Almeno cinque milioni di siriani sono rimasti senza casa dopo il terremoto del 6 febbraio. Necessitano di riparo, cibo, riscaldamento, assistenza medica, supporto psicologico, nonché di bagni e acqua potabile. Diverse Ong italiane, alcune con sede a Milano, si sono già attivate per fornire assistenza agli sfollati. Ma in Siria la macchina degli aiuti si è inceppata non appena è stata messa in moto, diversamente da quanto accaduto in Turchia.
Le difficoltà negli aiuti
Anzitutto, vi sono problemi logistici. Entrare nel Paese via terra è praticamente impossibile: il confine turco-siriano è sigillato da dodici anni di conflitto, i valichi sono crollati o chiusi, le strade disastrate. Nell’area più colpita della Siria, il nordovest, i camion con gli aiuti vengono bloccati dal governo di Bashar al-Assad: la zona è controllata dai ribelli e il Presidente siriano non vuole cedere quel poco che sta arrivando dall’estero. Alle difficoltà logistiche si aggiungono poi le sanzioni internazionali. Per questi motivi, stanno riuscendo a fornire assistenza solo le Ong già presenti nel Paese, ma le loro scorte in magazzino stanno per finire.
Le attività di Pro Terra Sancta
Un esempio di Ong nell’area controllata dal governo di Damasco è Pro Terra Sancta. L’organizzazione è attiva in Siria da diversi anni e sta accogliendo centinaia di sfollati in quattro centri di assistenza. Qui distribuisce cibo, beni di prima necessità, medicine, coperte, pannolini. Nei prossimi mesi progetta di inviare una squadra di ingegneri e imprese edili, per identificare e ricostruire le case danneggiate. Sul piano educativo, l’Ong vuole fornire supporto psicologico ai bambini che non possono più andare a scuola, con corsi di teatro e musicoterapia per colmare i traumi.
Ciononostante, Pro Terra Sancta sta incontrando numerose difficoltà. Vorrebbe inviare più aiuti dall’estero, ma questo «è molto difficile a causa delle sanzioni e dell’embargo internazionale», sostiene un responsabile dell’organizzazione. «L’unica cosa che possiamo fare è, attraverso il trasferimento dei fondi in Siria, acquistare le cose direttamente lì. Abbiamo sempre fatto così in questi anni».
L’impegno di Terre des Hommes
Simile è il caso di Terre des Hommes. L’Ong è attiva sin dal 2008, ad Aleppo e Latakia, due città molto colpite dal terremoto. Grazie a questa presenza, può ospitare gli sfollati nei centri di accoglienza, come palazzetti dello sport e scuole. E può distribuire aiuti: cibo, coperte, materassi, vestiti caldi, kit igienici, luci led, materiali per bambini.
Anche Terre des Hommes sta riscontrando una serie di problematiche, specialmente logistiche. «Non è semplice far arrivare gli aiuti in modo celere, per come sono le strade e per la mancanza di corrente elettrica», dichiarano dall’ufficio stampa.
Il progetto di AiBi
Per quanto riguarda il nordovest della Siria, qui è attiva AiBi (Amici dei bambini). Negli scorsi anni l’Ong aveva avviato un progetto 8×1000 per distribuire pane, nei campi sfollati di Idlib, a oltre due mila famiglie colpite dalla guerra.
Ora AiBi sta accelerando questa attività, ma «le difficoltà sono enormi», lamenta un volontario. Entrare a Idlib dalla Turchia è problematico, perché i valichi sono crollati. Mentre «arrivare dalla Siria è complicato perché Damasco non dà garanzie».
Si intravede una soluzione
Insomma, molte Ong italiane si sono attivate per fornire assistenza agli sfollati e hanno incontrato le stesse difficoltà. Ma ora la situazione si sta forse sbloccando. Il Presidente siriano ha annunciato di voler aprire i due valichi di Bab Al-Salam e Al Ra’ee, e di voler avviare le forniture nel nordovest del Paese.
Se implementate, queste decisioni sbloccherebbero finalmente la macchina degli aiuti, e le Ong potrebbero rispondere maggiormente ai bisogni della popolazione. A oltre una settimana dal sisma, non c’è più tempo da perdere.