Sensori per il movimento e la rilevazione di ostacoli, un display controllato dagli operatori e quattro scompartimenti per portare altrettanti vassoi: è sbarcato in Italia “Buck”, il primo robot-cameriere mai sperimentato da una catena di fast food nel nostro Paese. Ad averlo introdotto, seppur non ancora a pieno regime, è il colosso americano Kfc nel ristorante di Verona, affacciato su piazza delle Erbe. L’idea è quella di fornire al personale uno strumento in grado rendere più veloce ed efficiente il loro lavoro. Ma c’è chi teme un effetto negativo in termini di occupazione. Un timore che ogni innovazione tecnologica porta inevitabilmente con sé.
Un approccio innovativo
Il prototipo – soprannominato “Pina” – è stato sviluppato da Communikare, agenzia lombarda specializzata in robotica e intelligenza artificiale. Superata la fase dei test, è attivo nel primo piano del ristorante veronese. In una città dove è già stato sperimentato un supermercato senza cassieri. «La scelta non è casuale», commenta in una nota Us Food Network, il franchise americano che gestisce il robot. «La città di Verona, con le sue importanti bellezze artistiche, richiama tutto l’anno un ampio flusso di turisti italiani e stranieri, rendendo fruibile l’esperienza del primo robot-cameriere di Kfc anche a chi viene da lontano».
L’introduzione di Buck è un’ulteriore conferma dell’«approccio giovane, cool e innovativo che da sempre caratterizza il brand Kfc», sottolinea la chief marketing officer di Kfc Italia, Marzia Farè, citata da Italia Oggi. «L’obiettivo è offrire ai nostri clienti un’esperienza memorabile e unica nel suo genere».
Soddisfatto anche l’amministratore delegato di Us Food Network, Dan Ilie. «Siamo orgogliosi di essere i primi a proporre questo nuovo servizio in Italia», rimarca il manager. «Tutti i test effettuati sinora hanno dato esiti positivi e per questo, dopo Verona, puntiamo a estendere l’utilizzo del robot ad altri ristoranti tra quelli che gestiamo in franchising per Kfc Italia, che sono 18 distribuiti in 9 regioni».
Come funziona il robot?
L’utilizzo di Buck avviene su attivazione degli stessi clienti e consente di ricevere il proprio menù seduti comodamente al tavolo, senza aspettare il proprio turno in piedi. Basta effettuare l’ordinazione al kiosk o in cassa, scegliere il tavolo e scannerizzare il Qr code. A quel punto non resta che sedersi e aspettare l’arrivo del robot col suo carico di pollo fritto, patatine e bibite.
Per gestire gli ordini, il “co-bot” (o “robot collaborativo”) comunica tramite Wi-Fi direttamente con il cloud proprietario. Per interfacciarsi con l’esterno utilizza un display-tablet controllato dagli operatori del ristorante. Una volta che lo staff prepara il vassoio e lo sistema in uno dei quattro scompartimenti, Buck porta l’ordine al tavolo orientandosi grazie a sensori di movimento e per la rilevazione degli ostacoli. Consegnato l’ordine, il robot ringrazia e augura buon appetito.
Automazione ovvero disoccupazione?
Buck non si ammala, non va in ferie e costa circa 15 mila euro, dunque molto meno di un cameriere in carne e ossa. Di qui i timori che la diffusione del robot porti a una perdita di posti di lavoro. Timori rigettati, però, dalla stessa Kfc. «Il robot non sostituisce gli esseri umani, ma li supporta nella consegna delle ordinazioni per rendere il servizio più veloce e divertente», commenta la catena di fast food. «Anche la preparazione del vassoio resterà sempre a cura dello staff».
A detta di Kfc il co-bot aiuterà dunque a «ottimizzare il flusso di lavoro e lo svolgimento delle mansioni in modo rapido ed efficiente». Le conseguenze sul personale saranno tutt’altro che negative. Il robot – sostiene la catena – lascerà infatti «ai dipendenti in carne e ossa più tempo per il servizio di qualità e per le relazioni umane». Insomma, un effetto persino benefico sul personale, che però solo il tempo potrà confermare. O, malauguratamente, smentire.