Nella notte tra giovedì 11 e venerdì 12 gennaio Stati Uniti e Regno Unito hanno lanciato un massiccio raid aereo sullo Yemen. Obiettivo: colpire basi, strutture logistiche e armi dei ribelli Houthi, la milizia sciita filo-iraniana che negli ultimi mesi ha messo a rischio la libera navigazione nel Mar Rosso. Una rappresaglia, quella anglo-americana, che ha di fatto reso concreta l’escalation che, da mesi, l’Occidente sosteneva di voler evitare.
Gli attacchi
I raid iniziano poco dopo la mezzanotte italiana. Caccia F-18 “Super Hornet” della marina americana decollano dalla portaerei USS Eisenhower. In contemporanea, dal Bahrain, partono velivoli di supporto mentre da nord, dalla base aerea di Akrotiri a Cipro, si alzano i “Typhoon” britannici. Gli obiettivi dichiarati sono i principali centri in mano agli Houthi: la capitale yemenita Sana’a, il porto di Hodeida e le città di Saada e Dhamar. Necessario anche un passaggio preliminare dal presidente egiziano al-Sisi: i caccia britannici dovevano attraversare lo spazio aereo dell’Egitto, che quindi appoggia implicitamente l’operazione.
On Jan. 11 at 2:30 a.m. (Sanaa time), U.S. Central Command forces, in coordination with the United Kingdom, and support from Australia, Canada, the Netherlands, and Bahrain conducted joint strikes on Houthi targets to degrade their capability to continue their illegal and… pic.twitter.com/bR8biMolSx
— U.S. Central Command (@CENTCOM) January 12, 2024
In contemporanea, con il supporto non operativo di Australia, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Bahrain e Canada, i cacciatorpediniere (e sottomarini) americani nel Mar Rosso riversano nel cielo decine di missili da crociera. Poco dopo è il turno delle navi britanniche HMS Diamond e HMS Richmond. Il bilancio finale è di circa 60 bersagli colpiti in 16 differenti luoghi legati agli Houthi.
Le reazioni
Quasi immediata la risposta dei ribelli. Il loro viceministro degli esteri, Hussein el-Ezzi, dichiara su X: «L’America e la Gran Bretagna si preparino a pagare un prezzo elevatissimo e ad affrontare le conseguenze di questa palese aggressione». Secondo alcuni resoconti, non verificati, la reazione ribelle sarebbe stata anche materiale: alcuni missili e droni avrebbero preso di mira le navi statunitensi e avrebbero addirittura colpito una di quelle britanniche. Washington e Londra, però, non confermano.
Critica la Russia, che ha convocato per oggi alle 16 (ora italiana) una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. E preoccupazione la esprime anche la vicina Arabia Saudita, che fino ad oggi aveva chiesto di evitare attacchi diretti agli Houthi per cercare di mantenere intatta la difficile tregua raggiunta dopo anni di scontri e violenze nello Yemen occidentale.
Interviene anche l’Iran, alle spalle delle milizie yemenite: «Condanniamo con forza gli attacchi in Yemen, che consideriamo una violazione delle leggi internazionali», dice un portavoce del ministero degli esteri iraniano. Tehran ha un ruolo fondamentale: alle spalle degli Houthi da sempre, il regime degli Ayatollah aveva nell’area una nave logistica. La Behshad, questo il suo nome, dopo due anni di sosta nel Mar Rosso è stata tracciata in partenza verso sud proprio negli ultimi giorni. Segno che l’Iran era stato avvertito per tempo.
Cosa succede ora
Per il momento, fanno sapere dalla Casa Bianca e da Downing Street, le azioni dirette contro i ribelli si fermano. A colpire sono stati solo Stati Uniti e Regno Unito, senza altri coinvolgimenti dei partner internazionali. Un po’ per contenere le conseguenze, un po’ perché entrambi i Paesi possono, in base alle loro leggi, sferrare attacchi militari senza preventivo consenso del Parlamento.
A statement from Prime Minister @RishiSunak on strikes against Houthi military targets. pic.twitter.com/rhs4fdPKC5
— UK Prime Minister (@10DowningStreet) January 12, 2024
I raid devono essere quindi considerati soprattutto come un avvertimento. Attacchi e sequestri ai danni delle navi mercantili che transitano dal vitale stretto di Bab-el-Mandeb (tra Yemen e Eritrea) devono cessare immediatamente. Avvertimento che gli Houthi non intendono recepire.
È però prevedibile che lo scenario mediorientale peggiori. Di fatto l’Occidente, dopo averla evocata a lungo come scenario da non realizzare, ha innescato un’escalation. E mentre Israele a nord apre di fatto un nuovo fronte in Libano, contro Hezbollah, l’incendio potrebbe espandersi allo Yemen. E, forse, all’Iraq. Non è un caso che dopo giorni di attentati e scontri verbali tra autorità locali e la coalizione occidentale, proprio mentre i caccia colpivano gli Houthi nelle basi americane di Baghdad suonassero le sirene antiaeree.