Il Parlamento Europeo quest’anno aveva negato – con l’Italia a favore, e Francia e Germania astenute – il rinnovo della licenza di utilizzo del glifosato. Il 2 dicembre la Commissione Europea ha ribaltato la volontà parlamentare, prorogando per tutto il 2023 l’autorizzazione all’impiego. Non è la prima volta, potrebbe non essere l’ultima. La controversa sostanza chimica era in scadenza dopo cinque anni questo 15 dicembre. Ma cerchiamo di capire cos’è il glifosato, e perché il mondo – e non solo l’Europa – sembra non poterne fare a meno.
Cos’è il glifosato
Glifosato (o glifosate) è il nome del principio attivo brevettato da Monsanto – multinazionale statunitense attiva nel campo delle biotecnologie agrarie – e oggi prodotto liberamente sotto diversi nomi commerciali, insieme a svariati coformulanti (sostanze che mescolate con un principio attivo ne aumentano l’efficacia). Si tratta di un erbicida solubile in acqua unico nel suo genere, in grado di seccare e uccidere tutte le erbe infestanti in meno di una settimana, fino a distruggerne la radice. Il suo utilizzo dagli anni ‘50 è stato centrale nell’abbattere i costi di produzione e aumentare l’efficienza delle coltivazioni, in particolare di alimenti essenziali come grano e mais. Da decenni è il pesticida più utilizzato a livello globale, nonché il simbolo della battaglia ambientalista per la salute del pianeta e la qualità del cibo.
La forza del glifosato, che poi vedremo essere anche il suo enorme difetto, è la facilità con cui riesce a mescolarsi con l’acqua. È sufficiente la quantità contenuta in una tazzina di caffè per contaminarne decine di litri. È molto semplice da utilizzare, basta un tecnico dotato di un miscelatore e una lancia irroratrice, oltre agli opportuni presidi sanitari. Così si potrà lavorare su decine di ettari da coltivare.
I pericoli per la salute
Abbiamo detto che il glifosato moltiplica la sua efficacia a contatto con l’acqua, e che grazie a questa caratteristica uccide le piante superficialmente, per poi sprofondare nel terreno – attraverso l’acqua, appunto – fino a colpire la radice. Il problema è che quest’acqua non si ferma, continua a scendere come farebbe naturalmente fino a raggiungere le falde acquifere superficiali, mescolandosi all’acqua pura.
Questo processo va avanti in tutto il mondo da più di mezzo secolo. Si calcola che se smettessimo di usare il glifosato domani, le falde acquifere continuerebbero a essere contaminate per altri 50 anni. Queste riserve idriche vengono normalmente utilizzate per innaffiare le coltivazioni frutticole o arboricole, col risultato che piccole quantità di glifosato finiscono in ogni alimento del mondo. Insomma un circolo vizioso in cui più coltiviamo, più glifosato utilizziamo; e più glifosato utilizziamo, più l’acqua di cui si nutrono le stesse piante che mangiamo si avvelena.
Il dibattito scientifico
Non si è unanimemente stabilito se il glifosato sia o meno cancerogeno per l’uomo, ma il sospetto appare legittimo. L’ECHA, l’agenzia europea per le sostanze chimiche, ha concluso che il glifosato non è cancerogeno ma può “solo” causare gravi danni agli occhi ed è tossico per la vita acquatica. Nel 2015 l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro aveva classificato la sostanza come “probabile cancerogeno per l’uomo”, e non ha mai modificato tale valutazione. E uno studio del 2016 dell’Istituto Ramazzini di Bologna, ha dimostrato che anche piccole quantità di glifosato possano alterare alcuni importanti parametri biologici relativi allo sviluppo sessuale, alla genotossicità (la capacità di una sostanza chimica di danneggiare il DNA) e al microbioma intestinale, specialmente nelle donne.
Cosa ne pensa l’Europa
Infine, la proroga di un anno da parte della Commissione europea potrebbe essere stata determinata dalle dichiarazioni di EFSA, l’autorità europea per la salvaguardia alimentare. L’ente afferma di avere bisogno di almeno altri sei mesi per completare la sua valutazione scientifica, per decidere se consigliare o meno la messa al bando.
Perché l’UE continua a tollerare il glifosato?
È una domanda legittima, che trova la sua risposta nell’economia. Il glifosato è indispensabile perché abbatte i costi complessivi di tutta la filiera agricola. Alternative come la pacciamatura o la zappettatura comportano un aumento dei costi della manodopera insostenibile, che porterebbe a un aumento del prezzo di ogni alimento sugli scaffali dei supermercati. Altrimenti dovremmo ricorrere a soluzioni in apparenza naturali, ma persino più dannose per l’ambiente. È il caso del pirodiserbo, una tecnica con cui si dà fuoco a tutte le infestanti, andando a creare un nuovo canale di emissioni di carbonio; o dell’utilizzo di acqua ad alti volumi per soffocare le infestanti (il cosiddetto overwatering), che andrebbe solo a peggiorare l’emergenza idrica mondiale.
Le alternative… ce ne sono davvero?
“Troviamo sostanze chimiche alternative”, si potrebbe argomentare. Non è così semplice. Da più di un decennio è in atto una corsa multimiliardaria al sostituto chimico del glifosato, con le maggiori multinazionali del settore – in primis Bayer – alla ricerca di un sostituto altrettanto efficace, ma meno nocivo per l’ambiente. La ricerca continua, mentre il sospetto è che l’Europa (e il mondo) potrà fare a meno del glifosato solo quando un nuovo principio attivo apparirà sul mercato. Verrebbe quasi da dire: “morto un Papa, se ne fa un altro”.
Articolo di Ivan Torneo