo e inducendo il sonno. Per il corpo umano, le conseguenze di una maggiore quantità di luce blu si traducono in privazione del sonno, affaticamento, mal di testa, stress e ansia. Inoltre, secondo gli esperti della Harvard Medical School, le lampade a Led riducono le preoccupazioni ambientali e sono molto più efficienti dal punto di vista energetico, ma la loro tendenza a produrre una maggiore quantità di luce blu crea un contrasto troppo forte con la salute degli esseri umani.

Cosa si può fare per ridurre l’inquinamento luminoso?

Per contrastare questo fenomeno è innanzitutto fondamentale aumentare la sensibilizzazione nei confronti del problema perché, spiega Falchi, «ad oggi la consapevolezza nella popolazione è bassissima». Nel New World Atlas od Artifical Night Sky Brightness è contenuto il decalogo del cittadino virtuoso, che riporta una serie di provvedimenti pensati per ridurre l’inquinamento luminoso. Alcuni di questi sono già stati messi in atto nella maggior parte delle regioni italiane che hanno approvato una legge in materia. Uno dei punti principali riguarda la schermatura totale delle luci, cioè vietare agli apparecchi di illuminazione di inviare direttamente la luce all’orizzonte e al di sopra dall’area da illuminare.

Un altro aspetto fondamentale riguarda la riduzione della quantità di luce: «Dovremmo limitare la nostra esposizione a fonti luminose artificiali, soprattutto a quella con una forte componente blu, spegnendole o abbassandone il livello», dice Falchi. All’interno degli appartamenti, una delle possibili soluzioni è scegliere lampadine con tonalità calda, con una temperatura di colore di 2700K al massimo.

Per abbassare il livello di inquinamento luminoso sono consigliate lampadine con una temperatura di colore di 2700K massimo

Negli ambienti esterni, invece, per diminuire i livelli di inquinamento luminoso è fondamentale intervenire sugli impianti di illuminazione pubblica: «Dobbiamo agire sulle singole sorgenti di luce -spiega Falchi- sia in termini di intensità che di quantità. Negli ultimi anni non c’è stata una limitazione al numero di installazioni e per questo il flusso di inquinamento ha continuato ad aumentare». Sostituire e ridurre gli impianti di illuminazione pubblica e passare meno tempo esposti alla luce artificiale hanno già portato i primi risultati. E, prolungate nel tempo, potrebbero essere la chiave vincente per bloccare l’avanzata dell’inquinamento luminoso.

Elisabetta Murina

23 anni. Nata e cresciuta a Milano. Dopo la laurea in Linguaggi dei media all'Università Cattolica, inizio il mio percorso al master in giornalismo IULM. Ora scrivo su MasterX. La prima esperienza in un periodico femminile, dove l'interesse verso questo mondo è cresciuto sempre di più. Grande appassionata di moda, spettacolo e arte in ogni sua forma. Curiosa di natura e sempre in cerca della verità.

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