Sono giorni caldissimi all’interno del governo. La tragedia di Giulia Cecchettin ha sconvolto il Paese e chiamato il premier Giorgia Meloni ad intervenire concretamente sul tema femminicidi. In pochi giorni il governo ha messo insieme un ddl con nuove norme per contrastare la violenza sulle donne che verrà discusso in commissione giustizia per poi passare all’esame della Camera.
Nel mentre però, un altro dossier importante agita la maggioranza. La Legge di Bilancio, la madre di tutta l’azione dell’esecutivo, sta per arrivare in Parlamento e il centrodestra non può sbagliare. Dopo settimane di frizioni, mediazioni e accordi sul filo del rasoio in Consiglio dei ministri, il testo è finalmente pronto. Tutto preparato nei minimi dettagli, affinché ogni partito possa rivendicare alcune delle sue battaglie identitarie. Una prova di raffinato equilibrismo che, da accordi, non andava toccata. Nella maggioranza era passata la linea che eventuali proposte di modifica sarebbe state presentate più avanti con un maxiemendamento comune per correggere alcuni punti.
L’incidente diplomatico
Mesi di lavoro hanno rischiato però di andare in fumo dopo che la Lega ha deciso di presentare tre emendamenti al testo, venendo meno al patto di coalizione. Un incidente diplomatico che ha mandato su tutte le furie gli alleati, a partire da Forza Italia che tramite il vicepremier Antonio Tajani ha espresso tutta la sua irritazione per l’accaduto. Anche la reazione del premier Meloni non si è fatta attendere. Con una telefonata al veleno avrebbe infatti chiesto spiegazioni a Matteo Salvini, il quale si è giustificato dicendosi estraneo all’iniziativa.
Un incidente di percorso che, dopo le scintille iniziali, è però rientrato in poche ore. A fare chiarezza è stato il capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo:«All’ultima riunione di maggioranza con il ministro Ciriani avevo capito che due o tre emendamenti si potevano presentare, giusto a livello simbolico. Evidentemente ho capito male e ho già dato mandato di ritirarli e di trasformarli in ordini del giorno». La linea ufficiale è quindi quella del malinteso, anche se qualcuno, a pensar male, ipotizza un tentativo di sgambetto al premier.
Cosa dicevano i tre emendamenti
Gli emendamenti, ora trasformati in ordini del giorno, presentati dalla Lega alla Legge di Bilancio sono firmati dai senatori Massimiliano Romeo, Claudio Borghi e Marco Dreosto e, come chiarito fin da subito, sono di carattere tecnico e a costo zero per il governo. In particolare, il testo presentato da Romeo interviene sull’articolo 49 del disegno di legge di bilancio, il quale prevede che i «lavoratori frontalieri contribuiscano al Servizio sanitario nazionale mediante il versamento di una quota di compartecipazione familiare definita annualmente dalle regioni di residenza, compresa fra un valore minimo del 3% e un valore massimo del 6%». L’odg impegna il governo a modificare tale norma, introducendo un criterio di progressività del prelievo in rapporto al reddito netto. Viene introdotto un tetto minimo e massimo mensile del contributo da 30 a 190 euro.
L’odg firmato dal senatore Borghi interviene invece sull’articolo 67 della manovra che «prevede misure in materia di trattamento economico previdenziale e assistenziale della magistratura onoraria». Il documento, se approvato, «impegna il governo a valutare l’opportunità di estendere la possibilità di trattenimento in servizio volontario e a richiesta del personale fino al compimento del settantatreesimo anno di età». Un prolungamento dell’età pensionabile, insomma.
Infine, l’ordine del giorno presentato da Dreosto chiede all’esecutivo di rivedere la platea dei soggetti coinvolti dal contributo alla finanza pubblica, modificando l’articolo 88 del ddl bilancio.