C’erano una volta i Paesi Non-allineati, ovvero quel gruppo di nazioni che, durante la guerra fredda, non si riconoscevano in nessuno dei due grandi blocchi che si spartivano il mondo. Un movimento, il loro, che ha perso forza nei decenni successivi al crollo del muro di Berlino (1989), fino a tornare alla ribalta negli ultimi mesi.
Obiettivo equidistanza
La nascita del Movimento dei Paesi Non-Allineati risale alle origini della guerra fredda. Con la guerra di Corea (1950-1953) il mondo si spaccò definitivamente in due blocchi, guidati da Stati Uniti (occidente) e Unione Sovietica (oriente). Tutti i governi erano chiamati a scegliere da che parte stare.
Alcuni Stati, però, non vollero scendere in campo. La guerra non li riguardava, e non volevano diventare marionette nelle mani delle due superpotenze. Così scelsero una terza via, quella di non allinearsi a nessuna delle parti. L’India di Jawaharlal Nehru, la Jugoslavia di Josip Broz Tito e l’Egitto di Gamal Abdel Nasser furono i primi Paesi a impegnarsi per non accettare ingerenze e percorrere la propria strada in maniera libera ed indipendente.
Un’ambigua autonomia
La Dichiarazione di Brioni, firmata dagli stessi Nehru, Tito e Nasser il 19 luglio 1956, sancì la nascita del Movimento, ufficializzata poi con un’assemblea a Belgrado nel 1961. Obiettivo: promuovere l’equidistanza dalle due superpotenze globali, così da garantire un equo e indipendente sviluppo a tutti quei paesi, comunemente raccolti sotto la bandiera di «Terzo Mondo», usciti di recente dall’oppressione coloniale e a rischio davanti a una nuova forma di imperialismo, questa volta geopolitico.
Nel giro di poco il Movimento si allargò, fino ad includere la quasi totalità degli Stati africani e asiatici. Ma questo ampliamento non fece altro che mettere in luce l’ambigua natura dei Non-allineati. Tra guerre tra Paesi membri (India e Pakistan, ad esempio) e governi spesso dittatoriali, a spiccare era l’incredibile vicinanza della maggioranza delle nazioni non-allineate con il blocco sovietico. Retti spesso da governi di ispirazione marxista, diversi Stati del movimento erano molto vicini a Mosca. Cuba in testa, ma anche lo stesso Egitto, il Vietnam e altri assomigliavano più a alleati strategici dell’URSS, piuttosto che a entità equidistanti dalle superpotenze.
Cambio di obiettivo e declino
Con la fine della guerra fredda e, apparentemente, del mondo bipolare, i Non-allineati videro venir meno la propria importanza. Il crollo di uno storico paese leader del movimento come la Jugoslavia, poi, non fece altro che accelerare il declino.
Nonostante ciò, il fronte sopravvisse. Venendo a mancare l’ingerenza eccessiva delle superpotenze, il nuovo focus fu supportare lo sviluppo e la stabilità interna dei moltissimi Paesi emergenti inseriti nel gruppo. Mantenendo intatta una forza pari a due terzi dei seggi all’Assemblea Generale dell’ONU, i Non-Allineati hanno optato per una linea politica meno compatta rispetto agli anni della guerra fredda, sbilanciandosi in misure differenti verso l’una o l’altra parte. Pur mantenendo una certa ostilità verso lo strapotere statunitense, il movimento ha addolcito i toni, aprendo a maggiori collaborazioni con gli USA. E, nel frattempo, sono cresciuti i legami con la nuova potenza mondiale: la Cina, che sta via via subentrando al ruolo di guida (anche tra i Non-allineati) che fu dell’Unione Sovietica.
Il nuovo concetto di Non-allineato
La guerra in Ucraina ha segnato un cambio di passo. Il movimento non ha scelto una linea unitaria, portando gli Stati membri ad astenersi o a schierarsi a favore o contro le sanzioni alla Russia. In contemporanea, invece, il mancato allineamento si è diffuso all’interno delle opinioni pubbliche di mezzo mondo. Sono moltissimi i Paesi in cui, alla domanda se la Russia e l’Occidente siano per loro nemici o alleati, le percentuali di risposta sono incredibilmente vicine. Stando a un recente sondaggio europeo, in India il 79% delle persone indica Mosca come alleata, ma la stessa percentuale vale anche per Washington, Bruxelles e Londra. Simili i dati in Turchia, considerata centrale nel possibile piano di pace per l’Ucraina.
Insomma, il bipolarismo non sembra più funzionare nemmeno in nazioni da sempre schierate con una delle due parti (tra cui la stessa Turchia). È dunque importante che il movimento dei Non-allineati ritrovi la sua centralità e la sua forza in maniera genuina ed autentica, in grado presentare sistematicamente la propria visione sulla scena globale.
È però necessario che lo faccia in fretta, perché nel frattempo un nuovo protagonista si è affacciato sulla scena globale. La Cina. Quella stessa Cina che, dichiarandosi ufficialmente neutrale nella questione ucraina, di fatto fiancheggia una Russia sempre più sola e in difficoltà. Pechino è stata in grado di presentarsi come punto di riferimento dei Non-allineati. Ora c’è il rischio che li porti dalla parte di Mosca. E le recenti esercitazioni navali congiunte tra Cina, Russia e Sudafrica (storicamente neutrale) non lasciano presagire nulla di buono.