I missili in Ucraina: quali sono, come funzionano e chi li produce

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Nella notte tra 16 e 17 maggio 2023 la contraerea ucraina avrebbe abbattuto 18 missili russi. Una notizia come tante, in questa guerra. Se non fosse che sei dei razzi intercettati da Kiev sarebbero del tipo «Kinzhal», i più avanzati sistemi da attacco di Mosca, capaci di viaggiare a velocità ipersonica. Se i cieli dell’Ucraina diventano sempre più affollati e contesi, allora è importante sapere di cosa si parla. Quali sono i sistemi più utilizzati dalle due parti? Come funzionano? Vediamone alcuni.

L’arma definitiva

Per mesi le forze armate russe hanno impiegato in maniera massiccia la loro personale arma perfetta: il missile ipersonico Kh-47M2 «Kinzhal». Si tratta di un sistema balistico (che segue quindi una traiettoria a parabola per arrivare sull’obiettivo) aria-superficie. Entrato in servizio nel 2017, il vettore è stato presentato come il sistema più avanzato in dotazione all’aviazione militare di Mosca.

Stando alle informazioni ufficiali, il Kh-47 sarebbe in grado di raggiungere velocità fino a Mach 10 (circa 12mila km/h), risultando quasi impossibile da rilevare e intercettare.

Implacabile. Un vero e proprio pugnale pronto a colpire ovunque nel raggio di 2mila km dall’aereo che lo lancia (un caccia MiG-31K, appositamente modificato). Al momento monta solo testate convenzionali, ma il «Kinzhal» può anche trasformarsi in un ordigno nucleare.

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Un missile Kh-47M2 “Kinzhal” agganciato al suo tipico aereo di lancio, il caccia MiG-31 (nome NATO: “Foxhound”) (fonte Adnkronos)
Propaganda smontata dai fatti

Dietro la perfezione, però, si celano le debolezze di un sistema meno sofisticato di quanto dichiarato. È proprio la traiettoria del Kh-47, balistica, a tradire la contraddizione di fondo: i missili sono ipersonici, sì, ma solo in fase di discesa. Come tutti gli ordigni che seguono una parabola sub-orbitale (puntando verso l’esterno dell’atmosfera per poi ridiscendere al suolo dallo spazio). Il «Kinzhal» non ha alcuna capacità propulsiva autonoma in grado di superare il regime supersonico (che raggiunge un massimo di circa 6mila km/h). Per questo molti commentatori occidentali sostengono che la dicitura «ipersonico» sia inadeguata e che Mosca l’abbia usata solo per potersi vantare di essere il primo Paese al mondo a impiegare un’arma di questo tipo.

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Le differenze nel piano di volo di un missile ipersonico (in verde) e di uno balistico (in rosso). Il “Kinzhal” ha un raggio inferiore alle armi balistiche convenzionali, e dunque raggiunge una quota inferiore a quella mostrata nel grafico (fonte Naval News)

I fatti sembrano dare ragione all’Occidente. Prima gli ucraini non riuscivano a intercettare i razzi avversari. Ora, con l’impiego di sistemi anti-missile più moderni, il micidiale «Kinzhal» si trasforma in un normale bersaglio balistico. Un obiettivo che le batterie made in USA «Patriot» sono in grado di abbattere senza problemi.

Uno scudo da cambiare

Le richieste di Kiev per una difesa antimissile sono state insistenti sin dai primi giorni del conflitto. La rete antiaerea locale si basava ancora sul vecchio (ma sempre efficiente) sistema sovietico S-300. Entrato in servizio nel 1978 e prodotto dalla MZiK (oggi Almaz-Antey) di San Pietroburgo, il missile armava un centinaio di batterie dell’aviazione ucraina. In grado di intercettare bersagli fino a 27km di quota, in un raggio tra i 5 e i 90km, l’S-300 ha qualche problema nell’abbattere obiettivi balistici. In questo caso la gittata massima si ferma a 35km. Troppo pochi per garantire la distruzione di una testata in arrivo a velocità ipersoniche.

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Un lanciatore del sistema S-300. Questi missili, ancora in servizio in decine di paesi del mondo, sono ormai superati da gran parte dei bersagli che dovrebbero ingaggiare. Per questo la Russia li ha sostituiti con versioni più moderne ed efficienti (fonte Euractiv)

Grazie a questa limitazione dei vecchi sistemi sovietici, i «Kinzhal» russi hanno avuto vita facile per oltre un anno. Poi sono arrivati gli aiuti americani. E i missili MIM-104 «Patriot».

Una nuova armatura

Prodotti da Raytheon a partire dagli anni 80, questi razzi sono studiati apposta per ricoprire il duplice ruolo anti-aereo e anti-balistico. Con l’ausilio di un complesso di terra avanzatissimo e allestibile in meno di un’ora, il «Patriot» è la colonna portante della difesa aerea di molti paesi NATO (e non solo). Nelle versioni più moderne ha un raggio d’azione di 160km, 60 contro bersagli balistici. La sua elevata mobilità, unita a una sistemistica di ultima generazione (da ricordare il Modular Midcourse Package, un computer di bordo in grado di integrare i dati radar e satellitari per migliorare l’accuratezza della traiettoria dell’arma) lo rende uno strumento perfetto per la difesa ucraina. Due batterie (sei lanciatori ciascuna) sono state consegnate a Kiev ad aprile 2023. Con il loro dispiegamento al fronte è tramontata l’epoca d’oro dei «Kinzhal», non più invulnerabili. Nonostante un sistema «Patriot» sia stato danneggiato mercoledì notte proprio da un missile ipersonico, i cieli ucraini non sono più sotto saldo controllo russo. E questo consente a Kiev di attaccare a sua volta.

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Un missile “Patriot” (in versione PAC-2, quella fornita in maggior quantità all’Ucraina) durante il lancio. Il sistema americano è altamente mobile, con tutte le componenti chiave (celle di lancio, radar, stazione controllo, antenne e generatori) montati direttamente su rimorchi stradali (fonte The Guardian)
Presagio di tempesta

I caccia MiG-29 e Su-27 ucraini sono ora più letali che mai, anche grazie alle nuove armi fornite dal Regno Unito. Si tratta degli «Storm Shadow», missili da crociera a bassa osservabilità (ovvero quasi invisibili ai radar) prodotti dalla multinazionale europea MBDA a partire dal 2002.

Sono tra gli ordigni più avanzati al mondo. I loro sistemi di guida, GPS e radar per la scansione del suolo, procedono in maniera inarrestabile verso il bersaglio. Lo «Storm Shadow» viaggia appena sotto la velocità del suono (circa 1000km/h) a una quota di 30/40m, risultando quasi impossibile da individuare. Una volta raggiunto l’obiettivo (fino a 250km dal punto di lancio) il missile sale, lanciandosi poi in una picchiata finale. Per evitare danni collaterali, il sistema è dotato di una termocamera ad alta risoluzione che, all’inizio della discesa, cerca tracce di calore compatibili con le informazioni sul bersaglio fornite prima del lancio. Se non è in grado di confermare i parametri, il software porta il missile a schiantarsi altrove.

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Un missile “Storm Shadow” esposto durante una presentazione pubblica. L’arma è attualmente in dotazione a Regno Unito, Francia, Italia, Grecia, Egitto, India, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e, da pochissimo, Ucraina (fonte Airforce Technology)
Una nuova fase

Le milizie filorusse del Luhansk hanno accusato l’Ucraina di aver colpito due complessi industriali domenica 14 maggio usando i missili da crociera britannici. Solo quattro giorni prima il Regno Unito aveva confermato la consegna di un primo lotto di «Storm Shadow». L’unica richiesta di Londra è che Kiev non li utilizzi per colpire in territorio russo.

La guerra, tuttavia, è entrata in una nuova fase. Oltre ai nuovi sistemi missilistici occidentali, gli ucraini hanno ormai schierato gran parte delle nuove brigate equipaggiate con carri armati, artiglieria e veicoli occidentali. Inoltre, dopo la visita del presidente Volodymyr Zelensky a Londra il 15 maggio, il premier britannico Rishi Sunak ha riportato a galla l’idea di una coalizione in grado di fornire caccia F-16 (considerati dagli esperti il miglior partito) all’aviazione di Kiev. Al momento l’iniziativa ha raccolto il supporto del primo ministro olandese Mark Rutte.

La controffensiva ucraina sta davvero per iniziare?

Umberto Cascone

Nasco a Savona in un rovente mattino di agosto del 2000. Sin da bambino mi interesso di tematiche militari, passione che porto avanti ancora adesso. Negli anni nuovi argomenti iniziano a affollarmi la mente: dalla politica estera a quella interna, passando per una dose abbondante di storia. L'università mi regala l'amore per la radio, che mi spinge a entrare in RadioIULM e a prendere le redini prima del reparto podcast (marzo 2022-ottobre 2023) e poi dell'intera emittente (settembre 2022-gennaio 2023). Ho tanta voglia di fare, di raccontare il nostro tempo, fatto anche di argomenti spesso trascurati, eppure importantissimi. Ci riuscirò? Sarebbe bello dire, alla Manzoni, che lo giudicheranno i posteri. Ma l'unica risposta sincera è: lo spero.

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