Monte dei Paschi Siena (Mps) chiude il 2023 con utili superiori ai 2 miliardi. Il risultato è superiore alla stima di 1,3 miliardi attesa dagli esperti. La notizia è arrivata il 7 febbraio 2024 alla presentazione dei conti del 2023 agli analisti, poi tramite un comunicato ufficiale. E a sorpresa tornano dopo 13 anni anche i dividendi per gli azionisti.
La conferenza, tenuta dall’amministratore delegato di Mps Luigi Lovaglio, segna «un punto di svolta e un passaggio decisivo nei confronti degli stakeholder, un cambiamento dovuto a persone di talento e alla disciplina gestionale. Abbiamo riportato in vita le nostre tradizioni e il patrimonio per servire famiglie e imprese grazie a un modello integrato».
La quarta più grande banca italiana dà segnali di risalita dopo anni difficili. Ripercorriamo le vicissitudini che hanno portato Mps più volte sull’orlo del fallimento. Con uno sguardo al ruolo dello Stato nel sostenere la più antica banca al mondo ancora operativa.
MPS: Storia di un declino
Monte dei Paschi di Siena è una delle banche più antiche al mondo. Nata nel 1472 come banco dei pegni, con il nome di Monte di Pietà, prima di essere al centro della cronaca per i suoi scandali era considerata uno dei fiori all’occhiello del sistema bancario italiano.
Il declino partì nel 2007, anno dell’acquisto di banca Antonveneta. L’allora presidente di Monte dei Paschi, Giuseppe Mussari, intraprese una strategia espansionistica per trasformare la banca senese in un polo di aggregazione. Nel novembre 2007, Mps acquisì da Santander la Antonveneta di Padova, istituto che era stato al centro dello scandalo Bancopoli. L’operazione si riflesse in un esborso da 9 miliardi di euro, a cui dovevano essere aggiunti i 7,5 miliardi di debito che Antonveneta aveva verso l’istituto di credito olandese Abn Amro.
Il risultato fu un aumento di capitale da 9 miliardi di euro. Una cifra esorbitante che divenne insostenibile l’anno successivo, con lo scoppio della crisi finanziaria del 2008 innescata dal fallimento della Lehmann Brothers. Mps subì perdite ingenti che vennero contenute dallo Stato con i Tremonti Bond, delle obbligazioni convertibili, per un ammontare di 1,9 miliardi di euro.
La situazione si ripeté con la Crisi del Debito Sovrano del 2011 e raggiunse l’apice con il governo Monti. Le obbligazioni cambiarono nome in Monti Bond e vennero sottoscritte per un totale di 3,9 miliardi di euro.
A complicare il quadro, una piaga oscura del bilancio di Mps. Dai conti della banca emersero prodotti derivati, chiamati Alexandria e Santorini, che erano stati usati per coprire un totale di 730 milioni di euro di perdite.
Nel 2017, lo Stato intervenne in prima persona. Mps ricevette dalle casse del Ministero dell’economia e delle finanze (Mef) 6 miliardi di euro sugli 8,8 totali di aumento di capitale, arrivando a possedere il 64,23% delle quote azionarie della banca senese.
Il ritorno dei dividendi
Da quanto emerge dal comunicato, il totale dei dividendi da distribuire agli azionisti ammonta a 315 milioni di euro, pari a 0,25 centesimi per azione. Un regalo inaspettato anche per il Mef, che incasserà circa 125 milioni grazie al 39,23% delle quote in suo possesso.
E 315 milioni, casualmente, sono anche le azioni Mps cedute dal Mef a novembre 2023. Una procedura accelerata di raccolta ordini che ha fruttato al Tesoro 920 milioni di euro. In questo modo lo Stato è passato dal 64,23% al 39,23% della quota Mps posseduta.
Gli utili di Mps sono anche il frutto di un quarto trimestre molto positivo del Gruppo, con ricavi che, stando al comunicato di Mps, «ammontano a 993 milioni di euro, in crescita rispetto al trimestre precedente (+4,1%)». A trainare la crescita le commissioni nette (+5,9%), ma anche i maggiori proventi generati dalle partecipazioni dell’istituto bancario in varie società assicurative.
Gli utili in crescita sono il sintomo di una rinascita di Mps che è stata definita – facendo riferimento alle radici quattrocentesche della banca – un Rinascimento. «Non so se si possa parlare di Rinascimento, ma abbiamo creato le condizioni giuste affinché questo si verifichi – ha commentato Lovaglio -. È stato come scalare una montagna con uno zaino molto pesante. Adesso il nostro zaino si è alleggerito e riteniamo di poter accelerare il passo. Vogliamo rafforzare la vocazione di banca commerciale semplice e chiara».