Nonostante il clamore suscitato dalla morte di Giulia Cecchetin, la 23enne veneta uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta, che aveva acceso i riflettori sul tema della violenza sulle donne, in Italia continua ad aumentare il numero dei femminicidi. Nella giornata del 28 novembre ce ne sono stati due in un giorno, a conferma di un trend in aumento relativo agli ultimi mesi del 2023.
Il primo femminicidio è avvenuto a Salsomaggiore Terme (in provincia di Parma), dove una 66enne di nome Meena Kumari è stata uccisa a colpi di mazza da cricket. Ad aggredirla è stato il marito, che adesso è in stato di fermo e si trova in caserma a disposizione dell’autorità giudiziaria.
Il secondo si è verificato ad Andri, in Puglia. La vittima, in questo caso, è Vincenza Angrisano, 42 anni, anch’essa uccisa dal marito. Dopo l’omicidio, avvenuto nell’abitazione della coppia, l’uomo ha chiamato il 118 per confessare il delitto. Al telefono ha detto: “Ho accoltellato mia moglie, venite“. Sono subito arrivati i carabinieri per le indagini. All’assassinio ha assistito almeno uno dei due figli dei coniugi, entrambi minorenni.
In Italia il numero dei femminicidi è in continuo aumento
Negli ultimi anni il numero di omicidi in Italia si è molto ridotto, mentre è rimasto costante il numero di donne uccise dal partner o dall’ex partner. In base alle elaborazioni di YouTrend su dati Istat questa fattispecie costituisce il 23% degli omicidi commessi nel 2021 (nel 2014 erano il 17%, nel 2004 il 10%). Nel dettaglio, nel 2004 gli omicidi sono stati 711 a fronte di 72 femminicidi. Dieci anni dopo, nel 2014 gli omicidi sono stati 476, mentre 82 sono state le donne uccise dal partner o dall’ex partner. Nel 2021 sono calati a quota 303 mentre i femminicidi sono stati 70.
Allarme femminicidi anche in nord Europa
Nonostante i numeri in crescita, quella dell’Italia non è la situazione più preoccupante a livello europeo. A detenere il primato allarmante sono i paesi nordici: Norvegia, Svezia, Danimarca e Finlandia. L’antropologo Geert Hofstede ha fornito un modello di analisi culturale che aiuta a capire come queste società siano particolarmente inclini a una forte equità. Esse, infatti, si basano su un senso di equità di genere che raggiunge qualsiasi ambito della vita quotidiana: da quello lavorativo, fino agli aiuti finanziati dallo stato alle famiglie.
Cos’è il paradosso nordico
Nonostante le norme di genere progressiste di questi paesi, rimane comunque un forte problema sociale relativo alla violenza di genere in ambito familiare. Il fenomeno viene chiamato “paradosso nordico” e identifica un tasso di violenza superiore alla media europea. In base ai dati relativi al 2022, sembrerebbe che la Danimarca abbia avuto un tasso superiore del 32%, seguono la Finlandia con il 30%, la Svezia 28% e, infine, l’Islanda 22,4%.
La questione clima
Perché quindi, nonostante nei paesi nordici ci sia una società improntata all’equità, i dati rispetto alla violenza di genere sono così alti? Le spiegazioni sono diverse: ci sono studi che analizzano come la condizione di maggiore libertà nella quale si ritrovano le donne nordiche inviti anche ad avere minori remore rispetto alle denunce. Nonostante ciò, una delle cause alla base del fenomeno sembra essere la particolare condizione climatica che interessa i paesi presi in esame: il fatto che nella stagione invernale ci siano dalle 6 alle 3 ore di luce al giorno sembra essere molto influente. La mancanza di luce provoca, infatti, una mancanza di vitamina D, biologicamente necessaria al nostro organismo; questa condizione induce a depressione e quindi a una maggiore propensione alla violenza.
di Sara Leombruno e Francesca Neri