Continuano le manifestazioni di solidarietà per Alfredo Cospito, il militante anarchico sottoposto al 41-bis e in sciopero della fame da quasi tre mesi. Il 15 gennaio un corteo composto in gran parte da anarchici ha sfilato a Milano, per circa tre ore, con partenza e arrivo in Porta Genova. Si è concluso senza alcun incidente, al di là di un breve momento di contatto con le forze dell’ordine. Ma si è lasciato alle spalle una scia di scritte su palazzi, vetrine della Coin, stazioni dell’Eni, sedi di Unicredit e Intesa Sanpaolo. I manifestanti – circa 600 secondo i giornali, oltre 1000 per gli organizzatori – hanno gridato slogan per Cospito e contro il carcere duro, come «Fuori Alfredo dal 41-bis». Si sono anche fermati per qualche minuto davanti al carcere di San Vittore, gridando «Libertà!» per i detenuti.
Quella di Milano non è la prima manifestazione di solidarietà per Cospito e di certo non sarà l’ultima. Il suo caso sta accendendo le proteste del mondo anarchico, ma anche di politici, giornalisti, giuristi, intellettuali. Ma perché Cospito è in 41-bis? E perché la vicenda sta suscitando tanta attenzione?
I fatti e le prime condanne
Alfredo Cospito, 55enne di Pescara, è un anarchico insurrezionalista, membro della Federazione anarchica informale – Fronte rivoluzionario internazionale (Fai-Fri). Il gruppo è formato da diverse cellule, presenti in vari paesi, più o meno autonome e unite dalla fede nella lotta armata contro lo Stato e il capitale.
Nel 2013 Cospito è stato condannato a dieci anni e otto mesi di carcere per aver ferito, a Genova, l’Amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, Roberto Adinolfi, con alcuni colpi di pistola alle gambe. Mentre era in carcere è stato poi accusato di un altro crimine, risalente alla notte tra il 2 e il 3 giugno 2006. In quell’occasione, ha posizionato due pacchi bomba a basso potenziale esplosivo in due cassonetti dell’immondizia davanti alla scuola allievi dei Carabinieri di Fossano, nel cuneese, senza provocare vittime.
Per questo secondo attentato Cospito è stato condannato in primo e secondo grado a 20 anni di carcere. Condannata a 16 anni anche la sua compagna, Anna Beniamino. I due anarchici sono stati ritenuti responsabili di strage comune, sulla base dell’articolo 422 del Codice penale. Questa norma prevede l’ergastolo, in caso di una o più vittime, per chi «al fine di uccidere compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità». In assenza di vittime e «in ogni altro caso si applica la reclusione non inferiore a quindici anni».
Il 41-bis e lo sciopero della fame
La svolta si è verificata lo scorso maggio, quando la Corte di Cassazione ha ritenuto che l’attentato di Fossano non fosse semplice strage comune, bensì vera e propria strage politica. Questo ha determinato l’applicazione di un’altra norma, l’articolo 285 del Codice penale: «Chiunque allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato, commette un fatto diretto a portare la devastazione, il saccheggio o la strage nel territorio dello Stato o in una parte di esso è punito con l’ergastolo». La strage politica è tra i reati più gravi del Codice penale. A differenza della strage comune, viene punita unicamente con il carcere a vita, anche in assenza di vittime.
Di conseguenza, il 4 maggio 2022 il Ministero della Giustizia ha deciso per Cospito l’applicazione del regime di 41-bis per quattro anni e lo spostamento da Terni al carcere Bancali di Sassari. Questo «senza che sia intervenuto alcun fatto nuovo», a detta degli avvocati difensori. L’allora Ministra Marta Cartabia ha giustificato il nuovo regime detentivo con «i numerosi messaggi che, durante lo stato di detenzione, ha inviato a destinatari all’esterno del sistema carcerario; si tratta di documenti destinati ai propri compagni anarchici, invitati esplicitamente a continuare la lotta contro il dominio, particolarmente con mezzi violenti ritenuti più efficaci». Nelle lettere inviate ad altri anarchici e negli articoli pubblicati da siti d’area, ha «continuato a riproporre con forza le tematiche rivoluzionarie, fomentando i soggetti più predisposti alle azioni violente alla commissione di attentati».
Cospito è il primo anarchico sottoposto al 41-bis, regime pensato originariamente per i mafiosi e poi esteso ai capi delle Brigate rosse di ultima generazione. Il militante è stato dunque sottoposto a misure fortemente restrittive. È in condizione di isolamento rispetto agli altri detenuti, senza poter tenere giornali, libri e persino le foto dei suoi genitori. Le ore d’aria sono ridotte a due al giorno e la socialità confinata a una sola ora giornaliera in una saletta con altri tre detenuti. Non gli è concessa quasi nessuna possibilità di corrispondenza con l’esterno e i colloqui sono limitati a quelli con i familiari, un’ora al mese e con vetro divisorio. Per protestare contro questo regime detentivo, dal 20 ottobre Cospito è in sciopero della fame.
Le ultime novità giudiziarie
Il 19 dicembre scorso il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato il reclamo del legale di Cospito, Flavio Rossi Albertini, contro l’applicazione del 41-bis. La misura è stata così prorogata per i prossimi quattro anni perché «lo status detentivo ordinario, anche in regime di alta sicurezza, non consente di contrastare adeguatamente l’elevato rischio di comportamenti orientati all’esercizio da parte di Alfredo Cospito del suo ruolo apicale nell’ambito dell’associazione di appartenenza». Insomma, il carcere duro sarebbe necessario – come nei casi di mafia – per impedire comunicazioni con l’esterno e con membri del suo gruppo. Per la revoca del 41-bis le speranze sono ora affidate al ricorso presentato dai legali in Cassazione.
La Corte costituzionale dovrà invece pronunciarsi sull’ergastolo ostativo. Infatti, sempre il 19 dicembre la Corte d’Assise d’Appello di Torino ha accolto la tesi degli avvocati difensori e ha sollevato la questione di costituzionalità. Spetta ora alla Consulta pronunciarsi sulla norma che impedisce l’applicazione dell’attenuante della “tenuità del fatto” quando l’imputato – come Cospito – è considerato recidivo.
Le criticità del caso Cospito
Il caso Cospito ha sollevato proteste dagli ambienti anarchici, ma anche da illustri esponenti della cosiddetta società civile. Anzitutto, si contesta la mancanza di proporzionalità nella pena. Cospito è responsabile di un attentato avvenuto 16 anni fa che non ha cagionato né morti né feriti. Questo renderebbe irragionevole l’ergastolo e la condanna per strage politica. Inoltre, il regime del carcere duro è teoricamente riservato a criminali molto pericolosi e non fu applicato né per le stragi di Capaci e via d’Amelio del 1992, né per la strage alla stazione di Bologna del 1980 che provocò 80 morti. Quelle vennero ritenute “stragi comuni” e fu applicato l’articolo 422.
Inoltre, l’applicazione del 41-bis è stata motivata ricorrendo agli scambi epistolari con altri anarchici e alla pubblicazione di scritti su riviste d’area. Ma Cospito intrattiene questi scambi da dieci anni e prima dello scorso maggio non erano stati ritenuti pericolosi. I legali di Cospito ritengono anche che, per impedire l’istigazione a delinquere, fosse sufficiente rafforzare il controllo sulla corrispondenza, senza necessità di applicare il 41-bis. Infatti, a differenza di quanto accade solitamente con i pizzini dei boss mafiosi, l’anarchico non ha diffuso i suoi messaggi all’esterno mediante canali occulti, bensì ha reso pubblici e firmato tutti i suoi proclami.
Per gli avvocati difensori, Cospito si definisce un anarchico individualista e questa costituisce un’ulteriore «contraddizione rispetto al ruolo di capo che gli viene attribuita». Peraltro, il gruppo Fai-Fri si definisce “informale” proprio perché privo di una struttura gerarchica.
Le critiche al 41-bis
Più in generale e non solo nei confronti di Cospito, gli anarchici chiedono l’abolizione del carcere duro. Equiparandolo alla tortura e considerandolo anticostituzionale perché contrario alla finalità rieducativa della pena. Inoltre, il 41-bis, introdotto nell’ordinamento penitenziario italiano sulla scia delle stragi mafiose del 1992, aveva originariamente carattere eccezionale e temporaneo. Ora invece è un regime generalizzato. Infine, secondo gli anarchici, lo Stato usa il carcere in modo strumentale e con fini politici, come mezzo per colpire determinati bersagli. Sull’onda dell’allarme terrorismo anarchico, lo Stato starebbe costruendo dispositivi da utilizzare ad ampio raggio. A detta di un manifestante, se non fosse per lo sciopero di Cospito un domani si potrebbe finire in 41-bis anche per un mero comunicato.
Solidarietà da anarchici e società civile
Numerose le manifestazioni di solidarietà per Cospito, partecipate non solo da gruppi anarchici, ma anche da sindacati e collettivi studenteschi. Come il corteo milanese del 15 gennaio. Numerose anche le azioni violente, come l’attentato incendiario del 2 dicembre scorso contro la prima Consigliera dell’ambasciata italiana in Grecia, Susanna Schlein. L’11 dicembre è stata poi sabotata un’infrastruttura nucleare nell’est della Francia. Mentre il giorno successivo un attentato dinamitardo in Bolivia ha preso di mira il palazzo che ospitava la rappresentanza del governo italiano.
A sollevare criticità non sono solo i manifestanti, ma anche illustri personaggi lontani dal mondo anarchico. Ad esempio, una quarantina di intellettuali e giuristi – tra cui l’ex Presidente della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick e l’ex pm Gherardo Colombo – hanno lanciato un appello al Ministro della Giustizia Carlo Nordio. I sottoscrittori hanno evidenziato «molte anomalie, specifiche e generali», come la sproporzionalità della pena, la legittimità dell’ergastolo ostativo e la trasformazione del 41-bis «da strumento limitato ed eccezionale in aggravamento generalizzato delle condizioni di detenzione».
Da ultimo, sul caso si è espresso anche Enrico Mentana. Su Instagram, il direttore del Tg La7 ha scritto di ritenere «gravemente sproporzionato e ingiusto, oltre che pericolosissimo precedente l’utilizzo contro di lui dell’arma del 41-bis». Ha poi aggiunto: «Uno stato forte e sicuro dei propri fondamenti civili non ricorre a questi mezzi quando non è necessario e può anzi rivelarsi controproducente oltre che ingiusto. E non è così che battemmo il terrorismo, quello che davvero uccideva e rivendicava».
Le condizioni di Cospito
Nonostante queste manifestazioni di solidarietà, Cospito è ancora sottoposto al carcere duro. Dopo quasi tre mesi dall’inizio del suo sciopero, ha già perso 35 chili ed è fisicamente molto provato. Isolato nella sua cella, rischia di morire ancor prima della sentenza della Cassazione. Ma non ha affatto intenzione di cedere. Lo ha dichiarato lui stesso, dall’aula del tribunale: «Condannato in un limbo senza fine, in attesa della fine dei miei giorni. Non ci sto e non mi arrendo, ma continuerò il mio sciopero della fame per l’abolizione del 41-bis e dell’ergastolo ostativo fino all’ultimo mio respiro per far conoscere al mondo questi due abomini repressivi».