A sei mesi dall’inizio dello sciopero della fame contro il 41-bis, Alfredo Cospito ha dichiarato che riprenderà ad alimentarsi. L’annuncio è arrivato all’indomani della decisione con cui la Corte costituzionale ha aperto la strada a uno sconto di pena rispetto all’ergastolo. Ma erano giorni che il militante anarchico aveva ricominciato ad assumere alimenti, dati i seri rischi fisici causati dal suo lungo digiuno. Nel frattempo, i suoi avvocati hanno presentato ricorso alla Corte di Strasburgo contro il 41-bis.
L’interruzione del digiuno e le condizioni di salute
«Dichiaro di interrompere lo sciopero della fame»: così si è espresso Cospito, il 19 aprile, annunciando la sua decisione su un modello prestampato usato per le comunicazioni tra detenuti e magistrati.
In realtà, era da giorni che il militante della Federazione anarchica informale (Fai) aveva ripreso ad assumere alcuni alimenti: non solo integratori, ma anche bustine di parmigiano, caffè d’orzo, tè con limone, multivitaminici, latte e, a quanto è emerso, pure della pastina in brodo. Inoltre, sembra che Cospito avesse anche chiesto di mangiare cibi che, dopo un digiuno così lungo, non potrebbe ancora assumere.
Dopo 181 giorni di sciopero della fame – una forma di protesta contro il 41-bis e l’ergastolo ostativo – il 55enne pescarese ha perso quasi 50 chili ed è esposto a seri rischi neurologici e cardiaci. Cospito non riesce più a muovere un piede ed è in sedia a rotelle. Secondo uno dei suoi legali, Flavio Rossi Albertini, il militante ha «irrimediabilmente compromesso la propria funzione deambulatoria dovuta allo scadimento irreversibile del sistema nervoso periferico».
Cospito ha dunque deciso di interrompere il digiuno, seguendo i consigli del suo medico, Andrea Crosignani. La ripresa dell’alimentazione dovrà essere graduale e verrà monitorata dai medici del reparto di medicina penitenziaria dell’Ospedale San Paolo di Milano, dove l’anarchico è ancora ricoverato. Quando le sue condizioni miglioreranno, verrà nuovamente trasferito al Carcere di Opera.
La Corte costituzionale apre a uno sconto di pena
L’interruzione del digiuno è dovuta ai gravi problemi di salute dell’anarchico. Ma l’annuncio è arrivato all’indomani della prima vittoria giudiziaria: una decisione della Corte costituzionale che ha aperto la strada a una riduzione della pena rispetto all’ergastolo ostativo.
Il 18 aprile, infatti, la Consulta ha dichiarato incostituzionale una parte dell’articolo 69 del Codice penale. Il passaggio considerato illegittimo è quello che, in caso di recidiva aggravata e reato punito con l’ergastolo, impedisce di considerare le circostanze attenuanti come prevalenti rispetto all’aggravante della recidiva.
Il caso Cospito rientra proprio in questa fattispecie. Il militante era stato condannato per il reato di strage politica, che prevede la pena dell’ergastolo, ed era considerato recidivo perché in passato aveva già commesso reati della stessa natura. Secondo l’articolo 69 del Codice penale, dunque, l’aggravante della recidiva prevale sempre sulla “tenuità del fatto”. L’attentato del 2006 alla Scuola degli allievi dei carabinieri di Fossano non aveva provocato né morti né feriti. Ma ciò non consentiva nessuno sconto di pena.
Ora la Consulta ha fatto cadere quella parte della norma che obbligava la Corte d’assise d’appello di Torino a infliggere l’ergastolo al militante anarchico. La motivazione è indicata nel comunicato stampa che anticipa le conclusioni della sentenza: «Il carattere fisso della pena dell’ergastolo esige che il giudice possa operare l’ordinario bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti previsto dai primi tre commi dello stesso articolo 69. Conseguentemente il giudice dovrà valutare, caso per caso, se applicare la pena dell’ergastolo oppure, laddove reputi prevalenti le attenuanti, una diversa pena detentiva».
Le critiche degli avvocati dello Stato
Contro la decisione della Consulta si sono pronunciati due avvocati dello Stato, Ettore Figliolia e Paola Zerman. Il rischio che hanno ravvisato è che possa venire riconosciuta la lieve entità anche ad altri reati contro la pubblica incolumità, come pornografia, immigrazione clandestina e associazione mafiosa.
Per i due avvocati, non è vero che se non ci sono morti la strage è di lieve entità: Cospito ha attentato alla sicurezza dello Stato. Inoltre, gli ordigni di Fossano non erano «l’atto di un pazzo, perché l’anarchico non agisce mai isolato, dietro di lui c’è l’ideologia come s’è visto anche in queste ultime settimane», con le manifestazioni in supporto del militante della Fai.
Di parere opposto il legale difensore, Flavio Rossi Albertini. Nell’aula della Corte costituzionale, ha infatti dichiarato che «far prevalere sempre e comunque la rivendicazione di una presunta lesione della personalità dello Stato risponde a una logica fascista e illiberale», fatta propria dal Codice Rocco del 1930. Nel caso di Cospito, l’ergastolo non rispetterebbe il principio di proporzionalità della pena, stabilito dall’articolo 27 della Costituzione.
In attesa della Corte d’assise d’appello di Torino
La decisione spetta ora alla Corte d’assise d’appello di Torino. Si tratta degli stessi giudici che avevano chiesto alla Consulta di pronunciarsi. Ritenendo l’ergastolo ostativo contrario ai principi della proporzionalità della pena e della rieducazione del condannato.
La Corte dovrà decidere se infliggere il carcere a vita, come chiede la Procura generale di Torino, o una pena meno severa, tra i 20 e i 24 anni. È dunque probabile che si arriverà a un verdetto diverso, che tuttavia inciderebbe solo sull’ergastolo ostativo. Non avrebbe nessun impatto sul 41-bis, l’altro regime detentivo contro cui l’anarchico sta conducendo la sua lotta.
Il ricorso alla Corte di Strasburgo
Proprio contro il carcere duro gli avvocati di Cospito hanno presentato un nuovo ricorso, il 19 aprile, alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo. E hanno nuovamente depositato al Ministro della Giustizia un’istanza di revoca del 41-bis.
Per il legale difensore Antonella Mascia, «il regime differenziato applicato a Cospito è disumano per il suo carattere afflittivo, la sua illegittimità e sproporzione». Rappresenterebbe dunque una violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e, in particolare, di diversi diritti, tra cui quello a non essere sottoposto a maltrattamenti.
Secondo l’altro avvocato difensore di Cospito, Flavio Rossi Albertini, il ricorso «verrà valutato nel merito nel termine di due o tre anni (tali sono i tempi di una pronuncia)». Ma «potrebbe rappresentare il grimaldello giuridico che bandirà lo strumento inumano del 41-bis, così come avvenuto nel caso dell’ergastolo ostativo».
Per il legale, vale la pena attendere la decisione della Corte di Strasburgo, i cui tempi non sono però compatibili con uno sciopero della fame. Ora che il militante anarchico ha interrotto il suo digiuno, non rischia di morire prima della pronuncia di Strasburgo sul regime di 41-bis. Alla quale arriverà, forse, con una pena diversa dall’ergastolo.