«Mentono meschinamente e nascondono il suo corpo attendendo quando svaniranno le tracce dell’ennesimo Novichok di Putin». Con queste parole Yulia Borisovna Navalnaya, la moglie di Alexei Navalny, ha lanciato il suo j’accuse nei confronti del presidente russo. La morte del blogger e dissidente politico, avvenuta nella prigione artica IK-3 il 16 febbraio 2024, sarebbe dovuta all’avvelenamento da questo potente agente nervino. Una sorta di marchio di fabbrica del governo russo, già usato in passato in altre occasioni e, senza successo, sullo stesso Navalny, nel 2020. Ma cos’è questa sostanza letale? Quali sono i suoi effetti sull’organismo e quando è stata sviluppata?
Cos’è il Novichok?
Con il termine “Novichok” – “nuovo arrivato” in russo – si indicano un centinaio di sostanze appartenenti alla classe chimica degli organofosfati. Queste potenti neurotossine – tra le più letali mai realizzate – interferiscono con il funzionamento di alcuni neurotrasmettitori, ossia le molecole che consentono la comunicazione fra le cellule del sistema nervoso. Nello specifico, la sostanza inibisce l’enzima acetil-colinesterasi, causando l’accumulo di acetilcolina nei recettori neuromuscolari e la conseguente iper-attivazione del sistema nervoso parasimpatico. Di qui la riduzione del battito cardiaco e della pressione arteriosa, la contrazione involontaria di tutti i muscoli, il danneggiamento di organi e tessuti, il riversamento di liquidi nelle vie aeree e la successiva costrizione dei bronchi. Tra i sintomi dell’avvelenamento, convulsioni, nausea, paralisi, eccessiva salivazione, difficoltà respiratorie, perdita di urine e feci. La morte sopraggiunge per arresto sia cardiaco che respiratorio e avviene in tempi rapidissimi: dai 30 secondi ai 2 minuti.
Il Novichok viene prodotto in forma liquida, in polvere e come aerosol. La sostanza è inodore e può essere sia inalata sia assorbita attraverso la pelle. L’agente nervino è stato realizzato per non essere tracciabile con i metodi chimici standard di rilevamento della Nato e per aggirare la Convenzione sulle armi chimiche. È inoltre permeabile rispetto agli abiti di protezione chimica della Nato, oltre a essere sicuro da maneggiare e da stoccare. A differenza di altri agenti nervini, infatti, il Novichok può essere suddiviso in composti più stabili e meno pericolosi, che diventano letali solo se mescolati, il che ne rende sicuro il trasporto. Esistono antidoti, come l’atropina e l’ossima, ma questi non escludono la possibilità di danni permanenti.
Quando è stato sviluppato il Novichok?
Le sostanze della classe Novichok furono sviluppate nell’Unione Sovietica degli anni ’70 e ’80, nel contesto del programma segreto “Foliant”. Il progetto, condotto all’interno dell’impianto chimico di Pavlodarsk, nell’odierno Kazakistan, mirava ad aggirare i controlli sulle armi chimiche attraverso la creazione di nuovi insetticidi e agenti nervini. Di qui la realizzazione di un’arma chimica di quarta generazione, molto più tossica di quelle fino ad allora prodotte. Il Novichok A-230, ad esempio, supera da cinque a otto volte l’agente nervino VX, quello usato nel 2017 per eliminare il fratellastro di Kim Jong-un. La sua esistenza sarebbe dovuta rimanere segreta, ma fu apertamente ammessa dalle autorità in seguito alle rivelazioni di Vil Mirzayanov e Lev Fedorov.
I due chimici pubblicarono nel 1992 un articolo sul settimanale Moskovskiye Novosti, alla vigilia della firma russa della Convenzione sulle armi chimiche. Mirzayanov era il responsabile di un dipartimento di controspionaggio ed era stato incaricato di effettuare misurazioni all’esterno degli impianti di armi chimiche, per assicurarsi che spie straniere non fossero in grado di rilevare eventuali tracce. Lo scienziato si rese però conto che i livelli di sostanze mortali erano 80 volte superiori alla concentrazione massima di sicurezza e decise rivelare l’esistenza dell’agente nervino. Le autorità russe lo arrestarono, il 22 ottobre del 1992, con l’accusa di alto tradimento, e lo rinchiusero nel carcere di Lefortovo per divulgazione di segreti di Stato. Successivamente, però, venne liberato, perché «nessuna delle formule o delle sostanze nocive rivelate erano nuove alla stampa sovietica, così come i luoghi dei siti per i test».
L’utilizzo del Novichok per eliminare gli oppositori
Da quando ne fu rivelata l’esistenza, il Novichok è stato usato in diverse occasioni per eliminare oppositori del presidente Vladimir Putin. Un agente nervino appartenente a questo gruppo venne ad esempio usato a Salisbury, in Inghilterra, il 4 marzo 2018, per avvelenare l’ex spia russa Sergei Skripal, condannato per tradimento, insieme alla figlia Yulia. Lo stesso Navalny fu in passato oggetto di un attacco da Novichok. Era il 20 agosto del 2020 e il dissidente si trovava su un volo Tomsk-Mosca. Portato due giorni dopo in gravi condizioni all’ospedale Charité di Berlino, i test tossicologici confermarono la presenza di Novichok. L’ipotesi è che qualcuno avesse tentato di avvelenarlo tramite una tazza di caffè. In quella circostanza, però, Navalny riuscì a sopravvivere. Il motivo era forse la bassa quantità utilizzata, la sua capacità di dissoluzione nel mezzo e le circostanze successive, soprattutto il fatto che il dissidente avesse vomitato.
Che anche in questo caso si sia trattato di Novichok non è affatto appurato. Le autorità russe hanno fatto sapere che i risultati delle analisi sul corpo non arriveranno prima di 14 giorni, e per il momento parlano di una vaghissima «sindrome da morte improvvisa». Alcuni segnali, però, vanno in quella direzione. Anzitutto, i lunghissimi tempi per eseguire l’autopsia, un ritardo forse necessario a far disperdere le tracce del Novichok. Poi, il divieto nei confronti della madre di vedere il corpo, un modo forse per evitare di contagiarla. A quel punto un laboratorio indipendente potrebbe infatti individuare le tracce della sostanza. E ancora, il sospetto viavai la sera prima del decesso, con celle sbarrate e addirittura interi reparti chiusi all’improvviso.
Verità o mistero?
Certo, la morte di Navalny potrebbe essere stata causata anche dalle condizioni detentive cui era sottoposto. Condizioni che potrebbero aver avuto i loro effetti su un fisico già debilitato dall’avvelenamento del 2020. Fatto sta l’autopsia non verrà condotta alla presenza di un perito di parte, di modo che nessuno potrà mai essere sicuro della veridicità dei risultati. E il corpo di Navalny potrebbe essere trattenuto a tempo indeterminato, se si dovesse aprire un procedimento penale sull’accaduto. Insomma, la verità potrebbe rimanere per sempre un mistero. Ma le cancellerie occidentali hanno già emesso la loro sentenza.