L’imbuto statunitense che porta dallo sport a livello di college al professionismo non fa molti prigionieri. Secondo il report Sports, Sponsorships and participation rates della NCAA (National Collegiate Athletic Association) nel biennio 2021-2022 erano oltre 520 mila gli studenti universitari che praticano qualche disciplina ad alto livello. Una crescita impressionante rispetto ai circa 240 mila di cinquant’anni fa. Di questi, poco meno di 12 mila raggiungono le big leagues (NFL, NBA, NHL, MLB e MLS). In poche parole, il livello successivo.
Dentro questo movimento, a tratti tumultuoso, si inseriscono possibilità di lucro per società esterne. Come? Investendo su giovani atleti centinaia di migliaia di dollari.
Majors o minors: quando la differenza la fa un aggettivo
Immagine perfetta di questo meccanismo spietato è la ‘sfida’ tra major e minor leagues. Livello di competizione, stipendi, premi, pubblico, diritti tv: la distanza tra il mondo del professionismo al massimo livello e la sua relativa ‘Serie B’ è una voragine incolmabile. Nel football americano il tentativo di creare una lega di secondo piano in appoggio alla NFL è fallita miseramente. E, alla fine, a fungere da competizione d’appoggio è lo stesso CFB (College Football), organizzato dalla NCAA.
Nel basket, la NBA ha creato la Gatorade League (meglio conosciuta come G League). Quasi ogni franchigia professionistica è proprietaria anche di una squadra nella G League. Qui ha la possibilità di far crescere i giovani giocatori, garantendo loro un minutaggio sul parquet, che altrimenti non avrebbero. Si tratta comunque del terzo esperimento, dopo la NBDL (National Basketball Development League) dal 2001 al 2005 e la NBA Development League (D-League) dal 2005 al 2017.
Il baseball è lo sport in cui questa dualità è più sviluppata. Anche solo dal nome delle competizioni: MLB (Minor League Baseball) e MiLB (Minor League Baseball). Quest’ultima è ulteriormente suddivisa in quattro differenti livelli: Triple-A, Double-A, High-A, Single-A. Il che significa che ogni franchigia, cioè una società professionistica privata che opera nell’ambito sportivo, arriva a gestire fino a cinque diverse squadre tra majors e farm teams (‘squadre fattoria’).
Un ottimo sistema per il player development, ma che rende ancora più difficile l’approdo nella MLB. Anche le promesse generazionali sono solite passare qualche mese, se non anni, ai livelli inferiori prima di ricevere la chiamata verso le big leagues. Non a tutti, però, squilla il cellulare. Più del 90% dei giocatori attivi nelle minors non raggiungeranno mai le Major Leagues.
In questo panorama di promesse, veterani e stelle c’è chi ha trovato un innovativo modello di business: Big League Advantage.
Il nuovo approccio di Big League Advantage
BLA nasce nel 2016 dalle mani di Micheal Schwimer. Ex pitcher (in italiano, lanciatore) per i Philadelphia Phillies, ha giocato quattro anni nelle leghe minor e due in MLB per poi ritirarsi nel 2013. Dopo anni sul diamante del baseball, Schwimer si ritrova davanti al suo computer con aperto un foglio Excel. E inizia a stilare tabelle di dati sui giocatori della MiLB.
Da quel momento comprende che nascosta tra quei numeri e quelle percentuali c’è un’enorme opportunità di investimento. E nasce così il modus operandi di BLA: pagare giocatori delle leghe minor in cambio di una percentuale sui loro futuri guadagni a livello MLB.
«I giocatori scelgono quale percentuale dei loro futuri guadagni vogliono dare a BLA», si legge sul sito della compagnia. «Ad esempio, BLA offre 50 mila dollari per 1% dei guadagni professionali. Se un giocatore volesse firmare un accordo per il 5%, riceverà 250 mila dollari, o se volesse firmare un accordo per il 10%, riceverà 500 mila dollari. L’importo delle nostre offerte non sono negoziabili, ma la percentuale che il giocatore dovrà cedere è decisa da lui».
Prestito? Non proprio
Se a prima vista la struttura del contratto tra le giovani promesse e Big League Advantage può sembrare un semplice prestito, la realtà è ben diversa. Il giocatore, infatti, deve pagare la percentuale applicandola esclusivamente sui suoi incassi a livello majors. In poche parole, se non riesce a raggiungere il grande palcoscenico americano non dovrà sborsare nemmeno un dollaro. Se però dovesse riuscirci, sarà costretto a pagare la percentuale concordata su tutti i guadagni futuri. Cioè, in caso di grandi introiti, BLA guadagnerà molto più di quanto abbia investito.
Come lo stesso Schwimer ha precisato: «Non operiamo come una banca, ma in modo simile ai fondi di investimenti della Silicon Valley». In poche parole, devono individuare il big fish, il grande premio che compensa tutti gli investimenti non andati a buon fine. «Se investi in 10 start-up e una sola di loro diventa Google o Facebook, hai fatto una mossa vincente».
Uno dei vanti di Big League Advantage, infatti, è lo studio statistico di promesse che i grandi media ignorano. Acchiappare al volo queste opportunità è fondamentale: il 75% degli atleti sotto contratto a BLA sono stati contattati da Schwimer quando non rientravano nella classifica delle migliori 300 promesse del baseball americano. Ovviamente l’attività non è senza rischio. Assomiglia più a una grande scommessa. E come i ‘big players’ sanno, non importa vincere ogni singola puntata. Basta azzeccarne qualcuna, e guadagnarci molto di più rispetto a quanto era stato investito.
«BLA si aspetta di perdere soldi con quasi tutti i giocatori con cui collaboriamo. È molto difficile prevedere quale atleta avrà successo», si legge sul sito della società. Per individuare su quali promesse concentrare i propri sforzi monetari, Big League Advantage dispone di una squadra di 40 analisti. Il loro compito, simile al metodo Moneyball di Billy Beane, è sfruttare lo studio di dati avanzati per individuare i talenti passati sotto traccia. Poco conta la percezione pubblica del giocatore: ciò che davvero importa è la metodica analisi di statistiche che definiscono l’effettivo valore aggiunto portato in campo.
Il successo di BLA attraverso un po’ di numeri
Dal 2016 al 2023, BLA ha speso complessivamente intorno ai 180 milioni di dollari, investendo su oltre 500 giocatori. Di questi, meno di 100 hanno effettivamente raggiunto il livello major. Ma solo pochi di questi hanno avuto un successo tale da poter portare guadagni alla società di Schwimer.
Per potersi permettere somme a nove cifre, BLA ha dovuto ricorrere a finanziamenti di privati. In prima battuta, aveva raccolto circa 26 milioni di dollari. Una seconda ondata di investimenti aveva aggiunto 130 milioni di dollari al capitale della società, che si è ulteriormente ampliato a metà del 2022 con altri 250 milioni. Tra i principali sostenitori ci sono Bill Miller, presidente del fondo Legg Mason, Steven Duncker, ex partner alla banca Goldman Sachs dal 1996 al 2001, e Marvin Bush, fratello dell’ex presidente George W. Bush. A questi si aggiunge anche Paul DePodesta, dirigente della squadra di football Cleveland Browns che fu uno stretto collaboratore di Billy Beane al momento della creazione del metodo Moneyball.
Ma perché i giocatori accettano? La vita nelle minor leagues non è certo paradisiaca. Dalla prossima stagione chi sarà attivo in una squadra di Triple-A guadagnerà in media 35 mila dollari all’anno, cifra quasi raddoppiata rispetto alla media precedente. Il contratto per una matricola aumenterà da 5 mila dollari a 19 mila. Merito del nuovo CBA (Collective Bargaining Agreement) tra la MLB e i giocatori.
Un’evoluzione avvenuta grazie alle proteste della MLBPA (MLB Player Association), che negli ultimi anni ha riportato più volte sul tavolo questo problema. Ma i passi da fare sono ancora molti. Il minimo salariale statunitense ammonta a circa 32 mila dollari. La media annua in MLB sale addirittura a 4.9 milioni di dollari e il contratto minimo permesso ammonta a 545 mila dollari. Due universi fratelli ma opposti.
L’insicurezza economica di chi ha dedicato tutta la sua infanzia allo sport, la paura di non essere all’altezza, di non essere uno dei pochi a farcela. In un mondo dove la fortuna conta eccome, dove la differenza tra successo e fallimento è un normale infortunio, è naturale che i giovani cerchino una base solida su cui poggiarsi. Non trovandola dalla lega in cui giocano, chiedono aiuto a chi è disposto a scommettere su di loro. E cioè a Big League Advantage, che si addossa il rischio di una carriera che non decolla riservandosi gli enormi guadagni nel caso di carriera stellare.
I big fish di BLA: tra Elly De La Cruz e Fernando Tatis Jr.
La lista dei giocatori sotto contratto presso BLA si sta sempre più allungando. Per lo più dal mondo del baseball, ultimamente anche dal football americano. Tra questi Nolan Smith, scelta numero 30 dell’ultimo Draft NFL.
I nomi più altisonanti sono, però, quelli di Elly De La Cruz e Fernando Tatis Jr. Entrambi provenienti dalla Repubblica Dominicana, entrambi notati dagli ‘scout’ BLA da minorenni quando ancora giocavano a baseball nel loro Paese. Il primo è il perfetto esempio di giocatore che ha appena iniziato a restituire la percentuale del suo contratto a Schwimer.
De La Cruz, 21 anni, inizia a collaborare con Big League Advantage nel 2018 dopo aver firmato con i Cincinnati Reds. Incassa dalla franchigia dell’Ohio un bonus da 65 mila dollari, poi viene spedito nel dimenticatoio delle minor leagues. Riemerge nel 2021 quando, a livello Triple-A con i Lousiville Bats, stampa 28 home runs in una stagione.
Il 6 giugno 2023 viene finalmente promosso al livello major, attivando così la clausola con BLA. L’investimento del fondo di cinque anni fa ammontava a circa mezzo milione di dollari. La giovane stella del baseball dovrà restituire il 10% di tutti i suoi incassi. Che, se De La Cruz continuerà per la sua strada, potrebbero raggiungere le centinaia di milioni di dollari.
#MLBenSala ⚾ El dominicano Elly De La Cruz tendrá que pagar el 10% de su salario a una firma por préstamo en las ligas menores.
De La Cruz, firmó por US$65,000 dólares como agente libre con los #Reds, tomó el préstamo a la BLA, firma en manos de Michael Schwimer. pic.twitter.com/Cb9dNZRNE3
— LA SALA DEPORTIVA (@LaSalaDeportiva) June 9, 2023
In questo momento il dominicano può guadagnare fino a 452 mila dollari. Di questi, 45.2 mila andranno nelle tasche di Schwimer, che così coprirà per quasi un quinto l’esborso datato 2018.
Fernando Tatis Jr. è lampante esempio di uno di quei big fish che ha fatto la fortuna della società americana. Terzo miglior giocatore dell’intera MLB nel 2022, a 24 anni è già un’autentica star del baseball a stelle e strisce. Fu individuato come cliente da BLA nel 2017: in cambio dell’8% dei suoi futuri guadagni, ebbe a disposizione un capitale a sette cifre. Lo spese scommettendo su se stesso: personal trainer, alimentazione, un appartamento migliore.
Quattro anni dopo firmò il rinnovo con i San Diego Padres. Un contratto da 340 milioni di dollari in 14 anni. Aveva fatto bene a puntare su di sé. Ma anche Big League Advantage aveva visto giusto. I 27.2 milioni di dollari che Tatis Jr. deve a Schwimer coprono l’intero investimento fatto dalla società su 77 atleti nel 2017.
«Quando abbiamo contattato Fernando, non era tra le migliori 50 promesse del baseball», ha raccontato Schwimer all’Associated Press. «Invece i nostri dati ce lo indicavano come il secondo miglior atleta degli ultimi quindici anni. In realtà è stato davvero spaventoso investire quella quantità di denaro. Era una parte considerevole del nostro fondo. Ma abbiamo deciso di fidarci dei numeri e del processo, e ha funzionato».
Il lato oscuro di Big League Advantage
Ma l’operato di BLA non è accettato da tutti. Tra i maggiori oppositori c’è il super-agente Scott Boras, che tra i suoi 106 clienti annovera fenomeni del baseball come Bryce Harper e Max Scherzer.
Boras ha accusato Big League Advantage di mirare soprattutto ai talenti latino-americani, che non sono abituati a grandi somme di denaro. In più, ha aggiunto in un’intervista all’Associated Press, «Pochi atleti americani accetterebbero i loro termini da usurai. L’idea di garantire in anticipo il denaro attrae i giovani obbligandoli a cedere grandi percentuali delle loro future carriere».
Nel 2018 Francisco Mejía, all’epoca catcher per i San Diego Padres, intentò una causa contro BLA per aver sfruttato il suo ‘analfabetismo finanziario’ e la sua disperazione. In quel periodo, infatti, il giocatore dominicano aveva bisogno di soldi per finanziare le cure mediche di sua madre. Avendo guadagnato oltre 5 milioni di dollari nella MLB, Mejía ha dovuto versare al fondo americano una cifra poco superiore ai 500 mila dollari.
L’atleta più tardi abbandonò le vie legali scusandosi ufficialmente con Micheal Schwimer. «Tutte le mie interazioni con BLA sono state molto professionali e rispettose», si legge nel suo comunicato. «Credo che Big League Advantage sia una ottima opzione per i giocatori delle leghe minors e che mi abbia aiutato a concentrarmi sul baseball e a raggiungere il mio sogno».
Ma la sua esperienza solleva qualche perplessità. Può essere possibile un’operazione di sfruttamento simile a quella descritta da Mejía? BLA allontana questi dubbi: a quanto si legge dal sito, la società insiste affinché ogni giocatore, prima di firmare il contratto con la società, si consulti con un legale indipendente.
Una scommessa su una scommessa, quella di Schwimer sul futuro delle giovani promesse sportive. Un legame a doppio nodo con la carriera dei propri protetti. Con una differenza: il fallimento del giovane nel raggiungere il sogno della MLB non equivale al fallimento del fondo americano.