“La Cina sta riducendo la sua dipendenza dal resto del mondo, ma sta aumentando la dipendenza del resto del mondo dalla Cina”, queste le parole della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, intervenuta il 18 aprile all’Eurocamera durante un dibattito sulle relazioni tra Unione Europea e Cina.
Girare le spalle a Pechino non è quindi nel nostro interesse per tanti motivi. Tra tutti c’è la sfida del cambiamento climatico. La Cina è ormai imprendibile nella corsa globale ai minerali indispensabili per esempio per la produzione delle batterie per le auto elettriche. Secondo la Banca Mondiale la produzione di metalli dovrà aumentare del 500% per soddisfare gli obiettivi climatici e l’Europa è in ritardo.
C’è un metallo in particolare, ultraleggero ma che pesa enormemente sugli equilibri mondiali. Lo si estrae in natura e viene usato, oltre che nelle batterie delle auto elettriche, nella produzione di ceramiche, vetri, lubrificanti e leghe. Sto parlano del litio, l’oro bianco, come viene chiamato. I primi investimenti delle società cinesi nell’estrazione di litio in Paesi in via di sviluppo, come l’Africa, sono stati la chiave del successo registrato finora da Pechino, ma la nuova corsa all’oro è solo all’inizio.
Una delle sfide per la transizione energetica è di procurarsi le materie prime come il litio, che giocheranno un ruolo fondamentale per la produzione delle nuove tecnologie su larga scala. La metà delle risorse mondiali di litio si trova in un triangolo, un’area nell’altopiano andino che si estende tra Argentina, Bolivia e Cile. Oggi i Paesi dell’America del Sud sono tra i principali produttori e con Australia e Cina coprono il 90% del litio mondiale, con un mercato che si aggira sugli 8 miliardi di dollari. Entro il 2030, si ipotizza che la domanda di oro bianco aumenterà di quasi cinque volte, ma da qui alla fine del decennio anche l’Africa potrebbe giocare un ruolo fondamentale, arrivando a fornire un quinto del fabbisogno mondiale. Zimbabwe, Namibia, Mali, Repubblica Democratica del Congo, Ghana ed Etiopia hanno delle importanti riserve e la Cina è già presente in questi territori, con contratti firmati o pronti da firmare.
Va tenuto conto però che l’estrazione del litio comporta un gran consumo di acqua, l’emissione di CO2, la produzione di grandi quantità di scorie minerarie e l’alterazione del ciclo idrologico. Basti l’esempio del Salar de Atacama, il lago salino del Cile in cui le attività estrattive del litio hanno ridotto del 65% le risorse idriche. Un altro problema è che finora le batterie al litio, una volta esauste, sono finite in discarica invece di essere riciclate. C’è quindi una contraddizione tra l’aumento della produzione di auto elettriche green o pulite e una produzione che inquina fortemente, con tutte le relative conseguenze ambientali e per la salute.
Nonostante i rischi, chi più chi meno, tutti i Paesi cercano di aumentare il proprio approvvigionamento di litio e anche l’Italia non è da meno. Secondo un recente studio del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche), anche il nostro suolo possiede delle riserve di questo metallo. Tra i territori più promettenti ci sono Toscana, Lazio e Campania, ma non si esclude che vi siano altre zone inesplorate con giacimenti ancora da scoprire. Capire quanto litio c’è in questi siti e se vale davvero la pena estrarlo richiederà, però, ricerca e investimenti a lungo termine.
La febbre del nuovo oro divampa anche altrove: Stati Uniti e Europa compresi. Si cerca litio in Portogallo, Spagna, Austria, Repubblica Ceca e Germania, dove è allo studio anche un avveniristico impianto per estrarlo dalle acque geotermiche e provare a ridurre così l’impatto ambientale. Quello di Cínovec, al confine tra Repubblica Ceca e Germania, è finora il più grande giacimento di hard rock contenente litio conosciuto nell’Unione europea e la miniera dovrebbe essere avviata nel 2024.
Nel frattempo, però, le scoperte di nuovi giacimenti potrebbero ridisegnare gli equilibri mondiali. Recentemente, per esempio, il governo iraniano ha affermato di aver trovato un nuovo deposito di litio nella provincia di Hamedan, che conterrebbe fino a 8,5 milioni di tonnellate dell’elemento. Sarebbe quindi il secondo giacimento più grande al mondo, dopo quello cileno. L’Iran potrebbe detenere fino al 10% di tutte le riserve globali, cosa che porterebbe il Paese al centro della scena geopolitica, dopo anni di crisi economica a causa di sanzioni e inflazione. Ma chi estrarrà questo litio è ancora tutto da vedere.
Il litio sta diventando un potenziale fattore di rischio anche nelle relazioni internazionali. Il caso della guerra in Ucraina fa scuola perché, come abbiamo visto anche in un’altra puntata di questo podcast, in Ucraina c’è un’area molto ricca di materie prime tra cui il litio, e se questo non è l’unico motivo dell’invasione russa è comunque un fattore fondamentale nella sfida che si prospetta con la transizione energetica. Questa zona geologica, in termini di potenziale di risorse minerarie generali, non ha praticamente pari in Europa e nel mondo. In particolare i ricercatori ucraini, insieme a quelli del Cnr, hanno condotto delle esplorazioni che hanno portato a dei risultati strabilianti: il territorio ucraino, unito a quello serbo, potrebbe avere la maggior riserva di litio d’Europa. Il litio è stato individuato soprattutto attorno all’area di Mariupol, la città portuale del Donbas distrutta dai bombardamenti e attualmente occupata dai russi. Già nel 2021 la Commissione europea e Kiev avevano firmato un partenariato strategico sulle materie prime e la European Lithium Ltd, società di esplorazione e sviluppo di proprietà minerarie che ha sede a Vienna, si era accordata con un’azienda ucraina che aveva ottenuto i permessi per estrarre il litio da due depositi nella regione di Donetsk e nella regione di Kirovograd. Così, tra l’altro, l’azienda europea aveva sconfitto la concorrenza dell’azienda cinese Chengxin. Qualche mese dopo, Putin ha ordinato l’invasione dell’Ucraina.
Il litio è fondamentale per raggiungere l’obiettivo di sviluppo dell’industria delle batterie utilizzate per esempio nelle auto elettriche. Gli attuali leader nella produzione delle batterie sono Giappone, Corea del Sud, Cina e Australia, e secondo un rapporto di IDTechEx, che si occupa di indagini di mercato, entro la fine del decennio le auto elettriche vendute a livello globale passeranno dalle circa 35 milioni del 2021 a oltre 74 milioni di unità.
La domanda di veicoli elettrici fa sì che il commercio di litio continui a crescere, nonostante i rischi ambientali e geopolitici, in un quadro in cui si scivola sempre più dall’interdipendenza a cui ci ha abituati la globalizzazione a una aperta contrapposizione tra Stati per la conquista di materie prime.
In sintesi, il commercio di litio è diventato sempre più importante nell’era delle tecnologie a basse emissioni di carbonio e del passaggio ai veicoli elettrici. Tuttavia, le preoccupazioni riguardo all’ambiente e al controllo delle risorse di litio sono innegabili e dovranno trovare delle risposte nel prossimo futuro.
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