«Questo è un processo alle idee. Gli anarchici non fanno stragi indiscriminate, perché gli anarchici non sono lo Stato». Ha alzato il pugno in segno di vittoria Alfredo Cospito, dopo la sentenza di condanna a 23 anni, pronunciata dalla Corte d’assise d’appello di Torino. Non merita l’ergastolo, dunque, come aveva chiesto la procura generale di Torino. La condanna si riferisce all’attentato del 2006 alla scuola allievi carabinieri di Fossano (Cuneo). Due bombe esplosero in piena notte a distanza di mezz’ora e di 20 metri l’una dall’altra. Una in un cassonetto e la seconda in un bidone dell’immondizia. I militari all’inizio pensarono a un incidente stradale e sfuggirono così la seconda esplosione. Non ci furono feriti.
«Niente dimostra che siamo stati noi»
Per le sue azioni all’interno dell’organizzazione terroristica Fai-Fri, l’anarchico 56enne non avrà la pena massima. Il 19 giugno è ripreso il dibattimento: dopo la pronuncia della Corte Costituzionale, che ha sdoganato la possibilità di spalmare l’attenuante del “fatto lieve” anche sul reato di “strage politica”, i giudici hanno potuto infliggere una pena diversa da quella del carcere a vita. «Non ci sono stati morti e anche i danni furono minimi», avevano sottolineato in aula i due legali di Cospito.
«Noi avevamo controbattuto – ha spiegato il procuratore generale Francesco Saluzzo, all’accusa insieme a Paolo Scafi – . Non siamo obbligati a fare sconti e Cospito non merita nulla». Ma la decisione è stata presa e si conclude così il maxi processo Scripta Manent. Intanto, l’anarchico continua a negare i fatti: «accanimento», «forzature», «stranezze», sono le parole che ha usato per descrivere le accuse. «Niente dimostra che siamo stati noi a piazzare gli ordigni a Fossano – ha ribadito Cospito – . La perizia sul documento di rivendicazione è inattendibile ed è surreale la tesi secondo cui abbiamo ricalcato la nostra stessa grafia. In 20 anni di attentati non c’è stato nemmeno un morto: erano solo atti dimostrativi».
La rabbia degli anarchichi
Cospito ha seguito l’udienza in video-collegamento dal carcere di Sassari, dove è detenuto al 41 bis. È a causa di questo regime carcerario che nei mesi scorsi il militante insurrezionalista si è sottoposto a un lunghissimo sciopero della fame, provocando il tumulto della galassia anarchica. Una massiccia campagna di solidarietà, con attacchi e cortei, aveva seminato il panico. Auto e vetrine distrutte, muri imbrattati. La procura di Bologna ha aperto un fascicolo per associazione sovversiva con una mezza dozzina di indagati. A seguire si è attivata quella di Milano, che in relazione a episodi avvenuti lo scorso 11 febbraio durante un corteo nel capoluogo lombardo ha ottenuto sei misure restrittive (fra divieti e obblighi di mora), una delle quali a carico di un cittadino svizzero. Secondo il gip Guido Salvini i manifestanti impiegarono «vere e proprie tecniche di guerriglia urbana» per «destabilizzare l’ordine pubblico».